La disfatta dei sondaggisti

Trump won, 538 experts lost.

Chi vincerà? Meno del 29% di possibilità per Trump! E questo era uno dei più prudenti!

Questa è la storia di esperti che ti guardano dall’alto in basso. Ancora meglio, è una storia di falsi dati scientifici e inganni. E’ la storia di come hanno cercato di controllare il risultato di un’elezione importantissima. Ma hanno perso lo stesso.

Ho sognato di scrivere questo articolo per mesi. Tutti quegli addetti ai lavori, impegnati giorno dopo giorno a far passare una precisa versione della realtà, dove i poveretti come me che non si rassegnavano al verdetto dei dati erano guardati con commiserazione…

 

Ora mi sfogo un po’. Tanto non se ne avranno a male: sono famosi e influenti, hanno tutte le credenziali a posto. Le critiche di un Signor Nessuno non li scalfiranno.

Vedrete, alla prossima elezione: di nuovo tutti lì incantati davanti ai dati dei sondaggi, a farsi spiegare come andranno per forza le cose.

 

Vedete, un conto è perdere. Ma perdere giocando sporco è tutta un’altra storia. A quel punto gli insulti te li meriti.

Specialmente quando è in gioco la Storia, dell’America e del mondo.

 

Dire “Non ho giocato sporco, ho solo guardato dall’altra parte e fatto finta che non ci fosse niente che non andava” non è una scusa valida.

Vedremo meglio qui di seguito il senso di queste accuse; prima però facciamo un riassunto della situazione. Potete saltare più avanti se preferite. Ma non perdetevi l’ultimo capitolo, “Sondaggi farlocchi“.

 

Breve analisi del voto.

 

Donald Trump è stato eletto Presidente degli Stati Uniti con un risultato finale di 306 a 232. Notevole visto che tutti facevano calcoli sul suo riuscire -magari miracolosamente- ad arrivare a 270 pelo pelo. Ma d’altra parte è stata una vittoria basata su piccoli margini di vantaggio in quei pochi stati-chiave dove si è davvero svolta la campagna elettorale, perché i candidati sapevano che sarebbero stati in bilico.

La Clinton ha ottenuto un  leggero vantaggio nel computo totale dei voti (una frazione dell’1%). Ci sono ragioni importantissime perché questo “voto popolare” non debba contare. Ma anche chi non è d’accordo dovrebbe ammettere che, se fosse solo questo totale a valere, le campagne avrebbero avuto un altro svolgimento e la gente avrebbe votato in maniera differente. Per cui tutti quelli che insistono che la Clinton in un certo senso avrebbe dovuto vincere stanno solo mentendo a sé stessi.

 

Devo dire che mi sono un po’ sbagliato nel mostrarmi così tranquillo sul risultato finale, andando controcorrente, perché i segnali che ho visto erano reali, ma non così forti e netti da dare a Trump una vittoria schiacciante (anche se prossimamente spiegherò qual è il vero motivo per cui mi facevo sicuro della vittoria, e siamo su di un piano completamente differente).

E’ preoccupante vedere così tante persone che si sono fatte manipolare così facilmente, al punto da quasi consegnare gli Stati Uniti nelle mani di Hillary Clinton, senza tenere conto minimamente di chi fosse o di cosa rappresentasse, solo perché i media hanno spinto con forza in quella direzione.

 

Nonostante tutto però il Voto Monstre predetto da The Conservative Treehouse, ovvero una grande sollevazione pro-Trump di persone che normalmente non votano o che non votavano Repubblicano in passato, non si è concretizzato. Non c’è stata nessuna significativa mobilitazione contro l’europeizzazione dell’America. Avevo già criticato quest’idea tempo fa: è vero che c’era un eccezionale livello di entusiasmo e partecipazione ai comizi di Trump e che i risultati delle primarie erano stati da record quanto a numero di votanti. Ma questo livello di supporto da parte della base non si riesce facilmente a espandere fino a coinvolgere un’intera nazione, in particolare quando ci si trova di fronte a un muro di opposizione da parte dei media.
La gente che non segue troppo da vicino la politica semplicemente non poteva correre a sostenere un personaggio che a sentire quel che si diceva in giro sarebbe un mostro. Il Voto Monstre è stato stroncato sul nascere dallo Spauracchio del Mostro.
Ma ricordate: se si dovesse sondare la conoscenza e l’acume politico dell’elettore medio, è proprio questo tipo di coinvolgimento, soprattutto da parte di gente che non segue i media tradizionali, che porrebbe i fan di Trump molto al di sopra dei loro avversari progressisti, nonostante i giornalisti che urlano ai quattro venti che sarebbe vero il contrario.

 

 

Mi aspettavo un risultato migliore; pare invece che Trump abbia ottenuto più o meno i voti di Mitt Romney di quattro anni fa. Però se per esempio consideriamo il Michigan, Trump ha ottenuto un successo straordinario nelle regioni industriali, convincendo gli operai a cambiare sponda, da D a R. Ma ha perso i voti delle contee più ricche. Le élite bianche Repubblicane, i NeverTrumpers come molti si autodefinivano, non lo hanno sostenuto e hanno più o meno cancellato l’effetto dei nuovi voti, di Democratici e Indipendenti che avevano scelto di cambiare.

Trump ha vinto perché invece di continuare a dire, come fanno i politici Repubblicani, “Siamo anche noi per l’immigrazione e il multiculturalismo, ma più timidamente”, ha cercato i voti della gente che lavora.
In ogni caso questa elezione più che vinta da Trump è stata persa dalla Clinton, che sarebbe scesa di più di 5 milioni di voti dal risultato di Obama del 2008. Ma assurdamente i risultati non sono ancora definitivi, perché pare che ci siano ancora tantissime schede da contare.

 

Se volete meglio comprendere che cosa rappresenti questa elezione, osservate il caso di Washington DC. Le persone che mangiano con la politica, i burocrati che vivono nei dintorni della capitale ma già dentro i confini dello stato della Virginia, sono riusciti di fatto a rovesciare il risultato del resto dello Stato e dare una vittoria di misura a Hillary. E questo non ha sorpreso nessuno. Ancora più inevitabile il voto dentro al piccolissimo Distretto della Capitale stesso:

 

  • Clinton 93%
  • Trump 4%

 

Ecco. Talmente ovvio che non viene neanche discusso. Questo è il volere di chi si è arricchito grazie alla generosità dello Stato Centrale. C’è poco da dire: rendiamoci conto che il voto per Trump ha rappresentato un enorme dito medio di una nazione contro i suoi sovrani.

 

Un ultimo aspetto che merita un’attenzione particolare: il Nevada, stato in bilico che alla fine è andato alla Clinton. Qui mi aspettavo che vincesse Trump, ma anche i sondaggisti tendenzialmente (media secondo RealClearPolitics: Trump +0.8%; risultato elezione: Clinton +2.4%).

Sembra che si sia già materializzata, in alcuni Stati del centro-sud come il Nevada stesso, una graduale trasformazione dovuta all’afflusso di nuovi cittadini dal Messico e America Latina: emigrati che naturalmente votano in grande maggioranza per i Democratici, che cambiano il colore di Stati tradizionalmente conservatori.
E questo fenomeno a quanto pare è già più avanti del previsto.

 

Sarebbe anche importante sapere qualcosa riguardo ad “eventuali” brogli elettorali. Questa elezione era talmente sentita che non ci si può aspettare che tutti abbiano rispettato le regole, specialmente considerando che in molti Stati si può votare senza mostrare alcun documento (!) e c’è un grosso incentivo per gli immigrati clandestini a votare contro chi vuole espellerli dal paese, sapendo che non rischiano praticamente nulla votando senza averne il diritto.
Questo sito suggerisce che addirittura 3 milioni di voti siano stati illegalmente espressi da non-cittadini. Prendiamo con beneficio di inventario. Ma ricordiamoci che c’è una possibilità seria che questo tipo di operazioni possa rovesciare il verdetto delle urne in Stati “in bilico”.

L’idea in un certo senso è inquietante: una elezione in cui il tema principale era fermare una invasione pacifica da sud, dove sembra che molti si siano presentati ai seggi implicitamente dicendo: “Siamo già qui, e fermeremo il vostro fermarci!”

 

 

Il potere dei sondaggisti

 

Anche se possono aver sottovalutato l’importanza numerica dei nuovi elettori provenienti dall’America Latina, in sostanza quasi tutti gli istituti demoscopici avevano predetto una vittoria della Clinton fin dall’inizio e per tutto il tempo.

Questa insistenza così costante e quasi unanime, seguita da un’elezione in cui accade l’esatto opposto, dovrebbe già di per sé far suonare qualche campanello d’allarme.
Ci sono stati parecchi alti e bassi nei sondaggi, anche magari un po’ sospetti, ma misteriosamente il risultato era più o meno sempre lo stesso: Hillary doveva vincere.

Non è accettabile, dopo aver insistito per mesi a piantare bene in testa della gente questa previsione, cavarsela a posteriori dicendo che dopotutto il risultato è stato all’interno dei margini di errore rispetto ai sondaggi.

Non vale come scusa: si parlerebbe di errori statistici. Ma le fluttuazioni casuali non puntano sempre solo in un’unica direzione.

 

Deve esserci stato qualche errore sistematico, più o meno intenzionale.

Considerate il caso del Brexit: anche in quel caso i sondaggisti fallirono, insistendo fino alla fine che le cose sarebbero finite in un certo modo, e invece gli elettori non si fecero condizionare.

 

Che cos’hanno in comune questi due esempi? Un panorama dell’informazione praticamente a senso unico, dove si insisteva che c’era una sola risposta corretta. La sopravvivenza della civiltà stessa sarebbe dipesa dal far sì che la maggioranza seguisse le indicazioni dei giornalisti e degli intellettuali, in nome del progresso.
Il messaggio era netto: salta anche tu sul carro, tanto quasi tutti sono già dalla nostra parte, tranne pochi stupidi bifolchi che facendo resistenza rovinano il paesaggio.
I nemici della scelta giusta (Hillary o rimanere nell’Unione Europea) erano e sono il bersaglio di insulti e critiche. Scenari da Apocalisse si aprivano in caso di vittoria dei Razzisti Trogloditi.

 

 

Potrebbe forse essere una coincidenza, questo convergere tra la propaganda mediatica e le proiezioni dei sondaggi?
Ci sono solo due spiegazioni possibili:

  1. Qualche sondaggista che ci marcia e falsifica i dati.
  2. Quel che è stato definito “shy vote”, ovvero il “voto di chi si vergogna”: persone che preferiscono non svelare la loro intenzione di voto perché trattata come socialmente inaccettabile. Come succedeva anche con gli elettori della Democrazia Cristiana verso il termine della cosiddetta Prima Repubblica.

Qualunque altra spiegazione non renderebbe conto di questo allineamento sospetto tra media e sondaggi.

 

Il caso 1 è una materia da maneggiare coi guanti, non possiamo accusare frettolosamente un sondaggista di -in sostanza- cospirare contro il proprio paese.
Ma a sua volta il caso 2 non può essere trattato con sufficienza dicendo che il problema non sarebbe colpa di chi i sondaggi li fa. Questo tipo di distorsione, essendo creato dai media che fanno il bello e il cattivo tempo, dovrebbe spingere i sondaggisti ad ammettere l’intrinseca mancanza di attendibilità dei loro sondaggi.

Perché certamente il succo di un’elezione sta tutto nel convincere quei pochi elettori, magari che vivono in quei tre o quattro stati in bilico, che potrebbero cambiare preferenza, a farlo. Quindi lo spostamento dell’1% da una parte all’altra può fare la differenza tra una grande vittoria meritata e una sonora sconfitta. Ma allora non puoi dire che hai mancato la predizione di poco, se sei tra quelli che hanno dato una pezza d’appoggio a chi diceva che Trump non avrebbe mai avuto una chance di vittoria.

 

Affrontate la realtà una buona volta: i sondaggi si sono dimostrati inutili per tentare di prevedere come sarebbe andata.

Ma c’è una domanda molto scomoda invece che dobbiamo porci. Quanto sono stati efficaci nell’influenzare il voto?

La gente può essere indotta a lasciar perdere e non votare se “sa” che non ha probabilità di vittoria, mentre altri seguono il branco e si adeguano, acclamando in questo caso la Clinton come inevitabile nuova sovrana, meglio essere tra i buoni e non finire nel cestino dei puzzoni perdenti.
Guarda caso non sembra che siano in molti ad interessarsi a questa questione del condizionamento attraverso notizie tendenziose. Ed è vero che è difficile concepire un modello o un metodo di misura per un effetto del genere. Ma dovrete ammettere che è molto conveniente per gli esperti che lavorano sulla pubblica opinione evitare di fare luce proprio su questo particolare critico. Perché riguarda la loro reale utilità, almeno per certi circoli di potere.

Ecco un articolo che vale la pena di leggere: Come i sondaggi manipolano gli elettori, indipendentemente dai risultati. Non stiamo parlando solo di Trump o Brexit; è un problema mondiale.

Vi ricordate un’occasione in cui i grandi media abbiano riportato la notizia di un sondaggio su temi sociali dove fosse in vantaggio l’opinione dei conservatori?

 

In quell’articolo trovate molti altri esempi: una proposta per introdurre il matrimonio gay o gli uomini nei bagni delle donne sonoramente sconfitte alle urne, nonostante i sondaggi che prima del voto davano una opinione pubblica schierata in maniera diametralmente opposta!

Non si tratta di coincidenze.

Questi giocano sull’effetto branco per indebolire quello che inizialmente era il volere popolare.

E funziona. Considerate che, mentre hanno eletto Trump, la gente è stata chiamata a votare in parecchi Stati in referendum autodistruttivi sulla legalizzazione della marijuana (magari colla scusa temporanea di riservarla all’uso medico) o sull’eutanasia. Alcuni hanno vinto, altri no; risultati al limite, molto vicini al 50%. La gente può cercare di opporsi al fuoco di sbarramento di anni di messaggi univoci provenienti dai media, ma solo fino ad un certo punto. Poi gradualmente, in ordine sparso, cede.

E’ vero, non sono i sondaggisti a cambiare le opinioni della maggioranza sulla marijuana. Funziona, soprattutto sui giovani, la pressione sociale dei coetanei, il gruppo; in generale il modo in cui si è evoluta la cultura. Ma questi aspetti sono influenzati soprattutto dai progressisti che infestano i mezzi di comunicazione e le università. A quel punto i sondaggi, più o meno sedicenti scientifici, più che misurare una variabile indipendente servono da facciata per coprire questa spinta verso l’omologazione; una visione che ti viene venduta come la nuova normalità.

Gli esperti, come i sondaggisti, non sono i protagonisti; ma sono utili ai media come dei coadiuvanti, per rafforzare l’effetto della pillola che dovete inghiottire.

E’ come aggiungere sale ad una torta dolce, o glutammato a un piatto salato: l’effetto della combinazione dei due sapori è più forte della somma dei singoli presi da soli.

 

Come truccare un sondaggio

 

Per alterare un sondaggio si potrebbe operare in vari modi.

Ad esempio scegliendo le contee in cui concentrare le telefonate, sulla base delle tendenze politiche prevalenti in alcune zone più di altre, mantenendo la parvenza di una equa distribuzione demografica.
Si potrebbe allargare il campione di un sondaggio che era risultato insoddisfacente, magari cambiando qualche parametro.
Si può più o meno intenzionalmente truccare l’operazione fondamentale dell’applicare un peso correttivo ai risultati grezzi. Operazione che serve per rendere il campione rappresentativo dell’elettorato ad esempio in termini di età, razza e condizione sociale, oltre che prevedere chi effettivamente andrà a votare; ma è arte fina e facilmente manipolabile.
Si potrebbe anche fare in modo di rendere tendenziose le domande dei questionari somministrati, in modo da influenzare la risposta o al contrario far arrabbiare il rispondente, tanto da spingerlo a riattaccare ed auto-selezionarsi fuori dal campione.

La maggior parte di queste tattiche possono tranquillamente essere adottate da un sondaggista benintenzionato ma che sta cercando di non produrre dei risultati anomali; può sentire la pressione ad applicare degli aggiustamenti dei dati per rimanere nella normalità di un panorama abbastanza omogeneo. Non è necessario presumere sempre intenzioni disoneste.

 

Facciamo un gioco. Creiamo un modello ipersemplificato e, per amor di discorso, assumiamo che attraverso il sovrarappresentare la popolarità di un candidato del 5%, si possa arrivare alla fine ad ottenere un aumento del 3% degli elettori che effettivamente lo votano. È fattibilissimo per un sondaggista insistere a proporre cifre che sa essere alterate verso l’alto per tutta la durata della campagna elettorale, ma verso il giorno dell’elezione cominciare a riallineare gradualmente i dati proposti al pubblico con il risultato previsto, scendendo in questo caso diciamo del 2%. Dato che nel frattempo sono probabili alcune fluttuazioni casuali e ci sono alti e bassi derivati dal ciclo delle notizie elettorali, questa manovra può facilmente passare inosservata; al più si potrebbe dire che uno dei candidati avuto un leggero rialzo. In questo modo si otterrebbe il massimo del condizionamento attraverso una pressione costante, ma nel giudicare a posteriori la performance dell’istituto demoscopico si misurerebbe solo la predizione fatta all’ultimo giorno utile: un bravo sondaggista in questo modo, attraverso questo riallineamento finale, potrà sembrare molto bravo e preciso nelle sue previsioni.

 

Ribadisco: il “voto timido” di chi non osa rivelare la sua opinione potrebbe spiegare la maggior parte della discrepanza che abbiamo osservato. Ma potrebbe essere stato sfruttato intenzionalmente per dipingere un quadro non realistico. Ci torneremo su.

 

Me la piglio col re degli esperti di sondaggi: Fivethirtyeight

 

C’è un sito internet in particolare che voglio discutere e un po’ maltrattare: Fivethirtyeight con il suo creatore Nate Silver.

È una moda in fatto di elezioni: siti che aggregano i dati dai vari sondaggi per ottenere una stima delle probabilità di vittoria dei candidati, oltre magari ad un’analisi dei vari punti di forza e debolezze dei contendenti.
È seducente l’idea di poter ottenere in quattro e quattr’otto una previsione del futuro. Andate su Fivethirtyeight e otterrete tutte le risposte, senza neanche dovervi sporcare le mani coi fondi di caffè o le interiora di qualche bestia.
Tutto scientifico, asettico, accurato. E Nate Silver può vantare di aver predetto correttamente il risultato in passato!

Oppure potete scegliere il sito RealClearPolitics. E ce ne sono altri.
Come si potrebbe mettere in discussione il Giudizio degli Esperti?

 

Il problema è che sono tutti pendenti da una parte politicamente. Indovinate un po’ quale possa essere la loro parte politica.

 

Bravi, avete indovinato. La loro partigianeria è così evidente agli occhi di un estraneo, ma evidentemente non a loro, che finiscono per fare la figura degli sciocchi, insistendo su risultati che poi non si verificano.
Considerate l’esempio che segue: qui Silver aveva deciso di mettere la matematica contro la pretesa della squadra di Trump di riuscire a ottenere la nomination come candidato Repubblicano entro la metà di maggio.

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Silver dice su Twitter che si tratta di una illusione: da un punto di vista matematico è un’idea che non può funzionare.

E indovinate un po’? Trump riesce poi ad ottenere la nomination prima del previsto: la “matematica” risulta sconfitta!

Infortuni di questo genere avrebbero dovuto suggerire a Silver un po’ più di cautela per il futuro.

La loro previsione riguardo alla vittoria di Trump nell’elezione è rimasta tutto il tempo essenzialmente tra poco probabile e decisamente improbabile. Ma circondata da un numero sufficiente di avvertenze e cautele tale che non potresti nemmeno rinfacciargli a posteriori di aver sbagliato.

 

Quel che mi manda in bestia di questo simpatico testa d’uovo è che appare davvero sincero. 100% onesto, ma 100% di parte.

Né il sostenitore acceso che va sempre all’attacco del nemico, né il tipo viscido che fa in modo di ingannarti facendo finta di niente.

 

E’ competente e usa metodi rigorosi, è chiaro che ci tiene a essere riconosciuto come un osservatore obiettivo. Il tipo che sta sempre dalla parte giusta, ma si può rimirare allo specchio compiaciuto, sapendo che la sua correttezza gli permette di trattare con equanimità persino quelli che stanno dal lato sbagliato della Storia.

Non si limita a mettere assieme i dati dei sondaggi; Silver dà anche i voti ai sondaggisti in base alla loro attendibilità. Soprattutto, lui e il suo team producono molti articoli di analisi e commenti che entrano nel merito delle questioni politiche mentre parlano di statistica.

 

Nel pezzo scritto subito dopo l’elezione, sostiene che non è possibile dare la colpa dell’errore ai sondaggisti, dato che un semplice spostamento dell’1% dell’elettorato produce un cambiamento spettacolare del risultato… E un simile vantaggio negli Stati chiave è ben al di sotto della soglia di errore statistico. In altre parole, non potevate certo pretendere che vi predicessimo chi avrebbe vinto!

Ma allora che ci state a fare? Perché avete assunto il ruolo di prevedere ciò che non potete prevedere? Perché dare una parvenza di credibilità ad una congettura basata su sondaggi forse non obiettivi e comunque mancanti della necessaria granularità?

Perché assumere il ruolo della mazza ferrata con cui l’intero circo mediatico ha potuto mazzolare e zittire tutti gli ignorantoni che non volevano arrendersi all’evidenza, ovvero che ben pochi avrebbero sostenuto davvero Trump, quindi non avrebbe avuto realisticamente possibilità di vincere?

 

Coerenza fino al ridicolo.

 

Semplice: perché è immerso nella stessa cultura, viene dello stesso mondo a parte costituito oggi dalle università americane, dove molti studenti erano così scioccati dalla vittoria di Trump che gli hanno permesso di rimandare gli esami per avere tempo per piangere ed elaborare il lutto… Una bolla chiusa in sé stessa.

Per questo non ci si può sorprendere che nello stesso articolo che ho appena citato, in mezzo ad osservazioni peraltro ragionevoli riguardo alla statistica ed alla demografia, Silver è stato capace di infilare questa perla, così, d’amblé:

 

L’America non ha ancora scacciato i suoi demoni, inclusi il razzismo, l’antisemitismo e la misoginia. I bianchi costituiscono ancora la grande maggioranza dell’elettorato

 

Capite cosa arriva a dire? I bianchi sono stati determinanti e hanno votato sbagliato. Questo gli fa immediatamente scattare un riflesso condizionato: pensa subito al razzismo e alla misoginia (nonostante Obama, eletto da un’America leggermente più bianca di oggi, dimostri facilmente che è Silver stesso a sbagliare).

Ci rifilano queste sbobbe immangiabili, questi pastoni di pregiudizi contro i pregiudizi, ad ogni piè sospinto.

E va bene che lo facciano gli attivisti e i tromboni. Ma mi manda sui nervi che lo faccia anche il giovane nerd occhialuto, sincero e prudente, l’esperto di statistica. E’ troppo.

E’ come quando prima, chessò, di un Juventus-Genoa, mi tocca sorbirmi il classico commentatore televisivo che fa l’obiettivo, ma si capisce benissimo che gli interessa solo la Juve anche quando prova a dire qualcosa pure della tua squadra. Ti aspetti da un momento all’altro che gli scappi di definire il Genoa “la squadra avversaria”.

A proposito di sport, visto che FiveThirtyEight si occupa pure di statistiche sportive:

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I Chicago Cubs hanno una probabilità di vittoria inferiore a quella di Trump

 

E guarda un po’, i Chicago Cubs hanno proprio ottenuto l’agognata vittoria, dopo più di un secolo. Questo tra l’altro mi dà qualche speranza irrazionale pure sul Genoa…

Comunque il punto è che la gente ischerzava Nate su Twitter: le loro previsioni migliori ultimamente sono quelle fatte per scherzo.

 

Ma il problema non è solo questo sito o questo esperto.

Il Professor Wang della Princeton University aveva predetto un trionfo della Clinton, con Trump molto probabilmente sotto quota 240 (è arrivato invece a 306, 270 era la quota per vincere). Wang aveva descrittto la sfida elettorale coem “la più stabile dal punto di vista statistico dai tempi di Eisenhower che sconfisse Stevenson nel ’52.” Aveva promesso che se il suo modello matematico avesse fallito, si sarebbe mangiato un insetto. Alla fine se ne è andato in TV, alla CNN, a farlo per il sollazzo degli spettatori.

Ma gli esempi sono innumerevoli, non parliamo poi degli sfondoni di giornalisti e commentatori! A casa nostra segnalo a mo’ di esempio, tra quelli che andavano a rimorchio, l’insipienza di Gad Lerner e dei suoi: un articolo intitolato 10 motivi per dormire ragionevolmente tranquilli e svegliarsi senza Trump può meritare la citazione…

 

Ma torniamo ai veri esperti. Prendete questo tizio di Real Clear Politics, guardate com’era spavaldo su Twitter, grazie alla loro proiezione, sempre coerente nel tempo, che dava la Clinton vincente:

 

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“Questa sarà una notte (elettorale) breve” (come dire: la Clinton sarà chiaramente vincitrice fin da subito). Poi costretto a dire: “Sono stato completamente, assolutamente in torto a chiamare quella vittoria. Sbagliato, sbagliato. Non avrei potuto sbagliare di più.”

Qui non è questione di strategie per convincere. Questi dicono cose scriteriate e controproducenti perché, anche se “esperti”, credono ciecamente alla loro versione semplicistica, cadendo nel ridicolo.

 

Il potere di influenzare

 

A cosa servono questi siti aggregatori? Prendiamo l’ultima previsione di FiveThirtyEight, che trovate anche nell’immagine di apertura.

Invece di un vantaggio della Clinton non certo strabiliante, 48.5% contro il 44.9% per Trump, macinando un po’ di numeri si può dichiarare che tali percentuali si traducono in una probabilità di vittoria per la Clinton  del 71.4%!

Fa ben altro effetto!

Questo tipo di dato è molto più instabile ed imprevedibile del dato sottostante, un po’ come succede in Borsa, dove i Futures e gli altri prodotti derivati sono giustamente considerati molto più rischiosi ed inaffidabili.

Pensa la stranezza. Un prodotto derivato, se si tratta di soldi, è considerato pericoloso e simile al gioco d’azzardo. Eppure un oggetto analogo diventa un indicatore particolarmente affidabile di quel che succederà, nell’immaginario di chi segue i sondaggi. Ovviamente nessuna perplessità sul ruolo dei controllori di questa informazione…

 

  • False certezze. La gente comune non ha una cultura matematica decente. Questi messaggi apparentemente chiari (una vittoria quasi 3 volte su 4, in questo esempio) convincono, tanto ai dettagli tecnici ci hanno pensato gli esperti.
  • Esperti a loro volta al riparo da critiche. Nate Silver può vantare di averci azzeccato nel 2012, quando molti tra i  Conservatori insistevano che i sondaggi sembravano sbilanciati per favorire i Democratici, e pensavano che Romney potesse farcela. Ma poi alla fine aveva ragione Silver. Da un lato c’è lo specialista che usa la matematica e ha sempre ragione, dall’altra le obiezioni di quelli che non ce vonno sta’ e fanno solo figuracce. E’ un bel messaggio, forte, per zittire chi prova a criticare.
  • Manipolazione dinamica in base alle notizie del momento. Non è solo la dimensione del vantaggio a convincere le persone. Dei grossi cambiamenti inviano un segnale ben chiaro al pubblico. Poniamo che qualcuno di importante abbia deciso di dare una bella spinta nella direzione giusta, approfittando di qualche notizia succosa, tipo uno scandalo o una presunta buona performance in un dibattito. Il messaggio da far passare è semplice: “Ma guarda, ripensaci! La gente si sta convincendo a cambiare idea e sostenere la Clinton! E tu?” Qualche sondaggio ben calibrato può dare una copertura a questa tesi, amplificando lo spostamento. In fondo, se lo dicono tutti… Ebbene, un aggregatore di sondaggi può aumentare ancora di più l’effetto! C’è l’esempio di quello che è accaduto quando a distanza di pochi giorni si è conclusa la Convention Repubblicana e subito dopo quella dei Democratici (figura 4 qui sotto). Il 30 luglio le possibilità di vittoria per Trump secondo FiveThirtyEight erano al 49%, dopo una lunga salita; otto giorni dopo si sarebbero schiantate al 12.4%. E cos’era mai successo? Niente. Semplicemente due grandi raduni dei partiti, con i classici discorsi che si fanno in queste occasioni. Posso capire che i militanti si sentano galvanizzati da eventi di questo tipo. Ma rappresentano il classico elettore fedele che aveva già deciso ben prima per chi votare. Ammettiamo che ci sia pure stato un minimo di cambiamento. Ma non può essere una trasformazione del genere! Ovviamente Nate Silver potrebbe ribattere che aveva anche messo le mani avanti riguardo al fatto che questi mutamenti dovuti alle convention sono solo temporanei, e che poi altre notizie possono aver consolidato il mutamento. Ma questa prudenza del tipo “leggere le righe scritte in piccolo” combinata con l’impatto visivo dei suoi grafici, riesce a essere contemporaneamente al riparo da critiche sul piano tecnico ed efficace nel rafforzare la percezione desiderata nel pubblico. Notate anche che mentre negli ultimi giorni i sondaggi si riallineavano a un dato più realistico, si è avuto un ultimo picco a favore di Hillary, opportuno per mandare il messaggio che aveva ancora lo slancio dalla sua parte (e c’è sempre modo di giustificare con qualche notizia dell’ultimo momento questo sbalzo).
  • Potere ai furbastri. Normalmente si potrebbe scegliere un sondaggio da una fonte credibile, discuterlo e fermarsi lì. Ma grazie agli aggregatori, il risultato combinato di tutti i sondaggi effettuati diventa una tentazione irresistibile: oltre a creare un effetto branco e scoraggiare quelli che danno un risultato non allineato, queste medie (e ancor di più la “probabilità di vittoria” derivata) tendono a diventare l’unico dato che conta. In questo modo diventa impossibile escludere i sondaggi meno affidabili, per esempio commissionati da qualcuno vicino ad un partito per influenzare. A questo punto, specialmente a livello statale dove ci sono meno dati, un singolo sondaggio non veritiero può spostare completamente la previsione. Aggregando i dati si massimizza il potere dei sondaggisti meno professionali. È un incentivo a truccare i dati! Per esempio era risultato estremamente sospetto un nuovo sondaggio che è apparso molto vicino al giorno dell’elezione, che all’improvviso, in un momento di difficoltà per la Clinton, le assegnava un vantaggio senza precedenti del 12%.
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Figura 4 – Evoluzione nel tempo dell’indicatore di FiveThirtyEight “Probabilità di vittoria”. Notate la linea blu sempre sopra, pur con sbalzi notevoli.

Penso sia chiaro: basarsi su queste estrapolazioni spinte, da sondaggi a loro volta dubbi, che immancabilmente giocano a confermare la versione preferita dai media,  non è serio.

 

Questa pretesa di parlare in nome della “matematica” è anche, in ultima analisi, dannosa all’immagine della scienza stessa. 

Abbiamo già abbastanza guai con la diffusione di luoghi comuni antiscientifici, senza aggiungere legna al fuoco del pregiudizio grazie a degli abusi del ruolo di Esperti Sommi Sacerdoti della Conoscenza.

 

Ma che possiamo dire dei sondaggi in particolare? In chiusura, vediamo qualche esempio inquietante.

 

Sondaggi farlocchi.

 

Reperto 1: il Caso delle Primarie del Michigan.

L’8 Marzo, Bernie Sanders aveva superato Hillary Clinton nelle Primarie Democratiche del Michigan, con un margine risicato dell’1.5%.

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Come si vede dall’immagine, i sondaggisti avevano previsto in media una vittoria della Clinton di più del 21%! Alla faccia della mira! Hanno mancato il bersaglio di un chilometro!

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Ma c’è di più.. Qui sotto ritrovate una email da Wikileaks, da John Podesta, che ha diretto la campagna elettorale di Hillary Clinton. Notare: nessuno ha ancora messo in discussione l’autenticità delle email trapelate attraverso Wikileaks.

 

 

 

 

 

Il giorno stesso del voto, Podesta scrive:

 

“Auguraci buona fortuna in Michigan. Sfida più serrata di quel che indicano i sondaggi pubblici.”

 

Scegliete voi a cosa credere. Non voglio che mi facciano causa.

A. John Podesta era pessimista all’estremo, ignorando i sondaggi condotti con tutti i crismi; aveva un sentore, o forse si basava su testimonianze aneddotiche prive di valore. Si faceva sicuro. Epperò poi gli esperti combinazione hanno fatto un errore di proporzioni storiche, lui invece, nell’ignoranza, ci ha preso.

Oppure

B. Podesta sapeva che i sondaggi pubblici erano divulgati per influenzare il pubblico, ma invece i sondaggi interni, non fatti trapelare, avevano rivelato una storia ben differente…

 

Si potrebbe dire che c’è mancato poco che quei sondaggi non riuscissero a rovesciare il risultato (di quanto lo avranno spostato, convincendo i sostenitori di Sanders che era inutile andare a votare?)

Sembrerà un episodio insignificante in sè, ma è un indizio pesantissimo di come le cose vadano diversamente da come le immaginiamo, dietro le quinte.

(Corsi e ricorsi: il Michigan è stato uno dei 3 stati chiave conquistati un po’ a sorpresa da Trump. Ha vinto convincendo gli operai. Ha preso voti determinanti dagli sconfitti che sostenevano Sanders.)

 

Reperto 2: l’Arizona e il sondaggio che scaccia gli elettori sbagliati.

Trump alla fine ha vinto in Arizona con un margine del 5%.

Da questo articolo leggiamo di un sondaggio del 19 Ottobre in Arizona, da parte del Morrison Institute per il quotidiano Arizona Republic. Secondo tale sondaggio la Clinton era balzata al comando con un vantaggio del 5% a suo favore. Risultato molto significativo, se vero, perché avrebbe indicato una notevole debolezza di Trump, neanche capace di resistere in uno stato tradizionalmente appannaggio dei Repubblicani. Ma, come ora sappiamo, non era vero affatto!

Come hanno potuto ottenere una cifra del genere? Facile. Il campione di quelli che hanno completato il questionario telefonico conteneva 413 persone che si dichiaravano Democratici e solo 168 Repubblicani. Così:

58% D

24% R

19% I (Indipendenti)

In uno stato dove il tetto storico, molto costante, per i candidati presidenti Democratici è intorno al 44%, inclusi i voti raggranellati provenienti da elettori Indipendenti…

Come spiegare uno sbilanciamento tanto ridicolo? Beh, magari un buon numero di interpellati si sono esclusi da soli dal campione perché ostili ai sondaggi in generale. Ed è ben possibile stimolare una loro reazione negativa, se si vuole, così alterando il risultato. Può bastare qualche parola.

Ma ammettiamo pure che al Morrison Institute fossero tutte anime candide, vittime innocenti di un problema serio nel modo in cui il pubblico non risponde bene ai sondaggi.
Avrebbero dovuto ammettere il problema e rifiutarsi di pubblicare un risultato talmente falsato! Ignorare questa polarizzazione e lanciare il sondaggio sui media come fosse rappresentativo significa di fatto partecipare ad un inganno. A meno di non essere assurdamente incompetenti.

 

Reperto 3: il Sondaggista della Clinton e le Domande Esasperanti.

Mi baso anche questa volta su di un articolo di Sundance della Conservative Treehouse. Ci aggiungo del mio.

Scenario: c’è una registrazione del 2005 dove Donald Trump si lascia andare dicendo cose lascive; parla delle donne facili che lo circondano, vantandosi del suo cogliere le opportunità (baciandole) senza neanche aspettare; ovviamente non sa di essere registrato. Probabilmente ne avrete sentito parlare.

Qualche nemico di Trump (chi?) si è tenuto questo materiale scottante per anni, e poi ha aspettato il momento ideale per rilasciare il nastro ai media: l’occasione in cui ha potuto causare il maggior danno possibile. Il 7 Ottobre, a quasi 1 mese dall’elezione, quando ormai non c’era margine di manovra per i Repubblicani per contenere il danno (tanto meno sostituire in corsa il candidato), tutte le TV e i siti di news improvvisamente non facevano che parlare di questa registrazione compromettente di Trump da Access Hollywood.

Nei giorni 8 e 9 Ottobre, appena ad un giorno dallo scandalo a sorpresa, l’istituto demoscopico Hart Research ha svolto un sondaggio per conto della NBC, secondo il quale la Clinton si ritrovava salita in alto con un massiccio +11% rispetto a Trump. Con tutto il clamore circostante, molti hanno cominciato a pensare che per Donald il magnate fosse finita.

Nonostante la registrazione pecoreccia di Trump fosse appena saltata fuori, il sondaggio conteneva ben 4 domande dettagliate al riguardo, come risulta da questa immagine:

Hart Poll 8 October, 4 anti-Trump questions on the Access Hollywood Tape

Eccole. Non riporto per brevità le risposte “non so” e le varie opzioni su quanto fortemente il rispondente sia in accordo/disaccordo con la frase proposta.

 

Cambiando discorso, nei giorni scorsi è stata divulgata una video registrazione di Donald Trump che parla di donne in termini crudi e volgari…
Q11: Da quello che sa, crede che questo squalifichi Trump dall’essere preso in considerazione come candidato alla Presidenza, e che dovrebbe ritirarsi dalla competizione a causa di quello che ha detto nella registrazione o no?

Q12: Per quel che ha sentito, letto o visto, quello che Trump ha detto nella registrazione sarebbe…

-Inopportuno, ma il genere di discorso che gli uomini fanno tra di loro.

-Assolutamente inaccettabile perché oltrepassa il limite, descrivendo il baciare e palpare le donne senza il loro consenso.

-Non ne so abbastanza per avere un’opinione.

Q13: Lei è d’accordo con la seguente affermazione: “Questo nastro risale a dieci anni fa, molto prima che Trump si candidasse alla Presidenza, si è scusato per le parole contenute, non deve costituire un tema di questa campagna”?

Q14: Cosa pensa che dovrebbero fare i candidati Repubblicani al Congresso (=Parlamento)?

-Continuare a sostenere Trump.

-Dichiarare che non lo appoggiano più come candidato del partito.

-Richiedere che Trump ritiri la sua candidatura.

 

La cosa interessante è che nell’intero sondaggio non si trovano altre domande, a parte quelle 4, che non siano la rilevazione dell’orientamento politico personale/intenzione di voto, oppure domande di routine necessarie a fini statistici.

Quelle 4 sono le sole domande che sondino le opinioni dei rispondenti su di un contenuto specifico. Nessuna domanda su altri scandali, o temi caldi della politica. Concentratevi sul nastro!

La 12 e la 13 sono due modi di chiedere alla gente di giudicare Trump. La 11 e la 14 sarebbero impensabili da proporre al di fuori della tempesta in un bicchiere scatenata sui media in quei due giorni: suggeriscono l’impossibile, ovvero richiedere ai Repubblicani di dichiararsi sconfitti ed alzare bandiera bianca. Chi potrebbe infatti prendere sul serio l’idea di un candidato che si ritira un mese prima dell’elezione, consegnando il paese al partito avversario? In effetti solo uno sforzo di breve termine mirato a confondere le idee può cercare di instillare quest’idea nel pubblico.
Potreste ribattere che dopotutto quella registrazione era la grande notizia del momento, quindi meritava un’attenzione particolare, e che magari il modo in cui questo istituto di sondaggi è immediatamente scattato all’azione non rappresenta un segno di coordinazione con quelli che hanno fatto trapelare il contenuto del nastro.

Ma chi volesse realmente sondare l’opinione pubblica lo dovrebbe fare quando una notizia è stata già metabolizzata, dopo qualche giorno. In questo caso invece quasi uno su cinque ha risposto che non ne sapeva ancora abbastanza.
Correre a raccogliere la reazione della gente è un modo di cercare di intensificare l’effetto di questa notizia succosa. Quel questionario in effetti stava riportando per la prima volta la notizia a una grossa porzione delle persone interpellate, guidandoli, in questo modo, a vedere la questione secondo uno schema interpretativo desiderato.

 

Ma un momento: e se queste quattro domande, che rigiravano il dito nella piaga su di un problema grosso, improvviso e penoso per i Repubblicani, fossero state poste all’inizio del sondaggio, in questo modo influenzando tutte le altre risposte? Il fatto che siano numerate da 11 a 14 non garantisce che non siano state poste prima.
Ad ogni modo è comunque ragionevole aspettarsi che alcuni dei rispondenti si siano arrabbiati e abbiano riattaccato il telefono. Anche in questo caso si tratta di autoescludersi dal campione, il che favorisce l’alterazione del risultato nella direzione voluta.
A questo punto potete davvero dirvi sorpresi se il vantaggio della Clinton dell’11%, così ottenuto e tanto pubblicizzato, sappiamo ora che ragionevolmente non corrispondeva alla realtà dell’opinione pubblica?

 

Come risulta dal link ad inizio capitolo, Geoff Garin, il Presidente dell’Istituto che ha effettuato il sondaggio, ha l’incarico di consulente strategico per Priorities USA, un SuperPAC  (comitato politico operativo) la cui missione era far eleggere Hillary Clinton. Lo stesso Priorities USA finanzia direttamente l’istituto demoscopico. Ah! Ma guarda!

Ecco. Centinaia di titoli giornalistici su Trump ormai mezzo spacciato, su tutte le testate più prestigiose, si sono appoggiati su di un sondaggio commissionato da chi ha investito milioni su milioni per far vincere la Clinton; sondaggio che sembra fatto apposta per ottenere un risultato sbilanciato.

Hart Research ha ancora oggi una valutazione B+ sul sito FiveThirtyEight: cioè viene considerato un istituto parecchio affidabile, pur senza essere proprio al top.

 

Conclusione

 

  • Credo sia ormai chiaro che tendenzialmente i sondaggi non rispecchiano affatto quello che pensa la maggioranza; sempre più persone sfuggono al campionamento dei sondaggi oppure non vogliono rispondere, perlomeno in maniera sincera, vuoi in nome di un disprezzo/ostilità, vuoi per paura di essere giudicati male.
  • Contemporaneamente si riscontra una naturale tendenza di elezioni e referendum a giocarsi su margini ridottissimi, rendendo il tentativo di prevedere il risultato una pretesa velleitaria.
  • Molti sondaggisti non sono affidabili, mostrano infatti un comportamento che va dal seguire il branco distorcendo i dati, al manipolarli con correzioni ingannevoli ed eticamente scorrette.
  • Tendenzialmente i sondaggisti vengono finanziati da, o condividono l’ideologia di, potenze mediatiche che spingono con forza una loro versione della realtà. Non ci siamo!
  • Possiamo affermare con tranquillità che i sondaggi tendenziosi influenzano gli elettori, anche se non si saprebbe come quantificare l’effetto e se ne parla il meno possibile.
  • I siti che aggregano e rielaborano i dati dei sondaggi conferiscono un’aura di credibilità immeritata a dati per niente sicuri. Come si dice: “Garbage in, garbage out”, ovvero “Se il tuo punto di partenza è spazzatura, non puoi che ottenere spazzatura, per quanto raffinato sia il trattamento”. In questo modo soprattutto si premiano i peggiori, che possono riuscire, da soli, a spostare come vogliono la proiezione.
  • Le rielaborazioni che pretendono di comunicarci le effettive “probabilità di vittoria” nella loro apparente immediatezza amplificano ulteriormente errori o manipolazioni; paradossalmente sembrano più credibili mentre creano false certezze. Un analista come Nate Silver, con la sua capacità di influenzare e la sua reputazione, può tranquillamente affermare che il suo insistere a stimare le chances di Trump a meno di 1 su 6 nei giorni decisivi della battaglia elettorale non può essere criticato come tendenzioso e utile a fare il gioco della parte politica in cui lui stesso si identifica; che beh, certamente il risultato finale era molto incerto, dopotutto; che è stato più prudente di molti altri esperti che quotavano Trump anche molto più in basso, e in fondo la sua ultima valutazione del 28.6% non è così male. Insomma, può darsi da solo le pacche sulle spalle, mentre si trova in cima ad una catena alimentare di sondaggi che si sono dimostrati ingannevoli; così ingannevoli che una vittoria che era probabilmente l’evento atteso, decisamente più probabile da mesi, è stata accolta da gran parte del pubblico come scioccante, incredibile, spaventosa e sconvolgente.

 

Non se ne può più. Questa ennesima disfatta dei sondaggisti deve suonare a tutti la sveglia.

Puff! Non cambierà niente, come sempre.

 

 

 

 

 

 

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