E diciamo la nostra sull’ennesima polemica social. Fuori dai social, perché bisogna uscirne, lasciare una memoria il più possibile permanente, avere il controllo delle proprie parole senza censure, anche al costo di essere quasi invisibili. A gioco lungo spero qualcuno di più capirà l’importanza dell’uscire dal recinto.
La pesca della discordia
Il supermercato Esselunga fa uno spot in cui il tema è il desiderio di una figlia che i genitori, separati, tornino assieme. Inutile girarci attorno, il discorso è tutto lì.
Levate di scudi da parte del solito giro dei soliti noti, grandi media in testa: guai! Non si deve parlare male di separazione e divorzio! Non bisogna sottolineare il dolore dei figli, che deve rimanere nascosto!
Come dice il bravissimo Stefano ‘Steve’ Buda:
Lo scandalo è che Emma esiste e che è l’unica che vede la realtà della separazione.I benpensanti progressisti non possono accettare che sia pubblicizzato che la separazione è un male, e non possono accettarlo perché è la verità.E nel loro mondo utopico, basato sulla ideologia, la verità non si può dire!
Giornalismo ed agenzie, lo schifo
A me ha colpito particolarmente il seguente intervento:
Lo importò dal mondo anglosassone Lamberto Sechi per il settimanale Panorama, prima che io nascessi.
Abbiamo visto dove ha portato, questo mettere a fianco, ben divisi (!), l’opinione chiaramente schierata, ed invece la fredda cronaca dei fatti, solo apparentemente neutra, e quindi più insidiosamente portatrice di opinioni né discusse né esplicitate.
Ci si specializza nel nascondere i veri intenti ideologici, piegando il racconto nella direzione giusta senza farlo notare: nella selezione delle storie e del loro risalto, deformando gli eventi, nell’angolazione da adottare…
Ad esempio si può parlare per due giorni di una manifestazione di piazza con una settantina di partecipanti, tenere sotto una cappa di silenzio una serie di proteste che ne coinvolgono molte migliaia… Si può parlare per mesi di un crimine o di una guerra, o accennarvi in un trafiletto nascosto, a seconda di chi è coinvolto e chi si può incolpare…
Si possono dire cose tecnicamente vere che ti mettono fuori strada, abbozzare mezze verità e lasciare il lettore dedurre erroneamente il resto, ma anche inventare di sana pianta se la verifica di cosa sia successo è difficile…
Ingenuamente pensavo oltretutto Adnkronos fosse meno apertamente schierata a sinistra, rispetto ad ANSA.
Ed eccoci qua.
Aggiungo: aspetto al varco Esselunga, probabile che dia un colpo alla botte dopo averlo dato al cerchio: presentando in futuro campagne pubblicitarie basate sulla parola d’ordine “accettazione”. Parola terribile, nella sua ipocrita dolcezza, per rappresentare un rovesciamento tra i concetti di male e di bene.
Esselunga è la creatura di Leonardo Caprotti, imprenditore di altri tempi, tenace e capace; si definiva né di destra né di sinistra, però aveva lottato una vita contro la sinistra, per riuscire ad aprire nuovi punti vendita anche dove le giunte rosse ponevano infiniti paletti, perché così proteggevano il business delle proprie Coop (specie in Emilia Romagna e Toscana, ma anche nella mia Liguria). Ci scrisse anche un libro di una certa fama, Falce e Carrello, con cui smascherava un sistema di regole e prassi che seguiva e segue l’antico principio: per i nemici le leggi si applicano, per gli amici si interpretano.
Mi domando che direbbe Caprotti se fosse ancora vivo. Penso lo spot l’avrebbe approvato, ma altro discorso è adesso superare la prova successiva, in cui tutti ti aspettano al varco per sapere se hai il coraggio di continuare su di una linea che ti aliena dai giri che contano, o se invece inizi a fare spottoni per le famiglie “arcobaleno” e i bimbi trans.
Mi accontenterei di un ritorno a campagne il più possibile neutre.
Per il momento i creativi dell’agenzia pubblicitaria autrice dello spot hanno cominciato a posizionarsi, sostenendo che hanno scelto di raffigurare la famiglia moderna, lontana dal vecchio modello della famiglia Mulino Bianco…