Pseudo-Omelie 23 – La Perla

XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

Come sempre, anche stavolta farò un’eccezione alla regola che mi sono dato, e non mi focalizzerò su di un singolo tema. Spererei di riuscire almeno ad essere breve, ma pure quella sarebbe una (auspicata, improbabile) novità.

 

Ancora sull’essere predestinati

Il primo tema ci viene dalla Seconda Lettura, che in qualche modo costituisce una continuazione del nostro discorso sulla predestinazione affrontato nella puntata precedente.
San Paolo infatti, nella Lettera ai Romani, mette in parallelo questi due piani “impossibili” da conciliare: l’eternità della creazione di Dio che sapeva “già” tutto “subito”, e il nostro divenire.
Quindi ci sono persone che ha “predestinato”?

Ma c’è tutta una cadenza di passaggi successivi, come leggiamo, per questi figli di Dio.

Conosciuti

Predestinati

Chiamati

Giustificati

Glorificati.

 

Ora ci sono due modi tipici di leggere questo brano:

-il cattolico medio dice “sì, vabbé, i soliti discorsi di circostanza. Avrà una sua estetica particolare, immagino.” E gli scivola addosso.
-E poi c’è l’approccio del protestante vecchio stile duro e puro, che (se ne trovi uno) ti può aggredire: “Hai visto che c’è la predestinazione?”

 

In realtà, se ci riportiamo al piano di Dio visto nella sua interezza, nell’eternità, non è molto chiaro perché aggiungere tutta questa serie di passaggi. Lo sviluppo ha senso nella nostra dimensione particolare, secondo un processo, un cammino, un’evoluzione.
Una predestinazione intesa come fatalismo, sei così e basta, by design; come un computer che esegue un programma… non ha bisogno di questa ricchezza di sviluppi.
No, il fatto che ci siano tante tappe è proprio, dico io, il segno della nostra partecipazione. Siamo noi a fare questo percorso, a proseguire secondo i piani che Dio ha creato per noi.
“Predestinati” non vuol dire che, in questo schema, tutto è già deciso e non ci puoi fare niente. Al contrario, significa che ti è stato preparato un posto, ma poi sei chiamato: devi essere tu a rispondere alla chiamata.

Ecco, credo sia estremamente istruttivo: vedere che un brano che poteva essere interpretato come una conferma bovina di un destino segnato, al contrario ci ricorda che, pur nella complessità del pensiero di Dio che vede già tutto, il destino d’amore non ci viene imposto contro la nostra volontà: richiede la nostra partecipazione volontaria.

 

Il secondo argomento concerne il Vangelo, dove troviamo una serie di metafore sul Regno dei Cieli.

 

La perla

Permettetemi però una nota autobiografica: il brano del mercante che trova una perla preziosa e vende tutto quello che ha per comprarla, personalmente lo vedo legato alla mia storia d’amore con mia moglie: conosciuta durante un pellegrinaggio in Terrasanta, ho visto in lei quella perla, e quindi ho venduto tutto, mi sono trasferito, ho cambiato vita per non farmela sfuggire. E per quanto profano possa essere questo paragone, dopotutto il fatto di avere a che fare con una persona speciale è intimamente legato al suo essere una persona buona, e buona perché cristiana.
Scusate ma è fondamentalmente così: non possiamo davvero illuderci di trovare il Regno dei Cieli in una persona di cui ci siamo innamorati, è un pericolo ed un’esagerazione, ne rimarremmo delusi. Eppure, pur con tutti i nostri limiti umani, cercare qualcuno che ha questa stessa idea di bene ci porta nella direzione giusta.

Salomone a Dio ha chiesto una cosa sola: la saggezza. Di questi tempi, la cosa più importante può essere la saggezza di fare famiglia con una persona controcorrente, che nel suo piccolo cerca il Regno Dei Cieli.

 

Guardare verso il Regno

È interessante notare come questo Regno di Dio venga presentato da due angolazioni opposte: dapprima, con la perla rara e con il tesoro trovato in un campo, abbiamo lo sguardo dal basso, di chi spera di riuscire a conquistarlo, è consapevole di quanto grande questo dono sia.

Ma poi il Regno viene presentato come una rete, che raccoglie ogni sorta di pesci; gli angeli poi gettano via i pesci cattivi e conservano i pesci buoni.
Lo sguardo allora è dall’alto, torniamo al tema del Giudizio Universale già discusso la volta scorsa.

 

A questo punto devo vincere la mia tentazione di lanciarmi in disquisizioni e spiegazioni, perché la materia in fondo è semplice, il messaggio diretto. C’è poco da ricamare.
La stupidità umana è anche nel perdere di vista l’essenziale, tergiversando e perdendosi. Rincorrendo traguardi non degni, che non reggono il confronto. O rinunciando a correre. E mi ci metto io per primo.

Mettiamo anche che tu, io, noi, non abbia paura di essere gettato tra le cose da buttare. Che deve essere ben più di parecchio brutto.
Ma ti si presenta la possibilità di unirti al Bene Infinito, e che fai, non ti ci butti? Non rinunci a tutto il resto, per cercare solo quello?

Ecco. Una luce abbacinante.
Eppure eccomi di nuovo a inseguire qualche altra perdita di tempo, a buttare via un’altra giornata.

Girl with a Pearl Earring (ca. 1665) painting in high resolution by Johannes Vermeer. Original from the Mauritshuis Museum.

 

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