Lo chef Cracco, il Cenone da 1500€ e il male dell’Italia

chef Carlo Cracco

Carlo Cracco, il segreto dell’antipatia sta nel saper osare. Foto: br1

Una notizia rilanciata da parecchi giornali: per lo scorso cenone di San Silvestro, 60 “fortunati” hanno pagato 1500 euro a testa per la serata: arrivo in motoscafo alla location veneziana, cena esclusiva firmata Carlo Cracco, spettacolo a latere, gondola e champagne in laguna per vedere i fuochi d’artificio, poi intrattenimento con DJ.

Notizia curiosamente riportata in maniera asciutta dai siti di notizie che ho consultato, senza particolari commenti. Eppure pensata per andare virale, per essere condivisa sui social a botte di indignazione e maledizioni scagliate contro Cracco stesso. Evidentemente hanno pensato che le polemiche da strapaese era inutile metterle già nell’articolo, ci avrebbero pensato i condivisori. Come puntualmente avvenuto.

I conti sono presto fatti: 90mila euro l’incasso, di cui 10mila dati, pare, a Cracco stesso per “averci messo la firma” facendo preparare da altri cuochi uno dei suoi piatti più famosi. Senza neanche intervenire alla serata.

Qualcuno la può chiamare una spregiudicata operazione di (auto-)marketing. Altri sono più diretti e hanno preso d’assalto la pagina FB di Cracco.

Che non è nuovo a mettersi al centro di polemiche. Giudice di Masterchef Italia, cuoco famoso al grande pubblico più per la sua presenza tv e per aver dato il volto ad una pubblicità di patatine fritte industriali, che per le sua abilità di chef internazionale. Ama un po’ fare la parte dell’antipatico.

Cracco sembra ormai diventato un parafulmine sullo stile “bene o male purché se ne parli“: in passato era stato insultato da parecchi fissati animalisti per aver cucinato il piccione… no, dico, fate pace con il cervello… un piatto della tradizione italiana di varie città, improvvisamente demonizzato ed attribuito al cuoco famoso visto in TV, come fosse una sua trovata stramba e crudele…

 

Ma cosa sono queste polemiche?

 

Possiamo identificare alcuni filoni:

  1. Sono stati bidonati. Cracco non si è neanche fatto vedere. E poi, che cosa gli ha venduto? Chi è mai da meritare questi cachet? –LI HA FREGATI
  2. Una cena non può valere così tanto –MI FANNO PENA
  3. Spendere 1500€ per una cena è uno schiaffo alla povertà. Non si buttano i soldi così. –CHE SCHIFO!
  4. C’è un divario pazzesco tra noi poveri mortali e i pochi fortunati che si possono permettere spese folli per ottenere cose esclusive –LI INVIDIO

 

Non ne capisci di alta cucina, stacce.

 

1- Cracco ha fatto il furbo perché non è neanche andato alla serata? Ma li avete spesi voi quei soldi? No. E allora! Se agli interessati andava bene così, non ha senso porsi il problema.

Quella dello chef è una professione non scalabile, in cui non si può salire più di tanto. Chi scrive musica o libri, fa spettacoli, gioca al calcio, può arrivare ad un pubblico vastissimo. I più bravi possono guadagnare centinaia di milioni, magari lavorando meno di quando arrancavano da semisconosciuti. Un grande manager può arrivare a guidare una azienda di dimensioni impressionanti. Un cuoco, per quanto bravo, può invece solo servire i clienti di un ristorante, pur lavorando sempre a ritmi molto alti.

Per questo chi ha la stoffa della star, si sente un artista in cucina ed è apprezzato, cerca di inventarsi sistemi differenti per fare soldi, espandere il brand, avere successo e riconoscimento: corsi di cucina, libri, comparsate TV, sponsorizzazioni… e per quanto riguarda il lavoro sul campo, il delegare sempre di più è una scelta quasi naturale, visto che il sapere gestire un team e far lavorare i propri sottoposti garantendo l’impronta originale, gli standard e gli input che vengono dal proprio estro è una caratteristica fondamentale di qualunque cuoco che non lavori ad un livello bassissimo. Se andate ad un ristorante anche solo discreto, e trovate dei piatti presentati bene, con personalità, ingredienti di qualità, buoni da mangiare e magari diversi e stimolanti, dovrete ringraziare lo chef per come avrà saputo impostare il lavoro; eppure il vostro primo e l’antipasto, magari, sono stati realizzati da un giovane inesperto.

Non siamo in grado di distinguere un piatto fatto bene dal grande chef da quello fatto bene da un suo allievo: questo è uno degli aspetti più importanti dell’essere un grande chef!

E allora non c’è niente di male a “firmare” se si garantisce una qualità, anche senza essere (sempre) presenti. Se il cuoco famoso, troppo impegnato a farsi promozione in giro per fiere e TV, perde il polso del suo locale e la qualità scade, anche il suo nome ne risentirà. Nessun problema.

 

pasta al forno vs. piatto nouvelle cuisine

Quale vi ispira di più? Foto: pasta al forno, Blues 1911; Nouvelle Cuisine, Jérôme Decq

Fa invece ridere il giudizio dato a distanza da chi non ha mai assaggiato un piatto e lo giudica da una foto, o di chi vuole dare un valore definitivo alla propria scarsa fantasia. Questa è solamente ignoranza. Spudorata perché pretende di sputare sentenze.

Poi, per carità. Ci sta che un piatto tradizionale, realizzato secondo criteri semplici, come potrebbe essere un raviolo al sugo, degli gnocchi col pesto, una pasta ncasciata, tutta roba che potrebbe essere servita a mestolate direttamente nel piatto dal cameriere più buzzurro (oppure riassaporato grazie alle manine d’oro della zia), dia più soddisfazione rispetto al “cavolfiore con salsa al latte di mandorla, succo di yuzu e frutti di mare”, al “brodo al sambuco con bottoni di melanzane e svirgoli di mentuccia”, al piatto che sembra un quadro tanto è decorato, con i sassolini, il muschio e il laghetto, ma non sai cosa scartare e cosa mangiare.

Viva la roba ruspante, sana e semplice, d’accordo. Ma a volte occorre avere l’umiltà di riconoscere che, salvo alcuni esperimenti arditi che non sono per tutti, il grande chef sa proporre qualcosa di più; più nuovo e differente, più raffinato, un’esperienza. Se non siete in grado di capirlo, è un vostro limite. Potete tranquillamente rinunciarvi, ma non sentirvi superiori per questo.

E’ vero che l’alta cucina costa. Ma per quello che offre, un cuoco bravo che non ha ancora “la stella” e non si è ancora guadagnato la clientela automatica degli arricchiti che vogliono più spendere che capire, vi dà molto di più, in proporzione.

Poi il “nome” alza ancora il prezzo e le pretese; è normale. Eventualmente a cena dalla star della cucina non ci andate, fine.

 

Cracco è bravo. Forse al suo livello in Italia ce ne sono cento, forse mille che non hanno la sua stessa fama. Non lo so.
E vabbé. Dormiteci su. Fatevi una mangiata. Fatevi una doccia fredda. Fatevi… Insomma, rilassatevi.

 

 

Dimenticate la ricchezza, pensate a combattere l’invidia, piuttosto.

 

2- Ma mettiamo anche che la cena in questione non valga quei soldi. Quelli sprecano il loro denaro, non si rendono conto, dite. “Ho mangiato meglio io a Capodanno, che ha cucinato la nonna Abelarda”. Beh, che vi frega?
Premessa: la cifra è enorme per come la vedo io. Io sono un povero plebeo, mi troverei a disagio nello sfarzo.

Ma prima di fare i giacobini che vanno coi forconi ad assaltare le ville delle ricche signore ingioiellate, cercate di imparare il concetto di lusso.

Questo ci riporta ad una polemica che aveva coinvolto Dolce&Gabbana, gli stilisti di moda attaccati per i loro prezzi, sproporzionati al costo “in fabbrica”. Stefano Gabbana, sferzante:

Ma Voi sapete cos’è il lusso…?

 

In tutte le cose, più si aumenta un investimento, meno miglioramento si ottiene. E’ una legge di natura. Cosa ha un’auto da 10000 euro rispetto ad un catorcio usato da 1000 che ti può lasciare a piedi e non durerà? Tanto!

Ed una da 20000? Avrà qualche accessorio in più, dotazioni di sicurezza, motore, spazio interno… Migliore sì di quella che costa la metà, ma per l’uso “mi porta da A a B” vanno entrambe bene.

Ed una da 100mila? Sarà anche super, lussuosissima e/o potentissima, ma magari ha meno bagagliaio, la puoi usare solo in alcune circostanze (non vai a fare la spesa con la Porsche)…

Salendo a livelli superiori si paga sempre di più per vantaggi sempre più piccoli o discutibili: un oggetto naturalmente raro, la percezione di avere ottenuto un piacere per pochi, un prodotto esclusivo che ti distingue, più persone che lavorano espressamente per te, una vaga idea di qualità…

3- Non c’è niente di strano nel fatto che ci siano cose che per noi hanno un prezzo proibitivo e incomprensibile.

Il mondo non è giusto, ci sarà sempre il barbone che conosce e apprezza un ciondolo che ha trovato per la strada più di quanto un miliardario conosca intere stanze della propria villa, che non si godrà mai.

Non è vostro compito fermare il corso delle cose. Anche se vi hanno raccontato qualcosa del genere.

La morale cristiana è qualcosa di diverso. Non demonizza il denaro, non condanna all’Inferno il ricco solo perché è ricco. Lasciate che il ricco epulone incontri un fratacchione che gli fa il predicozzo per cercare di svegliarne la coscienza. Non pensiate di sostituire la predica del fratacchione col brillante piano del legislatore che tutto livella. Non funziona.

 

Il male dell’Italia: rinsecchire per ristrettezza di vedute.

 

Se c’è chi spreca, c’è chi fornisce dei servizi. Volete cacciare via tutti i ricchi turisti disposti a spendere? Benissimo, diventerete sempre più poveri, e quelli andranno a spendere e sprecare i loro soldi da un’altra parte.

L’Italia ha una tradizione di prodotti di alta qualità. Non solo nell’agroalimentare e nella moda. Purtroppo stiamo perdendo terreno. Le produzioni di massa le fanno meglio, puntando sul prezzo, nei paesi emergenti: inutile cercare di competere lì. E noi, invece di puntare alle nicchie a maggiore valore aggiunto, cercando di valorizzare quel po’ di fama che ancora ha il Made in Italy, ci perdiamo in inutili polemiche pauperiste.

Una volta viene coperto di contumelie Briatore perché costruisce il resort superlusso in Puglia e chiede più attenzione al segmento. Un’altra Cracco perché firma una cena troppo esclusiva.

Via i turisti cafoni arricchiti che vogliono spendere troppo; che schifo gli yacht luccicanti prodotti magari da qualche cantiere navale italiano, ma che sospettiamo siano proprietà di qualche evasore fiscale (orrore!)

 

Meno spese, meno lussi, meno turisti, meno investimenti, meno soldi che circolano, più “sobrietà”. La chiamano decrescita felice.

Diventa un fatto culturale: ce la prendiamo con il vicino, facciamo a gara a chi scende più in basso. L’unico piacere condiviso diventa il fare le pulci a qualcuno che spende, spreca, mette in mostra. Qualunque nuova iniziativa deve passare il vaglio del mugugno, della polemica montata ad arte. Siamo un popolo di burocrati e di pensionati che guardano i lavori stradali, figurati se non troviamo qualcosa da contestare e ostacolare.

Non si costruisce più granché. “Eh, sa, la crisi…”

Beh, la crisi ce l’hai dentro. Se niente niente un tizio apre una ditta, le vessazioni burocratico-fiscali ed ispezioni di funzionari vari sono perfettamente in linea con il pensiero anti-imprenditoriale che ormai è parte integrante del tessuto sociale.

Fateci caso, le nuove ditte sono sempre più spesso marocchini che aprono un fruttivendolo, rumeni che fanno gli imbianchini…

 

Non parliamo poi dei settori più avanzati, alta tecnologia, industrie che richiedono massicci investimenti di ricerca. Lì abbiamo alzato bandiera bianca. Vogliamo vivere di solo turismo? Ed ecco che il cattocomunista comincia a macinare giudizi. Vai a Cortina d’Ampezzo a fare le pulci a chi spende: com’è che si può permettere quell’auto, quella villa, quelle spese?

Chi ha soldi oggi ha paura ad ostentare. Le proprietà sono penalizzate perché puzzano di denaro. E chi ha tanti soldi, si sa, è cattivo.
Al punto che persino la casa dei nonni al paesino, rimasta sul groppone, disabitata e che non si riesce a vendere perché c’è la crisi, viene punita da una tassa gravosa, come fosse un bene extralusso. Perché se hai una casa di proprietà che ti avanza sei uno sporco capitalista. E allora lo Stato giustamente ti bastona.

 

L’invidia come sistema. L’equità ottenuta attraverso il fermarsi e diventare tutti poveri, apparentemente alla pari.

 

Dovete scegliere se vivere in un paese in cui ognuno pensa a fare il proprio e crescere, e allora ci sarà pure chi spenderà una cifra per voi sorprendente solo per una cena. Oppure vivere in un paese dove ognuno pensa a sorvegliare il vicino, che non cresca troppo (gasp!); e allora vedrete sempre più serrande abbassate e giovani che emigrano per andare dove si produce innovazione, dove c’è commercio, c’è vita.

 

Gratta gratta, sotto trovi la versione caciarona del Marxismo.

 

Lo spirito di chiusura di quelli che considerano scandaloso e inconcepibile pagare centinaia di euro una cena, o che non riescono ad apprezzare una cucina più estrosa, è lo stesso di chi si riempie la bocca di retorica contro gli evasori fiscali, sogna il posto fisso in un’azienda di stato, vive e vota passivamente. Di chi difende Fidel Castro e chiama “bestia” chi osa criticarne gli elogi funebri (mi è successo). Di chi ha trasformato “imprenditore” in una parolaccia. E l’Università la vuole condizionata dalla retorica degli studenti di Scienze Politiche e Filosofia, a blaterare di cultura mentre il resto del mondo avanzato creava poli di sviluppo scientifico-tecnologico.

 

4- E’ stupido ed inutile prendersela coi ricchi perché sono ricchi. Ci saranno sempre divari netti tra chi può e chi non può. Persino in un futuro ipotetico in cui un esercito di robot e un’abbondanza di risorse potessero darci tutto quello che ragionevolmente vogliamo, schioccando un dito, anche senza lavorare, ci sarebbe sempre chi è riuscito a salire un gradino più in alto e ha il cuoco personale che fa le cose ancora a mano, colleziona pezzi d’antiquariato e fa la vacanza sull’isola esclusiva.

Lottare per diminuire il distacco, impoverendo i ricchi, è un falso obiettivo. Non migliora di una virgola la condizione dei poveri, ma fa stare tutti più male, e crea odio e divisione.

 

Se non riuscite ad accettare che ci siano persone in grado di spendere 1500€ per una cena senza che la cosa gli pesi sul portafoglio, forse dovreste allargare i vostri orizzonti. Imparare che il mondo è vario e diverso, non è sotto il vostro controllo, se ne frega del vostro giudizio.

 

La sopravvivenza della nostra civiltà ha bisogno anche, tra le altre cose, di una maggiore serenità, di un clima in cui l’indignazione non diventi virale, il giudizio sugli altri non sia automatico. In cui non si fanno i conti in tasca al cattivo del giorno sentendosi paladini del bene. O perlomeno, se lo fate, ricordatevi di due cose.

I- Come beceri moralisti, le vecchie comari del profondo sud vi fanno un baffo. Altro che fare i moderni che stanno più avanti della vecchia morale cattolica! Almeno quella ha un senso.

II- L’incorruttibile Robespierre, dopo tanti che ha condannato, sulla ghigliottina c’è finito anche lui.

 

 

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