La verità sui rifugiati

Cominciamo col discutere il diritto d’asilo politico in sé. Poi voglio passare al succo della questione, ovvero l’abuso della categoria generale di “rifugiato” per concedere il soggiorno (e negli anni la cittadinanza) a migranti che non ne avrebbero titolo.

E’ straordinario quanta poca attenzione venga riservata al significato ed alle procedure di richiesta di asilo. The elephant in the room direbbero gli Inglesi: una roba ingombrante, sotto gli occhi di tutti, ma che si evita di discutere perché creerebbe imbarazzi.
Eppure -per anticipare quel che troverete in questo articolo- basta poco per scoprire che si garantisce oggi la protezione tanto a chi dice di fuggire da un determinato gruppo terroristico, quanto a chi ne fa parte (o meglio è “iscritto”, nel burocratese buonista).
O che il fatto di rischiare la vita per venire in Italia è cosa buona perché aumenta le probabilità di rimanere.
O ancora scoprire che per ottenere una protezione temporanea (teoricamente seguita da un rimpatrio) conta il dimostrare di volersi inserire nella società italiana…

 

Tra l’altro nel leggere quanto segue potrete apprezzare il fatto che utilizzo ragionamenti semplici e lineari. Ma è proprio necessario sottolineare l’ovvio? Non sto perdendo tempo? Apparentemente no. A questo siamo arrivati: bisogna combattere contro chi nega l’evidenza.

Andiamo con ordine. Si chiama asilo politico.

Non si chiama asilo bellico, tantomeno asilo economico.

E’ una istituzione che risponde a criteri fondamentali di giustizia. Ma deve fare i conti con la concretezza del reale. E soprattutto non può essere forzato a diventare qualcosa d’altro.

"welcome asylum seekers and refugees"

Per favore, oh, per favore, guardate le facce! (Manifestazione pro rifugiati a Melbourne, Australia, dove la politica di respingimento è stata molto severa). Photo by Takver (CC BY-SA 2.0)

Vediamo infatti.

 

Prendiamo il caso della Svizzera durante la Seconda Guerra Mondiale.

Dal 1940 al 1944 erano circondati. L’intera Europa Continentale tutt’attorno alla piccola Confederazione era teatro di guerra o parte dei territori occupati dai nazifascisti.
A quanti profughi da terre martoriate avrebbero dovuto dare ricovero? Anche non volessimo considerare la Penisola Iberica con i suoi regimi autoritari -formalmente neutrali- e l’orribile URSS, e pure ignorassimo parti del mondo più distanti ma afflitte da guerre e ingiustizie come l’Africa… beh, secondo l’interpretazione del diritto di asilo in voga oggi, gli Svizzeri avrebbero comunque dovuto sentirsi obbligati ad accogliere chiunque si presentasse al confine, se non altro in nome del salvare loro la vita. Avrebbero dovuto prendersi in casa l’intero continente!

Oltretutto: dato che oggi si dà per scontato che chiunque provenga dalla Siria in guerra debba ottenere di trasferirsi definitivamente qui, di fatto stiamo accettando come futuri cittadini d’Europa migliaia di Musulmani dichiaratamente a favore dell’Isis, ovvero di chi teoricamente sarebbe causa della loro fuga nonché determinato a sottometterci tutti, se solo ne avesse l’opportunità.
Siamo pazzi.
Basta poi un po’ di realismo (considerando i risultati di svariati sondaggi di opinione) per capire che come minimo una maggioranza degli altri Musulmani, quelli non apertamente “Islamisti”, sosterrebbe comunque un movimento per la conquista islamica dell’Europa; nella migliore delle ipotesi non farebbe resistenza.
Immaginatevi gli Svizzeri di allora, ad accogliere una immigrazione in massa dalla Germania, compresi molti fanatici nazisti, in ragione del fatto che, povera gente, bisognava proteggerli dagli orrori della guerra!
Chi è che non la chiamerebbe una invasione?

 

Non può esistere un diritto di asilo dalle guerre.
Non parliamo poi dell’assurda lotta contro le “discriminazioni” che costringe a ignorare la differenza tra aggressori e vittime, o che impedisce di identificare una categoria di persone come oggettivamente pericolose per la tua comunità.

L’asilo politico è stato pensato per proteggere alcuni casi limite, come gli attivisti politici che si oppongono ad un regime oppressivo, con coerenza esteso a interi gruppi di persone oggetto di violenza o repressione per ragioni sociali, di appartenenza religiosa o etnica.
Come ad esempio gli Ebrei nella Germania di Hitler.

Ecco, torniamo in argomento. Migliaia di loro cercarono rifugio in Svizzera.
Alcuni ci riuscirono (più della metà), ma senza essere riconosciuti come rifugiati, altri (tra 10 e 24mila?) vennero bloccati e respinti.
Se le autorità elvetiche avessero permesso il passaggio, probabilmente molti più Ebrei avrebbero raggiunto il paese alpino. Scampando ai campi di concentramento!

Dunque abbiamo di fronte un buon esempio, da manuale, in cui sarebbe da applicare il diritto di asilo. Anche se i trattati al riguardo -a cui oggi ci atteniamo- sono del 1951 e del 1967, il concetto generale è noto dall’antichità e già durante l’ultima guerra si poteva riconoscere il dovere fondamentale di salvare quelle vite. Che fosse in nome della giustizia, o dell’umanesimo, o del dovere cristiano di trattare i prossimi come fratelli…

Ma dobbiamo anche tenere conto delle ragioni degli Svizzeri: rimanere neutrali, al punto da non aiutare le vittime del Nazismo.

Fu quasi un caso, in effetti, che non vennero attaccati e sconfitti dai Tedeschi. I piani di invasione erano pronti.

Per quanto nobili, i principi non possono essere applicati senza tenere conto delle conseguenze pratiche e della fattibilità.

Pretendereste da un amico che corresse a salvare degli estranei, se per farlo fosse costretto ad attraversare una radura sotto il fuoco dei cecchini?

La Svizzera sarà sempre ricordata come una delle nazioni che si rifiutarono di aiutare profughi ebrei. Ma d’altra parte non possiamo tranciare giudizi con tanta facilità. Troppo facile giudicare da lontano.

 

Un approccio realistico alle emergenze di oggi. La Siria.

L’asilo non è per proteggere dalla guerra, dicevamo. Ma anche di fronte a tumulti, oppressione, guerre civili o piani di sterminio di intere popolazioni non è così semplice mettere in pratica gli imperativi morali.
Oltretutto i bei principi non si possono applicare solo ai casi che piacciono ai media, o solo alle pochissime persone che riescono a giungere nel mondo civile attraverso un lungo viaggio nelle mani di criminali, tra mille pericoli.

Interagire con il contesto. Se la tua nazione è in grado di garantire l’asilo -come diritto- a più di un pugno di persone, dovrebbe essere anche in grado di intervenire in altra forma, come una missione militare, per bloccare o tamponare le cause della fuga.
Per lo stesso motivo, quando ci siano situazioni di grave conflitto o disagio in una regione, è tuo dovere, prima di ogni altro intervento compreso l’asilo a chi voglia trasferirsi da te, il far sì che il numero massimo di persone siano messe in sicurezza, ricollocate solo temporaneamente, dando loro modo di tornare un giorno a casa, e solo in subordine spostate definitivamente ma per la distanza più breve possibile, rimanendo nella stessa regione.
L’asilo in un altro continente dovrebbe essere solo un’eccezione, l’ultima possibilità della lista. Tra l’altro in questo modo non si destabilizzerebbe la nazione di arrivo con un eccessivo influsso di rifugiati.

Per capirci, e tornano dunque all’esempio molto attuale della Siria.
La prima cosa da fare è sempre cercare di bloccare gli aggressori, fermare le guerre, se del caso anche attivamente.
Bombardare l’Isis è molto più ammirevole, nobile ed umanitario che accogliere dei Siriani in Italia e tenergli dei corsi di Italiano perché si integrino. (E questo senza considerare i rischi del viaggio e il lucroso traffico di carne umana.)
E’ vero che in questo modo si aiuta il regime di Bashar Assad.

Ma se si vuole essere i buoni 

1. ci si assumono delle responsabilità. Anche di sporcarsi le mani col rischio di passare dalla parte dei cattivi.
Certo, con Assad che riguadagna potere potrebbero esserci conseguenze negative ed è ingenuo descriverne il regno-presidenza a tinte rosee, ma qualunque decisione, anche l’accogliere dei profughi in massa, comporta rischi notevoli.
Già la situazione in Siria sta migliorando, riaprono i ristoranti e si torna, come si può, alla vita di prima, avendo il regime ormai quasi concluso la guerra contro i ribelli islamisti.
Disgraziatamente i governi occidentali hanno fatto l’esatto contrario di quel che sembrerebbe saggio: foraggiare questi ultimi aumentando odio e distruzione, dare qualche punzecchiatura militare significativa al governo siriano legittimo in modo da contribuire a destabilizzare la regione (ed anche i rapporti con l’alleata Russia) ed ancora oggi sottoporre la popolazione ad un inutile e dannoso embargo economico.

2. In subordine dovremmo fare pressione sui ricchi stati arabi del Golfo perché facciano la loro parte accogliendo i profughi di cultura simile alla loro. Che la smettano di fare finta di niente, non assumersi alcun onere ed anzi finanziare moschee fondamentaliste in Europa per attuare la radicalizzazione dei migranti islamici, volentieri mandati a colonizzarci.
Anche qui, ribadisco: essendo questa appena suggerita una soluzione migliore, è più giusta e nobile dell’accogliere noi direttamente.
Infatti la bontà di una scelta non dipende dal nostro egocentrico cercare di zittire sensi di colpa.

 

Precisazione riguardo ad un mio presunto cinismo, dato dal preferire le azioni di guerra ad una accoglienza per i rifugiati: da obiettore di coscienza molti anni fa ho deciso di lasciare un segno rifiutandomi di usare le armi. Onestamente non so se oggi prenderei la stessa decisione. Ma ho sempre considerato la nonviolenza una opzione dura, per pochi, che non deve mai porsi come ostacolo a chi parallelamente si prende carico di una giusta azione di difesa -e logicamente lo fa attraverso l’uso della forza.
Se dunque per scelta personale non intendo imbracciare armi e potrei pagarne le conseguenze, come osservatore di fatti internazionali non posso e non voglio appiattirmi sull’utopico pacifismo che non mi appartiene ma che tanti danni ha fatto, disarmando o frenando i buoni -OK, diciamo i meno peggio- e lasciando campo libero a mostri sanguinari.

 

E ricordate: se si stabilisce un processo automatico per l’asilo di massa, ignorando fattibilità, motivazioni di chi ha creato la crisi e probabili conseguenze a lungo termine, si rischia di diventare strumenti di un piano di pulizia etnica.
Infatti guardate che bel quadretto: se inizi a perseguitare una minoranza puoi contare sul fatto che scappino in Occidente e lì si stabiliscano, eliminando il problema. E dato che le anime belle del Vecchio Continente aborriscono il ricorso alle armi, non reagiranno militarmente facendotela pagare (perlomeno se i pacifisti mantengono la loro capacità di influenzare).
Un magnifico regalo ai peggiori.

 

Prendiamo il caso della Nigeria (200 milioni di abitanti).

Mentre si sprecano le copertine e le prime pagine sul dramma dei barconi nel Mediterraneo, pochissimo si parla, e solo da parte di media alternativi, della continua mattanza di cristiani da parte degli islamisti che si spingono man mano sempre più a sud, estendendo il loro controllo (basato sulla paura e sui villaggi distrutti ed incendiati) nella zona centrale della Nigeria.
E’ accettabile rimanere spettatori distaccati?

Accogliere una manciata di nigeriani che hanno affrontato un viaggio lunghissimo per giungere in Europa non risolve nulla nella loro patria.
Ma anche ci sobbarcassimo svariati milioni di profughi da un mondo tanto distante? L’approccio indiscriminato -preferito dalla sinistra- porterebbe ad accogliere gente che viene dal sud del paese, più ricco, non minacciati ma magari già benestanti ed ambiziosi di migliorare la propria posizione. Oppure accoglieremmo tanto le vittime quanto i persecutori. (E pur volendo scremare, non è facile scoprire chi è sincero e chi finge.)
Ma quand’anche si volessero accogliere solo i veri perseguitati, in questo caso i cristiani delle zone a rischio, perché farne una via d’uscita definitiva? Non dovrebbero invece preferibilmente spostarsi solo all’interno del paese, reagire anche con le armi, sperare di tornare? Dobbiamo darla vinta ai fanatici islamici di Boko Haram?

 

No, l’asilo politico non è una scorciatoia per nulla. Quando non utilizzato per casi particolari, è solo un modo comodo per chiedere ai propri governi di fare qualcosa senza sporcarsi le mani.

 

Chiedono asilo per tutti ma ragionano come all’asilo.

pro-immigrant protester in Melbourne. Dimostrante pro-immigrati a Melbourne.

“Immigrato illegale richiedente asilo è un ossimoro. Tutti hanno il diritto di richiedere asilo.” Photo by Takver (CC BY-SA 2.0)

Prendete questa dimostrante. Il cartello dice che tutti hanno il diritto di chiedere asilo.

Ma ha senso?
Partiamo dal presupposto che non si voglia giocare sporco (es. inoltrare la domanda e poi rendersi irreperibili).
Se questo tipo di protezione non ti spetta, che senso ha cercare di ottenerla? Sarebbe solo una perdita di tempo.
Se si cerca di sfuggire a persecuzioni questo dovrebbe essere un fatto concreto, non opinabile.
Non si tratta di tentare e vedere se va, come fosse una lotteria. Non dovrebbero infatti cambiare i giudizi secondo l’ideologia del giudice.

Ecco dunque il ragionamento dietro a queste prese di posizione: tutti gli stranieri che arrivano dovrebbero ottenere asilo. Ma dato che questa idea non è neanche presentabile, la si protegge dietro alla foglia di fico del dare loro una possibilità.

 

Approccio per molti versi sovrapponibile al sinistro sempreverde “È ora di mettere in discussione X”, ove -in apparenza- se non siete disposti a farlo siete nemici del dialogo. In realtà l’obiettivo (già pianificato ed immodificabile) è quello di ottenere necessariamente un ribaltamento totale delle leggi riguardo ad X.
Il bello di questa tattica: mettere al centro il dialogo sul diritto di mettere in discussione in modo da evitare di affrontare i contenuti, sui quali non si riuscirebbe ad ottenere ragione.
Una volta preso possesso del campo si cambia X come desiderato, subito dopo si dichiara che la questione è ormai risolta in maniera definitiva e non può essere messa di nuovo in discussione. Un bel trucco diabolico. Impedire ogni confronto in nome del confronto.

Analogamente qui: aprire all’asilo per tutti, unica opzione possibile, da realizzare impedendo un ragionamento su cosa sia l’asilo.

 

L’asilo come lusso

Siamo molto generosi coi migranti, e forse è giusto visto che le nostre società sono diventate molto ricche.
Il nostro sistema di welfare, basato su livelli insostenibili di debito pubblico, ci ha regalato l’illusione che sia possibile garantire a tutti elargizioni e benefici in quantità, magicamente senza doverne pagare il prezzo.
Ci sentiremmo egoisti se non spendessimo anche a favore dei meno fortunati che -senza averne colpa- sono nati in un altro continente.

Te la possono raccontare come l’applicazione di un criterio di giustizia, ma in realtà si tratterebbe di generosità.
Ma non aspettatevi che questo atteggiamento aperto persista se quando crollerà l’economia mondiale, schiacciata dal peso dei debiti.

Ecco il tragico che emerge: la gente non rimane fredda ed obiettiva di fronte ad una crisi. Quando cominceranno i guai seri noi Europei diventeremo astiosi e vendicativi, l’ombra di ciò che eravamo. Specialmente considerando che siamo già accusati ingiustamente di essere xenofobi. Se continuate a gridare “Al lupo!” denunciando il razzismo, alla fine quegli orribili razzisti si materializzeranno.

 

Invece di veder riconosciuto il fatto che
1. la nostra società ha avuto un successo straordinario, le loro invece non funzionano (altrimenti non scapperebbero per venire qui!), dunque c’è qualcosa che non va nelle loro culture;
2. dovrebbero mostrarsi grati per le opportunità offerte;

siamo ostaggi di una finzione secondo cui:
1a. la nostra cultura merita di essere demolita, inoltre è la causa prima dei loro problemi; dobbiamo invece proteggere e sostenere le loro culture, trasformando la nostra società di conseguenza;
2a. hanno diritto a tutti i benefici possibili; qualunque resistenza, rimostranza per l’ingratitudine dei migranti, timore per l’aumento dei crimini non sono altro che prove del nostro razzismo.

Come volete vada a finire?

 

Per tornare all’esempio della II Guerra Mondiale, ricordiamo le migliaia di cittadini dell’URSS o di paesi dell’Est occupati dai Sovietici che si trovavano in Occidente alla fine della guerra e che vennero rispediti dall’altra parte, pur sapendo che il loro destino era segnato.

Alcuni vennero addirittura caricati su treni piombati per impedire loro di fuggire.
Altro che diritto di asilo! Questo è quello che succede quando opportunità politica, debolezze, alleanze consigliano di infischiarsene delle vite di milioni di persone.

Non fingiamo che il mondo possa essere regolato da giuristi ed appelli alla solidarietà. Alla radice del diritto internazionale sta la vecchia legge del più forte.

Avere consapevolezza di questi limiti e porsi degli obiettivi più realistici può aiutare almeno a ridurre i danni. Senza tirare troppo la corda.

 

Qualcuno ha fatto una osservazione particolarmente acuta: la cultura progressista realizza un pazzesco rovesciamento dell’ordine delle priorità.
I principi morali ed i valori universali che hanno un senso solo quando vengono applicati a tutta la società vengono ridefiniti come una scelta puramente personale, quindi del tutto facoltativa.
Al contrario gli atteggiamenti che per definizione sono espressione di un individuo, come la compassione, sono stati trasformati in imperativi assoluti, da far applicare ad entità impersonali come gli stati.
Ecco dunque che il diritto, la cittadinanza, la difesa dei confini sono relativizzati, al contrario il dovere di accogliere diventa assoluto ed indiscutibile.

 

Gli altri asili: la protezione sussidiaria

I trattati dell’ONU che definiscono lo status di rifugiato limitano l’applicazione solo agli individui espressamente oggetto di persecuzione. A molti questa sembra una restrizione eccessiva, perciò l’Unione Europea ha creato la Protezione Sussidiaria: opportunità offerta per un numero più ampio di casi, tra cui il fondato timore di subire in patria punizioni o trattamenti inumani, oppure i rischi derivanti da guerre (anche guerre civili). Protezione che potrebbe essere revocata -in teoria- al cessare della situazione di pericolo (p.es. la guerra termina).

Questa misura viene applicata spesso a chi sta fuggendo dalle autorità giudiziarie del proprio paese, a meno che non abbia commesso crimini gravi o comunque sia considerato un pericolo per la società (sarebbero perciò esclusi i terroristi, ma tanto i terroristi già noti non si presentano a chiedere asilo, quelli non noti non vengono a dire a te di esserlo).

È importante capire che in questo modo diventa possibile ottenere il permesso di soggiorno per motivi banali o inventandosi una storia: ad esempio basta asserire di essere stati accusati ingiustamente di furto.
Se, come praticamente sempre, si proviene da un paese non adeguatamente sviluppato, esisterebbe infatti il rischio di cadere vittima di un sistema penale non all’altezza delle garanzie processuali e trattamenti carcerari tipici dell’Occidente.
Dunque con un pizzico di furbizia si ottiene la protezione. Notate che è impensabile indagare sul reato minore asserito (e certo nessuno si presenta: “scappo perché ho ammazzato il vicino di casa col machete”), quindi che la storia sia di fantasia, che si tratti di un innocente ingiustamente accusato o al contrario di un vero ladro, fa lo stesso.

In un’altra ordinanza presa a caso trovo una formula tipica di questi provvedimenti: il giudice ritiene

veritiera la vicenda narrata dal richiedente, anche se non suffragata da riscontri esterni, in quanto il racconto è stato sufficientemente circostanziato nonché coerente e plausibile

Capito? Basta saper raccontare bene una storia.

Beninteso, non voglio dire che queste storie siano tutte false; perlomeno credo che le più abbiano almeno un fondo di verità. E capisco anche le difficoltà insormontabili di chi viene chiamato a giudicare su basi molto effimere. Ma non fingiamo che sia tutto oro quello che non luccica.

 

Gli altri asili: la protezione umanitaria

Questo ulteriore grado di protezione viene riservato a chi, pur non rientrando nelle due categorie precedenti, ottiene un permesso di soggiorno solo temporaneo per “gravi motivi di carattere umanitario”.
Categoria molto generica che può comprendere un po’ di tutto, persino il migrante che fugge dal mitico riscaldamento globale…
Ed è una forma di aiuto che è quasi sconosciuta fuori dall’Italia. Il che non è significativo solamente per noi Italiani: siamo stati negli ultimi anni la porta d’ingresso per l’Europa.
Provvedimento temporaneo abbiamo detto. Come dite? Non verrano espulsi comunque? A pensar male ci si azzecca?

 

Leggendo una ordinanza presa a caso rimango colpito dalla presentazione, simile ad altre: un vago quadro di generale disagio, in cui si sommano elementi disparati che possono andare dalla giovane età, a problemi di salute, a mancanza di legami familiari, alla povertà del paese d’origine…
Questa nuvola di carica umanitaria, indeterminata come la posizione di un elettrone nell’atomo, permette di fatto di rendere il contenuto inattaccabile dalle critiche o suscettibile di revoca, non avendo un riscontro preciso a cui eventualmente appigliarsi. È chiaro però che qui si sta parlando dei cosiddetti migranti economici.
Ricordiamo la massima: tutta l’Africa in Italia fisicamente non ci sta (becera, vero?)

Rientrano singolarmente tra le motivazioni per questa protezione anche
A. le sofferenze e le difficoltà patite durante il viaggio, così come
B. il fatto che

il ricorrente ha dimostrato di aver intrapreso in Italia un significativo percorso di integrazione sociale, avendo collaborato attivamente alle occasioni di reinserimento a lui offerte dagli enti locali e dalle associazioni del volontariato

Capito?
A. Paradossalmente per il migrante è un bene rischiare la vita attraverso il deserto, passare mesi in zona di guerra tra criminali in Libia, infine sfiorare l’annegamento nel Mediterraneo: ecché, vuoi rimandare a casa uno che ha affrontato tutte queste peripezie? Pare brutto.

Ancora una volta la madre pietosa fa la piaga purulenta. Per fare il bene si incentivano i mali di cui potersi dichiarare vittima.

B. Non è forse una beffa che si consideri ragione valida per una misura di aiuto che sarebbe intesa come provvisoria, da 6 mesi a 2 anni, il semplice fatto che -a detta degli attivisti ed operatori che con gli immigrati ci campano- il soggetto si starebbe già integrando nella sua nuova patria?
Dopo qualche anno di ulteriore cammino di inserimento sarà dunque maturo per esser finalmente rimandato indietro?

E poi fatemi capire: da clandestino hai diritto alla protezione che ti porterà a rimanere stabilmente perché hai delle generiche difficoltà e perché, una volta piazzato in un centro di accoglienza, invece di stare tutto il giorno a fare niente hai accettato di presenziare a dei corsi? Che ci vuole? Piuttosto che annoiarsi! Le giornate sono lunghe.

 

Di queste cose non si parla

Con questo impianto normativo e con le espulsioni solo sulla carta, unite ad un quadro generale di rassegnata accettazione o di entusiastica promozione della ondata migratoria, fino ad oggi chiunque non rientrava nelle categorie protette da uno dei provvedimenti visti sopra, comunque aveva modo di rimanere da clandestino, persino se pluripreguidicato e considerato pericoloso.
A maggior ragione ottenere un riconoscimento di protezione significa avere le spalle coperte e poter rimanere a vita nella UE, spesso facendosi raggiungere dalla famiglia.
Le maglie sono diventate ormai sempre più larghe.
E la situazione in altri paesi europei non era particolarmente diversa. Vediamo cosa succederà coi venti nuovi di Salvini, Orban & Co.

 

È impressionante, facendo una ricerca in rete, osservare il numero dei siti dai nomi suggestivi come Progetto Melting Pot dedicati al sostegno al fenomeno migratorio; associazioni e gruppi mai sentiti ma capaci di fornire abbondante materiale sull’argomento, documentazione utile per presentare le domande, editoriali intrisi di attivismo, notizie a tema eccetera.

Un mondo. Però praticamente invisibile ai più.
Tante persone preparate e tanto lavoro dietro, senza avversari, senza contraddittorio. Di questioni di asilo se ne occupano praticamente solo loro, i bravi no profit che farebbero carte false per massimizzare il numero di rifugiati.
Quelli che se anche uno è clandestino è lo stesso, e se pure ha commesso crimini va capito
.

Ovviamente queste associazioni lamentano il numero troppo elevato di dinieghi. Secondo loro il sistema sarebbe troppo fiscale.

 

Ho cercato di non occuparmi delle domande di asilo politico in senso proprio, essendo di solito questioni delicate che richiederebbero una conoscenza approfondita dei casi ed il parere di un giurista. Permettetemi però una piccola nota al riguardo.
In questo caso, riconoscimento dello status di rifugiato ad un omosessuale fuggito dalla Nigeria, si associano alle giuste considerazioni sul rischio di carcerazione una serie di affermazioni avventate, che dimostrano la pericolosa piega che sta prendendo il nostro orientamento giuridico:

a parere del giudicante, la stigmatizzazione sociale che consegue alla scoperta di orientamenti sessuali non ritenuti ortodossi in paesi omofobi, costituisce di per sé e quindi a prescindere dal concreto ed attuale rischio di incriminazione, condotta persecutoria idonea a far sorgere il diritto alla massima forma di protezione.

 

Pensate cosa potrà significare per una civiltà il considerare la cosiddetta omofobia, più o meno circostanziata, equiparabile alle peggiori forme di persecuzione. Tutto sancito dal potere e dall’autorevolezza dei giudici.

 

Proteggere anche se la storia raccontata non convince

Ma davvero ad ogni timido tentativo di scavare saltano fuori esempi imbarazzanti.
Roba che se invece che questo piccolo orsacchiotto senza importanza avesse voluto occuparsene qualche testata di peso, con altri mezzi…

In certi casi scopri che la scusa del viaggio troppo periglioso ottiene addirittura la protezione sussidiaria: perché una donna che compie la follia “consapevolmente o no” di attraversare  l’Africa subsahariana “dove per una donna sola la sopravvivenza è quasi un miracolo” (testuale!), non si può proprio mandarla indietro…

Notate che non si parla di barconi: i rischi e le violenze sono già a monte, con buona pace di chi pensa che basterebbe lasciare che le ONG andassero a caricarsi i migranti direttamente sulle spiagge libiche per essere tutti contenti.

Protezione accordata, attenzione,

pur considerando il suo racconto non verosimile e poco dettagliato per quanto riguardo il suo coinvolgimento del traffico di esseri umani ai fini dello sfruttamento sessuale

Ovvero: i traffici e gli stupri ci sono, ma sono una buona ragione per alimentare indirettamente questo stato di cose, dato che noi premiamo chi vi si espone.
E diamo l’OK persino quando non crediamo la richiedente stia raccontando la verità!

 

Proteggendo (e portandosi in casa) i due litiganti, il terzo non gode.

Si finisce nel tragicomico (più tragico in realtà) quando si raffrontano questi due casi di cittadini nigeriani:
Caso A, protezione sussidiaria accordata: fuggito perché minacciato dal gruppo armato Niger Delta Avengers.
Caso B, asilo politico accordato:  fuggito perché “iscritto” (sic!) al gruppo Niger Delta Avengers.

Iscritto… avrà compilato un modulo?
Ah no, suo zio è uno dei leader locali di questo nuovo gruppuscolo: i Vendicatori del Delta del fiume Niger.
Combattono contro il governo attaccando i pozzi, rapiscono dipendenti di compagnie petrolifere. So’ ragazzi, checcevoffà.
Siccome la Nigeria è enorme ma mette assieme regioni e gruppi etnici naturalmente portati a dividersi ed entrare in conflitto, la scoperta di ricchi giacimenti di petrolio sulla costa è malvisto da questi locali, tradizionalmente pescatori, che cercano di bloccare l’estrazione e/o il trasferimento di ricchezza al resto del paese. Peggio dei Leghisti, insomma. Potremmo ben definirli terroristi! Ma anche no, basta che ci butti un po’ di retorica ecologista sull’inquinamento, metti in evidenza la corruzione del governo centrale…

Del resto l’altro richiedente, il perseguitato dagli stessi terroristi, potrebbe essersi inventato la storia.
Se abiti sulla costa e cerchi di passare per uno che fugge da Boko Haram nel Nord… beh, ti sgamano facilmente, non conosci i luoghi e le lingue di là. Ma per fortuna un po’ di rastrellamenti di polizia e qualche rapimento garantiscono che anche a Sud ci sia una situazione di rischio a cui appigliarsi.

Sia come sia, la cosa importante è che si accolgono entrambi i richiedenti, pur nemici, evidentemente sperando che si lascino tutto alle spalle…

Com’è possibile pensare di risolvere in questo modo?
Certo, le due ordinanze provengono da tribunali differenti. Ma che si fa? Importiamo i conflitti, ricostituiamo in Europa le divisioni tribali dei paesi da cui si fugge proprio per questo?

 

Tiriamo le somme: giocare con le statistiche, quanti sono i veri rifugiati

Nei grandi media si parla preferibilmente solo di rifugiati per coprire l’intero fenomeno migratorio: in questo modo fanno da scudo alle critiche rispetto ad una gestione fallimentare, che parte dal giustificare a priori i comportamenti illegali e porterebbe ad accogliere un numero insostenibile di extracomunitari.

Vediamo invece i numeri. Dati del Ministero dell’Interno.

Esiti in % 2016 2017
Rifugiati 5 8
Protezione sussidiaria 14 8
Protezione umanitaria 21 25
Domanda respinta 60 58

I rifugiati sono una esigua minoranza. Gli altri tipi di protezione sono delle forzature.
Da notare che sempre secondo i dati del ministero almeno per l’Italia i richiedenti asilo da zone veramente martoriate da guerre, come la Siria, sono pochissimi.

Se la politica dei respingimenti fosse seria, e se per esaminare le domande si operasse solo da centri vicini ai problemi perché sparsi in vari paesi (ad esempio i consolati in Africa) si potrebbe tagliare il traffico di esseri umani, ridurre quasi a zero le morti e le violenze dovute a questi spostamenti, garantire adeguata protezione a quel 10% o giù di lì di richieste che, perlomeno secondo il metro generoso attuale, meritano accoglimento. Evitando oltretutto di lasciarli in pasto alla criminalità organizzata, come avviene quando si cronicizza una illegalità tollerata (pensiamo alle migranti nigeriane, avviate alla prostituzione in schiacciante maggioranza!).

Nello stesso tempo i nuovi arrivi sarebbero in numero contenuto, abbastanza facilmente assorbibili nella società di arrivo.

Ma come detto sarebbe prioritario gestire le crisi in loco, privilegiando ritorni e ricollocamenti non traumatici.

Una nuova politica di gestione delle crisi dovrebbe anche rompere con la scelta pretestuosa di non discriminare.
Abbiamo letto come nel pieno della crisi in Siria la stragrande maggioranza dei profughi giunti in Europa da quelle terre fossero musulmani, nonostante il rischio ben maggiore per i Cristiani, perché le persecuzioni proseguivano fin dentro i campi profughi di UNHCR, quindi i Cristiani erano mantenuti ai margini, a cavarsela da soli.

 

Ecco, no, è giusto discriminare. Nella maniera corretta.
Aumentiamo gli arrivi di chi desidera andarsene da zone a rischio perché perseguitato e non vede altre vie di uscita, andandoceli a prendere se è il caso, invece di accogliere quelli che hanno i mezzi per fare migliaia di chilometri da soli.
Così salveremo alcune minoranze religiose in Medio Oriente, tra l’altro. Inclusi molti Cristiani.

Dovremmo oltretutto privilegiare in maniera netta, tale da essere evidente a tutti, l’accoglienza di profughi cristiani in Europa. Come detto, se si vuole nei paesi islamici ricchi il posto per un numero anche enorme di profughi correligionari c’è.
Realismo, dicevamo: deve essere possibile una integrazione. Certo, se rinneghiamo le nostre radici altro che integrare gli altri, ci stiamo già disintegrando da noi…

 

 

Aggiornamenti.

1. L’Austria segue la mia idea. 2. Poi prendiamocela in ridere.

1. Proprio come avevo suggerito io, l’Austria, nuovo presidente di turno della UE, sta portando avanti una proposta per accogliere le domande di asilo solo fuori dall’UE. Questo stopperebbe gran parte del traffico di esseri umani. Certamente non è una proposta semplice da attuare né priva di rischi.

2. Un caso sconcertante a conferma della mia ricerca: ben poca obiettività da parte di chi esamina le domande di protezione.
Un immigrato, beneficiario di protezione umanitaria per motivi di salute, si ferisce durante uno scontro con la polizia. Gli agenti temono sia contagioso e si informano sulla natura della malattia che gli ha permesso di rimanere in Italia.
E’ affetto, nientemeno, da meteorismo e flatulenza…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *