Afrika, il videogioco nonviolento (oh, poveri animali)

Una mia nota sull’animalismo che prende spunto da una intervista a Phil Harrison, simpatico presidente della branch di Sony che si occupa di sviluppo di videogames.

Parla tra le altre cose di Afrika, un gioco in arrivo per PS3 che, pare, impegnerà  gli appassionati (ammesso che la cosa appassioni) in un safari fotografico virtuale, niente caccia grossa dunque: “Non si tratta di uccidere e non si tratta di correre avanti e indietro sparando ad elefanti ed ippopotami — una cosa del genere sarebbe terribile”

Ah, ma certo, poveri animali della savana! Mi domando cosa dirà  Harrison alla presentazione del prossimo Grand Theft Auto… 😀 Apparentemente nel mondo virtuale andare in giro per la città  spacciando droga, rubando auto e sparando alle vecchiette va bene, ma abbattere un elefante no, perdincibacco!

Leonessa che attacca zebra

Leonessa che attacca zebra, alla fine un po’ cruento lo è!

Dell’isterismo degli ultimi tempi riguardo alla violenza nei videogiochi e alla loro pericolosità , e che una volta tanto mette d’accordo politici di tutto il mondo, dalla Cina agli Usa passando per l’Europa e l’Italia, parleremo un’altra volta.

Certo Afrika rischia di essere portato in palma di mano da qualche attivista benpensante, già  me li sento: “Visto? Si possono promuovere, e vendere bene, giochi educativi e nonviolenti come questo, basta la volontà …”

Oggi mi interessava sottolineare la frase di Harrison come uno dei tanti piccoli segnali involontari del fatto che abbiamo perso il senso della misura riguardo all’affetto per le bestie e/o al rispetto degli ecosistemi.

Avete notato come in molti film il cliché hollywoodiano preveda il classico cane da salvare? No, dico, magari c’è una nave che affonda, o una guerra in corso, e decine di persone ci lasciano la pelle in maniera cruenta, ma poi la musica lacrimevole tutta archi e violini ci commuove per una lunga sequenza in cui l’amico a quattrozampe lotta per la salvezza e non si sa se ce la farà  (ma poi ce la fa, e in più soccorre eroicamente il padrone e/o degli scriteriati vari).

Il cagnetto mostra poi una intelligenza straordinaria, una simile prontezza di spirito vorreste davvero trovarla nel mondo reale in certi impiegati delle poste…ehm, non fate caso, quest’ultima frase non l’ho scritta io, dev’essere stato Blumudus ;-).

Il quale mi ricorda L’Orso di Jean Jacques Annaud, una pellicola di rara volgarità  che non ho avuto lo stomaco di guardare per più di 15 secondi, lanciata al successo da un regista che sa come confezionare bene dei prodotti ideologici privi di senso ma ricchi di emozioni malate e popolari.

Poveri orsi, ammazzati senza pietà dai cattivi cacciatori. Cattivi gli umani, cattivi!

Potremmo ancora citare i deliri dei film -per bambini e non- in cui ci si batte contro la perfidia degli scienziati vivisezionisti, e la coprotagonista è una scimmia liberata da un laboratorio di ricerca…

Ok, è umano che la morte del mio gatto mi impressioni più di un incidente stradale nel mio quartiere in cui muore uno sconosciuto, che però mi colpisce molto di più dell’esplosione di una fabbrica distante 500 chilometri dove a lasciarci la pelle sono in 16, che a sua volta è più interessante di un ciclone dall’altra parte del mondo con 600 vittime.

In quest’ottica, il cane del protagonista di una fiction conta di più perché è più vicino al centro della scena. Ma qui c’è dell’altro.

Stiamo perdendo il senso del valore dell’uomo, che non è solo e semplicemente un animale.

Come specie è logico che facciamo i nostri interessi, e non quelli delle altre specie. A meno che non servano anche a noi. Non è forse questo un concetto di una semplicità  disarmante?

Eppure c’è chi parla di “specismo”, riferendosi al discriminare i non umani. Ma favorisco gli umani? Me ne vanto!

Il singolo animale non ha un valore intrinseco, e questo è un fatto che la natura ci mette davanti ogni giorno: il dramma della morte cruenta di qualcuno è un buon pasto per qualcun altro. Guai a fingere che ogni bestiola sia da salvaguardare nella propria individualità. Specialmente considerando quante sono le cause degne di impegnare altrimenti il nostro tempo e denaro.

Ricordo con pena quel tentativo di salvataggio di un paio di balene intrappolate tra i ghiacci artici anni addietro, con grande spreco di risorse.

Qualche mese fa la settima ed ultima rete televisiva italiana (La 7) all’interno del telegiornale dell’ora di pranzo trasmise un servizio sull’investimento di un gatto e sulle cure veterinarie con cui venne salvato. Penso fosse un esperimento, per vederne l’effetto sui livelli di audience: non c’era nessuna notizia, solo l’ennesimo pulcioso gattaccio investito.

Credo che come esempi bastino. Non dev’essere difficile trovarne altri, magari per chi segue tv e giornali di altre nazioni.

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