Non fate come ho fatto io.

Dice thrown over a stairwell

Non fatevi giocare.

Vantarsi di una scommessa su Trump: un cattivo esempio

 

Come forse saprete, nel 2015 ho scommesso su Trump.

E un po’ mi dispiace dirlo al mondo. Certo, mi serve per bullarmi del fatto che ho capito il fenomeno Trump ben prima della grande maggioranza degli osservatori.

Ma sto anche lanciando un segnale sbagliato a favore dello scommettere: piazzare dei soldi su di un evento, poi sognare la sensazione che si proverà a vincere in maniera inaspettata, clamorosa…

Il problema è che si sente un sacco parlare delle rare vittorie, si sa invece poco delle innumerevoli sconfitte.

Il Banco alla fine vince sempre. Ma molti cadono nella trappola. Non chiamateli stupidi. Anche persone brillanti possono rimanerci impigliati. Potresti finirci anche tu, se non ci stai attento.

 

La gente ha difficoltà soprattutto in matematica (anche se non lo ammette); ma poi, anche se razionalmente sai che le tue possibilità sono infinitesime, scegli comunque di non agire razionalmente, perché:

A. le emozioni associate al vincere sono come una droga per te

oppure

B. hai problemi di soldi e speri disperatamente che una vincita miracolosa ti possa salvare.

In entrambi i casi sei sulla strada buona per rovinarti la vita. E rovinarla a chi ti sta vicino.

 

Più giochi, più il risultato è garantito: perdere tanti soldi.

Attenzione alla tentazione dei giochi che sono almeno in parte basati sull’abilità, come ho fatto io: anche così probabilmente sprecherai tante ore nell’elargire denaro a qualcuno più furbo di te.

 

Pretendere di vincere grazie alla conoscenza. L’orgoglioso perdente.

 

Da tifoso pensavo che la mia conoscenza della Serie A potesse compensare lo svantaggio rappresentato dalla percentuale delle vincite che si prendono le agenzie di scommesse. L’idea sarebbe quella di essere più bravi di loro a prevedere i risultati, abbastanza da vincere qualcosa più di quel che si perde.

Di solito non funziona. E’ invece facile  sottostimare il totale del denaro perso, e sopravvalutare la propria abilità.

Parecchi anni fa ho vinto una cifretta. Mi ricordo bene la situazione.

Era fine campionato, avevo scommesso su di una combinazione di risultati, di cui uno riguardava il Napoli, che aveva un disperato bisogno di una vittoria (per poi comunque dipendere dai risultati delle altre) per sperare di evitare una retrocessione in Serie B.

Al 90° il Napoli ancora stava pareggiando. Nel frattempo la fine delle altre partite, con risultati sfavorevoli, ne decretava la retrocessione: anche vincere non sarebbe servito più a niente.

E mentre i tifosi del Napoli mestamente si rassegnavano al loro destino, in pieno recupero Edmundo detto “O Animal” segnò un goal. Vittoria del Napoli, ma non gliene fregava più niente a nessuno.

Non proprio a nessuno: nella mia stanza io ero in ginocchio a braccia alzate! Ero l’unico ad esultare, perché quel gol inutile per me faceva la differenza.

E non l’avevo poi rivelato ad anima viva.

Storia carina. Ma il punto è che in seguito ho perso gradualmente tutto quello che avevo vinto. Ero diventato troppo sicuro di me, prendendo per buone delle “sensazioni” che erano solo illusioni. Pretendevo di indovinare risultati su partite di cui non sapevo realisticamente nulla. Senza contare che ovviamente la maggior parte dei risultati sono imprevedibili anche per un esperto.

 

Sono stato stupido. Onestamente, è probabile che la mia stima ad occhio di aver chiuso in pari, senza vincere nè perdere soldi, sia ottimistica. Ricordate: tendiamo a sottostimare il totale delle cifre perse.

Anche se il mio colpaccio su Trump, una di quelle cose che ti capitano una volta nella vita, cambia proprio tutto. Ma metterei in pericolo questo traguardo, se ricominciassi a scommettere sul calcio, alla lunga!

 

Ecco, anche quando c’è di mezzo una “abilità” è ben difficile non perdere, alla fine. L’unica scelta vincente è fermarsi. Se puoi fermarti dopo una vittoria, buon per te. Ma non aspettare di aver già vinto.

 

La trappola del Poker

 

Un altro buon esempio in cui entra in gioco l’abilità: le carte. Dicono che quasi tutti tendano a sovrastimare le proprie capacità di giocatore di poker. Specialmente quelli che si ritrovano nella parte del pollo da spennare.

Qualche anno fa ho perso del tempo a giocare a Poker, Texas Hold’em, online. All’epoca c’erano un sacco di tornei promozionali freeroll (giochi gratis, ma puoi vincere qualche euro o un biglietto di ingresso ad un torneo più grande), per questo non comportava particolari rischi, a parte eventualmente prendersi una scimmia.

Una enorme perdita di tempo, devo dire; almeno però, non rischiando nulla, giocavo mentre facevo altro, tipo navigare su internet.

 

Il poker di per sé è un gioco affascinante, e va detto che purtroppo richiede che ci sia del denaro vero in gioco. E’ tutto basato sulla psicologia, una volta che uno abbia assimilato una base di matematica. Ma i più non sanno calcolare le probabilità, e si espongono ad essere ben ripuliti da parte di qualcuno che sa come leggere le loro espressioni e tic e agire di conseguenza, mentre loro continuano a perdere e lasciarsi illudere dalla rara vincita occasionale basata sul classico colpo di fortuna.

 

Sono stato a Las Vegas una volta, durante un tour in autobus. Non è che abbia voglia di tornarci: è un posto che sa di finto, il trionfo del fare scena.

E là mi sono seduto ad un tavolo di Texas Hold’em poker. E guarda un po’… ho vinto.

Ho vinto poco più di quello che ho dato alla guida e all’autista come mancia. E tant’è. Mannaggia, vi sto mandando dei segnali sbagliati!

Anche questo è stato un caso eccezionale. Mi è andata bene. Se ci ritornassi farei presto a perdere, e poi ancora perdere.

Ho fatto un po’ di fretta quella sera, perché non volevo far attendere troppo il compagno di viaggio che mi aveva pazientemente seguito fin lì e aspettava che finissi. Questo mi è stato molto utile, a ripensarci, perché altrimenti uno rimane seduto per ore, tendenzialmente finché non ha perso tutto.

Dovevo essere uno spettacolo: il classico novellino che non sa mai quello che deve fare, ad esempio con i chips (i gettoni che valgono denaro).

Di fatto quella sera ho giocato sempre contro lo stesso tizio. Ubriaco. A un certo punto il croupier lo ha persino gentilmente invitato a smettere di giocare ed andarsene, visto che aveva appena versato tutto il suo drink inzuppando il tavolo verde, tanto era devastato.

Momento topico: io vado all in contro Tizio Sbronzo.

Ero quasi fatto. Non mi era uscito niente. Fino alla fine, quasi.

Il croupier mette giù il River (cioè la quinta ed ultima carta del gioco). Combinazione era proprio quella che mi serviva per vincere (e ce ne sono 4 in tutto il mazzo!)

Scala!

Subito non ero nemmeno sicuro di aver vinto. Era successo tutto così in fretta.

Tizio Sbronzo impreca, si piglia la sconfitta.

 

Vegas Life

 

Spero che Tizio ora stia bene e quella sia stata per lui una nottata folle isolata. Ma in fondo questo è il tipo di persona che diventi, se ti lasci prendere da certi vizi. Buttare soldi in un gioco d’azzardo, ubriaco perso, mentre persone un pochino meno impresentabili ti guardano con disprezzo ed imbarazzo.

La mia è stata fortuna, ma qualunque buon giocatore lo avrebbe pelato in ogni caso. Non si scappa dicendo “la prossima volta andrà meglio”.

Questi giochi alla fine rispecchiano il vecchio adagio:

uno sciocco e il suo denaro vengono facilmente separati.

 

Esiste un modo di fare soldi in questo mondo a parte possedere il casinò: prendete il film del 1998 di John Dahl Il giocatore – Rounders. Il personaggio di Joey Knish è a quanto pare ispirato alla vita di Joel “Bagels” Rosenberg. Uno che passa la vita nelle poker room, ma è abbastanza grigio, disciplinato, bravo a contare e -soprattutto- a leggere i segni, le espressioni e i comportamenti degli altri, da cavarsela e sostentare la sua famiglia, usando la tattica di puntare i giocatori meno abili e ripulirli.

Anche i vincitori, in questo mondo a sè, sono dei miserabili.

 

Prendersi dei rischi, nella vita, non ha niente a che vedere con quel che si vede nei film. Intendiamoci, non c’è niente di male nell’affrontare il rischio; anzi, si tratta di una qualità importante, spesso richiesta per certi lavori difficili. Ma ecco il punto: quelli che sono bravi a gestire il rischio sono anche quelli che non ne provano piacere.

Se vi piace giocare col denaro, non fatelo. Semplice, in effetti.

slot machines, ladies playing

Foto di Alex Cheek (CC-BY-SA-2.0)

Per finire, un paio di quadretti, ricordi di quella notte a Las Vegas.

 

Uno. Io non capisco proprio cosa ci trovino nelle slot machines. Ma dopotutto esiste un veleno per tutti i gusti!

Laggiù mi sono accorto di una cosa strana, semplicemente guardando i giocatori incantati davanti alla loro slot machine personale, brasati lì magari per ore.

C’era pieno di donne in età da menopausa. Non penso possa trattarsi di una coincidenza.

Ho notato lo stesso fenomeno in altre occasioni, nei bar e tabaccherie in Italia. Un sacco di donne di mezza età/anzianotte. C’entreranno gli ormoni? Non sempre sappiamo prevedere i nostri punti deboli.

Siamo fatti per sopravvivere in una giungla, non per essere freddi e  razionali in un ambiente dove persino la luce è artificiale, di fronte ad una macchina piena di colori e suoni carini che ci promette fantastiche vincite (gratificazioni).

 

Due. Una donna, avrà avuto 25 anni. Carina, un po’ ancora ragazza, lunghi capelli neri, calze nere, pantaloncini neri di velluto.

Aveva con sè uno scatolo di articoli per fumatori, appeso al collo. Mi sembrava incredibile perché pareva davvero uscita da un film anni 50.

Invitava potenziali clienti, stancamente, con una voce tristissima. “Sigari!” urlava roca, sottovoce. “Sigari!”

 

 

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