Fatterello da poco, dalla Messa di Domenica scorsa.
Non dirò il soprannome che ho appioppato a questa chiesa moderna, brutta e cubosa, perché spero ancora che non si materializzi, in futuro, il triste destino indicato dal nomignolo.
Calda giornata d’Agosto. Il portone principale è spalancato per far circolare un po’ d’aria e dare sollievo ai fedeli che popolano le panche. Le donne agitano i ventagli con dedizione: i ventilatori infatti sono banditi per via del Covid-19 (che poi non s’è capito, le correnti d’aria sono o non sono untrici esse stesse? Facilitano il contagio se è aria mossa da ventilatore, ma se invece è il vento, il virus non strappa un passaggio?).
Al momento l’opportunità politica non prevede il Green Pass per entrare in chiesa: conserviamo l’illusione che non sia un esercizio commerciale come gli altri.
Comunque.
La Messa sta per giungere al culmine, ma c’è questo tizio che riceve una telefonata.
Esce ma resta sugli scalini di fronte all’entrata. E comincia un dialogo di cui ci tocca ascoltare solo una metà. Che poi non è una semplice conversazione, il disgraziato sta quasi urlando.
Nel frattempo, circondato da un silenzio di circostanza, il prete procede con la consacrazione.
Ecco dunque la scena, parola per parola:
…lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e disse:
“Prendete, e mangiatene tutti:
questo è il mio Corpo
offerto in sacrificio per voi.”Sì, ma ce l’hai o green pass?
…
Ho capito, ce l’hai il green pass?
Ce l’hai il green pass?Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli, e disse: “Prendete, e bevetene tutti…”