Introduzione
Ho questa malsana idea: proporre una mia breve versione di omelia per le messe che verranno. Particolarmente temeraria perché sono prolisso, e l’obiettivo delle omelie dovrebbe essere la chiarezza e la concisione. E poi perché non ho tempo e sono un procrastinatore. Vedremo cosa riuscirò a fare. Non ricordo di aver letto di iniziative simili, ma scommetto che ce ne saranno state altre, migliori… Pazienza.
Perché le Pseudo-Omelie Di Un Laico? Premesso che sono duramente contrario al permettere ai laici di tenere la predica durante la Messa, tuttavia spero di avere qualcosa da dire qui, in un contesto diverso. Se non altro sarà un esercizio interessante per il sottoscritto.
Difficile far peggio di certi preti che ti ripropongono ogni santa volta il pistolotto di 20 minuti in cui, con parole ampollose e vuota retorica, esprimono alla fine un singolo concetto: cercate di essere più buoni e responsabili!
Quanto al dubbio sulle mie motivazioni personali: ci fu un giorno, prima di partire per un pellegrinaggio in Terrasanta, in cui chiesi a Dio in preghiera se avrei forse dovuto farmi prete. E in quel viaggio trovai la mia futura moglie. Un amore benedetto ed iniziato letteralmente tra la Grotta di Betlemme ed il Santo Sepolcro a Gerusalemme.
Non sarei stato un buon prete: se un vescovo mi avesse ordinato di celebrare con un altare-tavolino, mi sarei opposto (ed è solo uno dei possibili esempi). Gli avrei detto che se voleva farmi celebrare messa in quel modo, non avrei celebrato. E non sarei quindi durato.
Consiglio di leggere prima i testi delle letture:
IV Domenica di Quaresima – Anno A
Il tema di questa giornata: Dio che vede dentro di noi. Cose che noi non sappiamo nemmeno immaginare. A partire dall’episodio in cui il profeta Samuele è chiamato da Dio a scegliere un re per Israele: di tanti, sceglie Davide, che era l’ultimo dei fratelli, il giovinetto che neanche il padre aveva pensato di mandare a chiamare per mostrarlo al profeta, e se ne stava al pascolo (una sorta di pre-Cenerentolo, se mi passate l’ardito paragone… e chissà che la fiaba non abbia preso spunto da qui).
Questo del trovare il valore dove gli uomini non immaginerebbero, confondendo i sapienti e innalzando gli umili, è un tema ricorrente nel Vangelo, e molti omileti ben si eserciteranno oggi illustrandolo (la pietra scartata dai costruttori, la genealogia di Gesù che passa anche attraverso figure equivoche, la stessa nascita umile e morte infamante di Cristo, la grossolanità dei popolani scelti come Apostoli a partire da Pietro, eccetera).
Ma è nel Vangelo che troviamo qualcosa di diverso ed eclatante, che voglio sottolineare perché credo mai nessuno ne abbia parlato, tantomeno in una predica.
Un chicca. Il brano del miracolo del cieco nato sembra tenere conto di conoscenze sulla fisiologia umana impensabili all’epoca: nessun autore, per quanto intelligente, avrebbe potuto inventare di sana pianta una storia come questa, se non per una straordinaria coincidenza.
Sì, è un brano molto denso e dettagliato, che ci offre anche lo spunto più ovvio dell’opposizione dei farisei, che non vogliono credere a Gesù, pensano che le disgrazie (incluse le malattie congenite) siano punizioni per i peccati, e hanno la grettezza di obiettare per un “lavoro” (miracolo) compiuto nel giorno di riposo obbligatorio per i Giudei, il Sabato…
Ma la cosa che mi colpì anni fa, e che ho definito chicca, è questa: perché il Gesù che in tante altre occasioni ha effettuato miracoli eclatanti ed istantanei, che ha vinto anche la morte già con il resuscitare Lazzaro, il Gesù che può dire “alzati e cammina”… in questo caso chiede di effettuare una operazione apparentemente complessa e lunga?
Prima fa del fango con terra e saliva, poi lo spalma sugli occhi del cieco nato. Il quale deve andare alla piscina di Siloe, lavarsi gli occhi, ed ecco, finalmente: solo a quel punto gli viene donata la vista.
Tra le righe troviamo il sentore di storia vera, gli echi delle obiezioni degli scettici. Un ebreo osservante avrebbe potuto facilmente pensare che il vero miracolo fosse da attribuire alla piscina di Siloe. Un seguace di medicine tradizionali sostenere che in realtà in quell’impacco fossero contenuti speciali ingredienti: si sarebbe trattato di una forma di medicina, per quanto rudimentale. E quelli che pensavano fosse solo un mago? La magia si serve di rituali elaborati (per nascondere la propria pochezza/impotenza, aggiungo io). Ma non solo. Si parla apertamente di increduli che del mendicante cieco che si presenta guarito dicono: “non è lui, ma gli somiglia!”
Decisamente un racconto nello stile dei Vangeli, con quel sentore cronistico, di presa diretta, dove arrivano tutte le voci, anche quelle controproducenti alla causa. Si dipana così l’inchiesta che coinvolge persino i genitori del miracolato: in questo racconto siamo lontani dallo stile di una ipotetica comunità cristiana creativa che inventa storie mirabolanti, come pensano ancora tanti esegeti.
L’osservazione che mi colpì a suo tempo: questo è un caso speciale. Un cieco nato non ha mai sviluppato la capacità di vedere. La visione non coinvolge solo l’occhio e il nervo ottico, ma i centri nervosi. Il cervello stesso di un cieco dalla nascita è organizzato in maniera differente, perché l’area dedicata alla visione viene reindirizzata, per essere utilizzata per altri scopi. Qui si entra in uno spazio molto delicato; è coinvolta la tua mente, ciò che sei. Donare la vista a chi non l’ha mai avuta significa riorganizzare un numero enorme di neuroni nei loro collegamenti, e da lì la percezione, che coinvolge tutto il cervello; cambiare la natura intima di questa persona.
Oggi sappiamo che nei casi in cui con la medicina moderna è stato possibile dare la vista per la prima volta ad un essere umano, i primi istanti dopo aver tolto i bendaggi sono stati sì sconvolgenti, ma anche deludenti. Il paziente non riusciva ad elaborare tutte quelle nuove informazioni; luce ed ombra, oggetti lontani e vicini, o magari seminascosti da altro. E poi riconoscerli una volta ruotati… per non parlare della tridimensionalità, che richiede un adattamento, una base di esperienza per il cervello, che deve costruirsi un modello tridimensionale che non è ovvio perché dipende geometricamente dalla distanza esistente tra i due occhi, che era anch’essa un’incognita…
Non è lontanamente paragonabile al tornare a vedere. Vedere per la prima volta, per un adulto, richiede una riprogrammazione a livello di sistema nervoso, ed un lungo e graduale adattamento.
Gesù Cristo può compiere qualunque miracolo. Muscoli, nervi ed ossa non funzionali o atrofizzati da anni possono tornare istantaneamente come nuovi, perché no? Basta un fiat, un ordine del Figlio di Dio. Ma la delicatezza speciale di questo caso è la seguente: vedere per la prima volta di botto significherebbe venire riprogrammati brutalmente, in maniera pesante, fin nell’intimità della propria mente. E certo Dio può fare anche questo, ma non lo vuole fare, perché rispetta la nostra libertà!
Gesù ha voluto far vedere un cieco nato, ma lo ha fatto in maniera rispettosa, dandogli il tempo di avere una evoluzione graduale, mentre il miracolo operava in lui.
Qui ritroviamo uno dei segreti meno esplorati della creazione: Dio vuole operare assieme a noi, dove possibile coinvolgendoci.
Pensiamo a quest’uomo che cammina con gli occhi aperti, che stanno iniziando a vedere, ma appannati da un velo man mano sempre più inesistente di fango, che si scioglie tra le lacrime; ancora non ha capito cosa stia succedendo. Camminiamo anche noi così, con fiducia, rivolgendoci a Dio perché ci liberi pian piano, al nostro passo, dalle nostre cecità…
Ma torniamo al miracolo visto dagli scettici. Per me questa è la notizia: un passaggio che rimane inosservato per secoli, fino a quando la scienza medica rende possibile rendersi conto che, sì, se si vuole tenere in conto la libertà umana e la complessità dei meccanismi della visione a livello cerebrale, questo è proprio il tipo di “miracolo dilazionato” che doveva avvenire in questo caso, e non in altri.
Teniamolo a mente, la prossima volta che un mezzo saputo, ovviamente ateo orgoglioso del suo scetticismo, ci guarda con sufficienza: c’è ancora molto da esplorare, in questi testi che nascondono incastri imprevedibili, schegge di verità che gli autori ed il loro pubblico non potevano conoscere e neanche immaginare. Eppure sono lì, come riflesso di una realtà. Più grande di loro. E di noi.
E come dovevo aspettarmi, non sono stato breve.
Bentornato! Ogni tanto ho fatto capolino nel sito sperando in qualche commento più recente e finalmente sono stato ripagato. Grazie!
Grazie Vanni, significa molto per me. Una delle ragioni di questa mia, di fatto, lunga assenza, è la difficoltà a giustificare lo sforzo avendo pochi riscontri di lettori…