Referendum: il NO ha già vinto. 5 motivi per mobilitarsi, per stravincere

Matteo Renzi perplexed

Renzie, stai sereno! Scusate, la battuta sarà scontata ma è irrinunciabile.

2° AGGIORNAMENTO – 5DIC – RENZI SI DIMETTE. Definitivo: NO 59.11%, SI 40.89%

Sinceramente ho visto come il risultato fosse ormai acquisito e me ne sono andato a dormire. Oggi al risveglio la conferma, il risultato è anche un pochino meglio dello sperato (su Facebook avevo previsto un 57-58%).
Onore delle armi a Renzi, che contrariamente a quanto spesso accade in Italia, è stato di parola e si è dimesso immediatamente, poco dopo la mezzanotte.

Il futuro ora è una incognita, la politica italiana un marasma. Almeno ci siamo messi questo pasticcio dietro le spalle. Rimane istruttivo per molti aspetti, per come certe idee che ottengono più visibilità funzionino male, e per il modo in cui chi detiene il potere oggi cerchi di spacciarsi come nuovo ed alternativo, confondendo le acque.  Ma non sempre il trucco gli riesce.

 

AGGIORNAMENTO 4DIC 23:05 – EXIT POLLS: IL NO HA VINTO.

 

Il NO sarebbe al 56%. Dato demografico: le persone anziane (quelli che guardano di più la TV e ne vengono influenzati) sono risultati i più propensi a votare sì.

Referendum Costituzionale del 4 dicembre.

Stavolta non devo fare la parte del profeta: in questo caso che vinca il NO se lo aspettano un po’ tutti.

Nonostante i sondaggi che danno un vantaggio ancora limitato e rimontabile.

In sostanza domenica si misura il grado di condizionabilità dell’elettorato italiano, nel fare quel che vuole il Governo. Fermo restando che, specialmente quando sono in ballo questioni tecniche complicate, come può esserlo in questo caso la modifica di 47 articoli della Costituzione, esiste una forte pressione naturale verso il 50% per parte, come se la consultazione equivalesse al lancio di una moneta. Bisogna essere realistici sulla incompetenza di chi vota. Oltretutto in questo caso le persone che veramente hanno i mezzi per capire bene la riforma saranno quante, qualche centinaio in tutto il Paese?

Ma per la vittoria finale contano i messaggi semplici che si riescono ad appiccicare alla consultazione. A questo giro la generale disapprovazione per il Governo. Palpabile.

 

Credo ci voglia un segnale forte da sbattere in faccia al Presidente Renzi. Una vittoria, se possibile, schiacciante del NO (quindi non fatevi convincere che andare alle urne domenica non servirà).
Contro una trasformazione delle istituzioni gestita in maniera dirigista e controllando ancora una volta i messaggi e la comunicazione, a senso unico, dei media (di stato ed amici).

Contro una riforma della Costituzione basata sull’accentramento del potere, coperta lanciando un po’ di fumo negli occhi.

 

Nello stesso tempo in cui insisto su questo punto, non riesco a dare troppa importanza alla vicenda, scrivo quasi controvoglia: oggi votare NO equivale al chiudere in fretta il rubinetto dopo aver trovato una manichetta che sta spargendo acqua sul pavimento di casa vostra… Ma la casa è terremotata. Meglio non aggiungere un altro danno, ma il guaio grosso è ben altro. Anzi, ce n’è un campionario completo, di problemi.

 

Credo i più siano giustamente disillusi, non esiste una ricetta per salvare un Paese che prima di tutto non si lascia salvare. Dove tutti remano contro tutto.

 

E questo dà la scusa a qualcuno, in alto, per dire che l’unica è lasciarli lavorare indisturbati. Galleggiate facendo il morto, ci pensiamo noi…

 

 

Ragioni per un NO deciso, convinto.

 

Testo referendum con richiamo demagogico ai costi della politica, versione polemica da utente Twitter che evidenzia l'immunità parlamentare introdotta di fatto per amministratori locali potenzialmente sotto inchiesta

Un utente su Twitter reagisce al quesito tendenzioso con una sua versione polemica.

 

1-No agli inganni e ai mezzucci: presunti risparmi.

 

Dovrebbe essere semplice: se proponi un cambiamento, magari anche più o meno ragionevole, ma giochi a fregarmi, ti rispondo con un bel NO! Punto.

Se uno leggesse distrattamente il quesito sulla scheda, come quasi tutti faranno, che impressione ne trarrebbe? Diminuiscono i parlamentari e si riducono i costi della politica! Più qualche altra roba tecnica. Che bello! Siamo tutti per togliere gli sprechi! I politici poi! Sono antipatici, corrotti, pensano solo a mangiare!

Lorsignori si riempiono tanto la bocca di quanto siano brutti e cattivi questi maledetti populismi. Poi però, quando gli serve, parlano direttamente alla pancia, contano sull’enfasi cieca di milioni di furbi che condividono millemila immagini indignate su Facebook…

Gli tirano l’osso di una presunta riduzione dei costi, e poi nel pacchetto inseriscono quel che gli interessa veramente.

Ora, a parte che ci sono molti altri modi per ridurre i costi della politica, invece di lasciare 630 parlamentari alla Camera e ridurre a da 315 a 100 quelli del Senato…

Ma quanto si presume di risparmiare? 

Non vi tedio con le cifre ballerine dei vari contafagioli professionali.
La visualizzazione più concreta: misurare quanto la spesa dello Stato si ripercuota in media sulle singole persone. Su ogni Italiano, neonati compresi.
Il referendum ci costa 5 euro a testa. Ragionevolmente, potrebbe far risparmiare, mentre fa un sacco di altri cambiamenti, sui 2 euro l’anno a testa. Per il comitato del SI, il risparmio sarebbe sugli 8 euro l’anno, ed è una sparata che mette dentro altre cose, tipo l’abolizione delle provincie già in atto. Per il comitato del NO si risparmia solo 1 euro l’anno a testa. Sono cifre indicative.

Ma se facciamo un bilancio, facciamolo bene! Prendiamo i dati del 2015 sulle entrate e sul Debito Pubblico, e dividiamole per la popolazione in modo da avere il dato per ogni singolo abitante.

  • L’anno scorso lo Stato ha preso ad ogni cittadino, attraverso le tasse, 7200 euro. Certo, ad alcuni molto di più, ad altri di meno, a tanti ben poco (anche i mendicanti pagano IVA e altre tasse e accise, sulla bottiglia di vino, il panino o le sigarette…)
  • In più ha fatto, a nome tuo e di chiunque conosci, un ulteriore debito di 570€. A capoccia.
  • Il totale del debito pubblico che pende sulla testa di ogni singolo cittadino italiano poi è oltre 36mila euro! Una cifra che non si saprebbe come pagare, e aumenta sempre più (e poi ci sarebbe anche il debito privato…)

Ci rendiamo conto di quanto risulti ridicolo litigare per mesi su 1 o 2 euro di risparmio quando le cifre del bilancio dello Stato sono queste?

 

Mettiamola in altri termini: a una famiglia media di 4 persone, lo Stato preleva con la forza ogni anno l’equivalente del valore di due automobili nuove (restituendo una parte in servizi); non contento, spende ancora di più, quindi la carica di ulteriori debiti, praticamente quanto costa uno scooter (giusto perché al momento saremmo in austerità e si trattengono, sennò figurati).

Le ha messo sul groppone un debito statale accumulato che ad oggi è ormai pari al valore di un appartamento! E poi ha il coraggio di far discutere appassionatamente i 4 sudditi della famigliola tartassata, sull’opportunità di risparmiare il costo di un gelato all’anno!

 

Questa valutazione dovrebbe valere anche per tante inutili battaglie politiche su riduzioni di spesa insignificanti, che servono a fare ammuina contando sul fatto che la gente non ha la competenza matematica per capire l’irrilevanza di queste proposte.

Sì, perché ad ogni cambiamento che potrebbe teoricamente far risparmiare pochi spiccioli, corrispondono per forza di cose tante altre novità che spostano le entrate e le uscite, potenzialmente in entrambe le direzioni, per cifre ben più consistenti. Ma visto che la politica si basa sullo spendere soldi altrui per ottenere consensi, è facile prevedere che la tentazione di trarne nuove occasioni di spesa prevarrà quasi sempre. Quindi alla fine una “riforma per risparmiare” è un po’ come un gettarsi in mare per sciacquarsi il sale dalle mani.

 

Chi vi parla di risparmi dal referendum o è cretino, o è disinformato, o tira ad ingannarvi.

(Per brevità e fastidio verso la politica italiana, non mi occupo di altri mezzucci, tipo lo straordinario sbilanciamento della RAI a favore del sì o le solite promesse renziane da mercato delle vacche per comprarsi consensi.)

 

2-Una riforma pasticciata

 

Lungi da me la retorica della Costituzione-Più-Bella-Del-Mondo! Sventurato chi confida in una Costituzione come se fosse il motore per far funzionare una società.

Però un minimo di peso glielo possiamo dare. E come (pur discutibile) ancoraggio di un sistema di valori, protetto da una procedura macchinosa che scoraggia le riforme frequenti, dovrebbe contenere una serie di principi chiari fondanti ed una struttura ordinata, senza creare una selva di dettagli procedurali.

La modifica proposta in questo caso è invece farraginosa, piena di rimandi ed eccezioni. Scritta male come -ahimè- sembra essere la regola per le leggi ordinarie. Frutto di una cultura giuridica inadeguata, decadente?

L’esempio che ha ispirato tanti commenti è il cruciale nuovo articolo 70, letto da fini dicitori come uno scioglilingua bizantino. E’ come se si progettasse un edificio a partire da una struttura già in partenza piena di tiranti e contrappesi; come se una ricetta tipica della grande tradizione italiana prevedesse di base una trentina di ingredienti extra ed additivi: il tecnologo alimentare si sostituisce allo chef.

Non si può pretendere di aver creato, a priori e riuscendo a prevedere i tanti possibili scenari futuri di applicazione, una struttura arzigogolata eppure già equilibrata.

Persone ben più autorevoli del sottoscritto hanno rimarcato come il ridurre e definire in maniera complessa i compiti del Senato potrà portare a conflitti di competenza e complicare invece che semplificare. Ad esempio si prevedono 8 o più diversi possibili iter per la formazione delle leggi.

 

I cambiamenti dovrebbero essere frutto di uno sforzo condiviso, espressione di una società in crescita, propositiva, che crede in sé stessa e si appoggia a grandi figure di giuristi, colla consapevolezza di iniziare un ciclo.
E non invece arrivare come un colpo di mano, da un parlamento delegittimato, su impulso di un governo che esprime una maggioranza sostenuta da transfughi che non verrebbero mai rieletti. In una situazione indecifrabile, con un paese in profonda crisi economica che non sa a chi votarsi ed è smarrito e sfiduciato, senza un’idea di futuro.

Le Costituzioni si sviluppano quando si fonda, non quando si affonda!

 

3-La bufala del Parlamento bloccato. Anzi, magari si facessero meno leggi!

 

Si vuole abolire il cosiddetto bicameralismo perfetto: il fatto che Senato e Camera siano troppo simili tra loro, dando loro d’ora in poi funzioni differenti; così facendo si sveltirebbe il processo legislativo, invece di rimanere impantanati in un infinito ping pong: la Camera approva, il Senato apporta una modifica, la Camera approva la modifica ma aggiunge qualcos’altro, quindi il Senato deve di nuovo dare l’ok ma già che c’è… eccetera.

Come spiega il buon Giuliano, in Italia si crea un numero di leggi molto elevato: 120 all’anno, siamo poco sotto le 144 della Germania e ben sopra a Francia, Spagna e Regno Unito (per questi ultimi due casi, l’Italia a parità di tempo approva quasi il triplo delle leggi!)

Non esiste alcun vicolo cieco di continui rimpalli avanti e indietro tra Camera e Senato:

solo in questa legislatura, dal suo inizio al 30 giugno 2016, su 224 leggi approvate a ben 180 di queste, quindi circa all’80%, è toccato un solo passaggio fra Camera e Senato

 

E perciò non c’è bisogno davvero di trovare un modo di sveltire l’iniziativa legislativa!

Semmai abbiamo il problema opposto: siamo sommersi dalle leggi. Avere una macchina dello Stato che pretende di regolare ogni minimo dettaglio della tua vita è già grave; l’arbitrarietà a volte dell’applicazione, unita ad un sistema giudiziario da Terzo Mondo, ti tagliano le gambe e fanno sì che solo i furbi ben ammanicati abbiano la legge dalla loro. Per tutti gli altri è quasi impossibile sapere con certezza di non essere “in torto” già con lo scendere da letto la mattina.

 

 

Il paradosso: non sapremmo chi votare, quasi tutti gli Italiani non sono minimamente convinti della competenza, onestà e visione del futuro dei politici che li rappresentano. E proprio in questo frangente dovremmo impegnarci a dare maggiore potere ai partiti di cambiare velocemente tutto?

 

Provocazione. Volete una riforma del Senato che lo differenzi dalla Camera? Allora facciamo che il suo compito principale diventi non il creare nuove leggi, ma l’abolirle!

Facciamo come con le tre Moire della mitologia greca: Cloto (la Camera) fila le leggi; altri poteri nella veste di Lachesi le mettono in uso (regolamenti applicativi, esecutivo); Atropo (il Senato) le taglia!

 

4-Il Senato che diventa un dopolavoro

 

Magari non ho seguito abbastanza i dibattiti, ma mi è parso strano non sentir parlare di un problema per me evidente da subito: se i senatori sono consiglieri regionali e sindaci, che conservano la carica e poi ogni tanto, a tempo perso, si recano a Roma per qualche seduta del Senato, ma che mai possono arrivare a fare?

Fortunatamente ci ha pensato Umberta Mesina a dare corpo a questa mia sensazione: ad una persona impegnata nell’amministrazione a livello locale, si chiede di sdoppiarsi ed andare a Roma a prendere decisioni di portata nazionale. Se pure ci andasse solo una volta al mese, dice, allora magari non gli cambierebbe molto per il lavoro che già svolge ora, ma

allora mi pare evidente che detto senato lo si pensa inutile, altro che rappresentare il territorio.

 

Vale la pena leggere il suo pezzo perché è stringente: se già oggi un sindaco va a Roma una volta alla settimana per gestire i rapporti col Governo, come si può pensare che andandoci qualche volta di più possa fare bene un secondo lavoro, che richiede studio e preparazione specifici? Mica puoi pretendere che un senatore voti solo sulle materie che interessano la sua regione!

Creeresti dei sindaci e consiglieri latitanti, che lasciano un pasticcio di deleghe a casa loro per andare a Roma a non concludere niente.

 

In pratica si propone di abolire il Senato lasciandolo nello stesso tempo in piedi come Ente Inutile, che costa un po’ meno di prima ma ogni tanto produce attrito controproducente per il resto del sistema, Camera prima di tutto.

Ma dove conta e interessa lasci la Camera con le mani troppo libere; vediamo infatti…

 

 

5-Potere (al PD)

 

Sembra una riforma pensata per favorire gli interessi di chi la propone (ma guarda!): il nuovo Senato non sarebbe più eletto dai cittadini ma composto da delegati delle varie Regioni, di fatto decisi dopo accordi interni ai partiti.
Si afferma che così diventerebbe un reale rappresentante delle realtà locali, essendone espressione diretta.
Al contrario, attraverso diversi articoli la riforma sottrae molte competenze alle regioni, fa una svolta di tipo centralistico.

E togliendo quasi tutto il peso del Senato, conferisce a chi controlla la Camera a Roma un potere molto maggiore, specialmente considerando la legge elettorale attuale (e l’orientamento che l’ha generata, che probabilmente ispirerebbe anche una legge differente): si premia il partito che “vince” perché prende più voti degli altri, con una maggioranza artificiale. Prendi ad esempio il 40% dei voti, o anche molto meno ma vinci un ballottaggio, e hai il 55% dei seggi.

Fino ad oggi un Senato, non votato dai giovani tra i 18 e i 25 anni e ripartito diversamente dalla Camera, poteva fare da contrappeso, a volte non esprimendo la stessa maggioranza e quindi richiedendo un’alleanza più ampia per governare.
L’idea è invece che chi vince piglia tutto. E conta soprattutto mettere cappello ora, per questi arrivisti della politica. Una volta fatte le rivoluzioni desiderate, poi se ne parlerà.

Fare tante “riforme”, controllare la vita del Paese, poter persino dichiarare guerra semplicemente con una votazione della Camera. Camera a sua volta eletta magari con liste (semi)bloccate, campagne elettorali drogate, premi di maggioranza che gonfiano l’effetto di un consenso. Camera dove poi, come si è visto specialmente col Governo Renzi, ci si impone spesso e volentieri a colpi di voto di fiducia e forzature dei regolamenti: il deputato deve diventare sempre più un esecutore di ordini.

Guardate la spavalderia con cui Monica Cirinnà, tipica rappresentante del nuovo corso progressista, rivela con candida arroganza nel video qui sotto cosa contano di fare. Con la Riforma Costituzionale pensano di ottenere un mandato talmente ampio da prendere il controllo: le nuove leggi si devono decidere nel Congresso del Partito (l’unico partito che conterà, secondo loro); poi la Camera non farà altro che ratificare le decisioni del Congresso PD. Insomma, il centro decisionale si sposta nel Partito. Suona curiosamente simile all’URSS, pur con tutti i distinguo del caso.

Anche quelli che non fossero d’accordo con me nel merito, sulle follie della legge Cirinnà e tutto quel che ne vogliono far seguire, dovrebbe ammettere che spianare le istituzioni svuotandole dall’interno non è il metodo giusto per fare le leggi.

 

 

Pure se ci fermiamo ad esaminare il Senato stesso, per quello che conta, le cose sembrerebbero mettersi bene per Renzi & C (sempre se passasse il SI, e non passerà). In questo scenario infatti potrebbe assumere un peso sproporzionato il blocco delle “regioni rosse” dell’Italia Centrale. Mentre nel resto della Penisola i giochi, almeno a medio-lungo termine, sono tutti aperti, queste regioni sono storicamente sempre appannaggio del PD e alleati (o dei predecessori).

Questo blocco sicuro sarebbe ancor più garantito dal meccanismo perverso del voto indiretto: un elettore del PD che volesse punire il malgoverno di un politico locale del suo partito, si sentirebbe comunque costretto a sostenere la linea e votare come sempre pur di non danneggiare indirettamente il PD al Senato! E viceversa, per chi è scontento dei senatori ma non vuole penalizzare il partito a livello locale.
Per gli altri partiti è diverso: raccolgono voti di persone mediamente molto meno “fedeli” e inquadrate.

 

Ci sarebbe poi la bazzecola dell’immunità parlamentare: se un politico locale avesse dei guai con la giustizia, è stato fatto notare che potrebbe essere mandato strategicamente a Roma, come senatore, e così ostacolare la giustizia.

 

Berlicche riassume benissimo la reazione da saggezza popolare contro il potere dell’imbonitore Renzi, che ci chiede col Referendum di firmargli quelli che per noi sono degli assegni in bianco.

Si rivolge idealmente al Presidente del Consiglio così:

 

Dopo averti visto all’opera, ho una certezza morale: stai cercando di rifilarmi una sòla. […]

Sembra di vivere sotto un regime; sorridente, ma un regime. Se così è come usi il potere che hai, preferisco non dartene altro.

 

 

Impossibile elencare tutte le ragioni del NO. Chissà quante ne ho mancate. Ma mi pare che basti.

4 commenti:

  1. Grazie della citazione, Alessandro.
    Hai ragione, bisogna andare a votare. Perché è vero, come dice Berlicche, che qualcuno prova a tirarci ‘na sòla.
    Probabilmente il no ha già vinto, ma meglio andare sul sicuro.
    Votiamo!

  2. Fabio Paolo Barbieri

    Io vivo all’estero e ho visto i modi in cui il governo e il comitato del si, che sembrano essere una sola cosa, hanno speso il denaro pubblico per trasformare il voto in una campagna a senso unico. Schede elettorali e propaganda del comitato del si arrivano nella stessa busta, mentre non ho ancora ricevuto niente da qualunque opposizione, il che mi suggerisce che le liste dell’AIRE – i residenti italiani all’estero – non sono state rese disponibili ai comitati per il no. Tutto quello che leggo nei media italiani suggerisce che il governo spera nel voto estero come serbatoio di si a senso unico per portarli alla vittoria. Ma io dico anche che gli italiani all’estero non sono cretini, e che tutti abbiamo visto comportamenti che ci fanno vergognare. Il governo Renzi si e’ comportato peggio, mi sembra, all’estero, che non in Italia. E non hanno considerato che i residenti all’estero hanno una misura contro cui misurare. Io posso dire tutto il male possibile del Regno Unito, e lo dico spesso e volentieri; ma posso dire con confidenza che un simile uso del denaro pubblico e una simile sfacciataggine partigiana da parte del peggiore dei governi inglesi non sarebbe mai stata tollerata, anzi l’idea stessa sarebbe stata rifiutata perfino da capimafia come Tony Blair o somaracci come David Cameron. E’ inconcepibile, e noi che viviamo qui sappiamo che e’ inconcepibile. A meno che il ministero per gli affari esteri non trucchi il voto (e, ahinoi, ci sono segnali che potrebbero farlo – il voto postale all’estero non e’ a prova di frode, per motivi procedurali e non), e’ piu’che possibile che i signori Renzi e Crimina’, scusate, Cirinna’, si pentano amaramente della loro presunzione.

  3. Alessandro Grasso

    Grazie per la tua preziosa testimonianza, Fabio Paolo. Il discorso sui brogli è pesante, credo che le irregolarità nelle elezioni siano la norma, soprattutto quando si pensa di poter cambiare l’esito.
    “Criminà” è una bella trovata. 😀

    Mi incuriosisce molto il concetto di “capomafia” riguardo a Tony Blair. Potresti specificare?

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