Pseudo-Omelie Di Un Laico -8- Il dito di Tommaso

II DOMENICA DI PASQUA o della Divina Misericordia (ANNO A)

Caravaggio, l'Incredulità di San Tommaso

«Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!».

 

Tagliato in questo punto fa un effetto diverso, no? Intendo: rispetto a quando tutta l’attenzione delle meditazioni sul testo cade sul “voler toccare con mano”.

Mi serviva mettere in evidenza questa che secondo me è la kryptonite per i Testimoni di Geova (che, voglio ricordare, negano la divinità di Gesù): San Tommaso che chiama Gesù Cristo “Dio”, e Gesù si guarda bene dal correggerlo, anzi…
Negli anni ho avuto molte occasioni di dibattere con i Geovisti, ma la volta che a casa mia, ai soliti due ho presentato questo passaggio e li ho un po’ incalzati, quelli improvvisamente si sono ricordati di essere in ritardo (dovevano proprio andare), e sono spariti, mai più ritornati anche dopo anni. Evidentemente avevano lasciato una indicazione precisa anche per i colleghi di predicazione: indirizzo da evitare.

Attenzione: non è che io mi faccia soverchie illusioni riguardo alla mia capacità di interpretare correttamente uno scritto biblico, specialmente considerando che non conosco il greco. Ma ho un certo quale vantaggio rispetto agli scettici/demolitori o ai seguaci di nuove religioni, per quanto eruditi. Sto difendendo la tradizione!
Ovvero l’interpretazione del testo che ci proviene attraverso una catena di persone motivate (spesso, pagando con la vita per la loro testimonianza) dai tempi apostolici: quando la lingua, e crucialmente il modo di utilizzarla che varia secondo luoghi ed epoche, erano quelli. E soprattutto vivevano, respiravano, la vita e il pensiero di gente molto vicina a Gesù, agli Apostoli, agli Evangelisti.
C’è una intera comunità che si convince di cose ben definite, come la divinità di Gesù.
Quando Tommaso chiama il Maestro “Signore” (Kyrios) e “Dio” (Theos), la Chiesa nascente capisce proprio quello che capiamo anche noi.
E certuni mi vogliono raccontare che si erano tutti sbagliati, sarebbe stato solo un colossale equivoco, e dopo secoli finalmente sono arrivati quelli bravi, a spiegarci come invece andasse interpretato il testo? Oh, ci dicono, ma quelle parole possono avere anche un altro significato!
Dico, un fraintendimento così disastroso sarebbe già indigeribile per un ateo, che dopotutto può osservare come ragiona la gente e concordare sulla scarsa plausibilità di una interpretazione fantasiosa. Ma peggio, molti critici qui sono anche credenti in (una qualche versione di) Dio: dunque per loro non solo avrebbe prevalso un errore così grossolano, prendere per Dio uno (profeta?) che non lo era. Ma avrebbe prevalso nonostante l’onnipotenza di Dio stesso! Quindi, di che si tratterebbe, di un Dio burlone e fondamentalmente malvagio, che si diverte ad ingannarci lasciandoci prendere fischi per fiaschi, oppure di un Dio limitato, incapace, che vorrebbe dare un bel messaggio chiaro ma rimane vittima (!) di una serie di equivoci? Non quaglia. Non scherziamo.
(In effetti per i Musulmani, assurdamente, va così: Gesù per loro non è Dio, ma Dio è il più grande ingannatore, e ha fatto in modo che i Cristiani venissero portati, in buona fede, ad adorare Gesù come un dio, così rendendosi colpevoli del peggiore atto di blasfemia).

 

Tornare pedantemente sulle parole

Kyrios significa Signore, e può essere, come per noi, un appellativo che indica particolare rispetto, non solamente un termine associato a Dio. Ma il testo dei Vangeli è scritto in greco come la Septuaginta. La Septuaginta era la versione autoritativa dei libri dell’Antico Testamento per gli Ebrei che vivevano nel mondo ellenistico e magari parlavano poco l’ebraico. È anche il testo di riferimento per l’AT per i primi cristiani e gli autori del NT.
E nella Septuaginta si usa Kyrios per indicare Dio, al posto del Nome di Dio, il tetragramma sacro (che indichiamo approssimativamente nel nostro alfabeto come YHWH, e che doveva pronunciarsi qualcosa come Yahweh) che un pio Ebreo mai avrebbe potuto nominare. Infatti gli Ebrei quando leggevano usavano in sostituzione il termine Adonai, che di nuovo potremmo tradurre Signore, ogni volta che incontravano quelle 4 lettere che indicavano il Dio d’Israele. Quindi Kyrios corrisponde bene al termine ebraico normalmente utilizzato.

Ma in molte parti del NT si usa Kyrios, e in abbondanza, per riferirsi a Gesù!
Il critico dice: è un termine diverso originariamente: fai conto di leggerci qualcosa tipo “Maestro”, o anche “Rabbì”. Non bisogna confondere.

Ma mi facciano il piacere! Chi è che si esporrebbe in maniera così scriteriata ad un equivoco così sanguinoso? Mettere il lettore nelle condizioni di confondere un semplice profeta, un fondatore, un essere umano, anche se saggio e guida religiosa, con Dio stesso?
Qui non si sta parlando di curiosità linguistiche. Si tratta invece di autori che, usando una lingua franca che non era la loro, introducono dei termini, per essere compresi, che devono rendere bene un originale aramaico o ebraico. Hanno della libertà di azione: stanno costruendo lì per lì un vocabolario loro specifico! E hanno la bella trovata di usare la stessa parola per indicare il loro maestro e il Creatore dell’Universo?
Notate bene: guardacaso Dio ha voluto che questo tipo di identificazione, che oggi alcuni critici considerano abusiva, avvenisse in un ambiente, quello ebraico, persino esageratamente attento a non mancare di rispetto al nome di Dio, con una riverenza al limite della superstizione. Se c’è un popolo che non poteva accettare confusioni tra Dio ed un uomo, era proprio quello in cui è nato Gesù!

No, qui c’è un’evidenza solare; l’accostamento, la scelta delle parole, non è casuale. C’è un disegno, una convinzione, un voler riconoscere una natura divina e umana a Gesù che non nasce da teologie posteriori. Non hanno remore ad accostare Gesù a Dio proprio come i capi ebraici non avevano remore a volerlo crocifisso per lo stesso motivo!

Diffidate di quelli che vi vogliono convincere sia tutto un equivoco, perché prima o poi vi diranno, letteralmente, che Gesù Cristo è morto di freddo!

 

Anche sul secondo termine usato, Theos per dire Dio, c’è chi gioca, perché la parola in sé non è sempre e solo stata usata per indicare Dio. Ma nella Bibbia compare, oltre che per Yahweh Dio, per indicare i (falsi) dei dei pagani, o anche, in rari casi, per indicare persone che, come Mosè, in una situazione particolare sono così chiamati (direttamente da Dio!) come suoi rappresentanti, che portano la sua parola ed agiscono per suo conto.
Vedete come c’è sempre uno spiraglio per tergiversare e buttare la palla in tribuna, per chi non vuole credere? “Si poteva chiamare Dio anche un semplice inviato, rappresentante di Dio”, vi diranno. Ma è una mossa disperata, che una persona obiettiva non accoglie: il contesto è completamente diverso.

Un conto è Dio che dice a persone che hanno la carica di giudici: “Voi siete (come) dei”, e quel come tra parentesi che aggiungo non è abusivo, perché di metafora si tratta: gli dice che rappresentando il potere di giudicare fanno le veci di Dio stesso; ma poi procede a criticarli perché sono indegni del ruolo ricoperto.
Tutt’altra cosa è il discepolo che chiama con timore e meraviglia il proprio maestro Dio, dopo averlo visto signore della vita e della morte, concretamente!
Per maggiore conferma, il link indicato riporta un fatto che non conoscevo: nel passaggio di Esodo 21,6, il testo originale ebraico scrive “Dio” per indicare i giudici, ma la Septuaginta già corregge, per non creare confusione nella comprensione del testo a gente che è vicina al tempo di Gesù, scrivendo invece “il tribunale di Dio”. Cioè, nel concreto, abbiamo una conferma che anche lo stile letterario era cambiato, e nessuno si sognava di usare una parola così compromettente, che generava equivoci, per riferirsi ad una cosa diversa da Dio.
Ancora una volta: tutto si gioca sulle sottigliezze; ma una volta analizzate bene queste sottigliezze, il risultato è molto più solido ed affidabile di prima.

 

Non può essere solo un territorio di caccia per esegeti.

Credo qui si tocchi con mano quel che mi muove, il senso del cercare di ragionare su questi temi anche da non addetto ai lavori: mi pare evidente infatti che tra studiosi si voglia spesso, per partito preso, discutere di un concetto ignorando i collegamenti logici, il contesto più globale, le ragioni non circoscritte al singolo ambito specialistico. L’esperto, contro cui (secondo l’idea che va per la maggiore nei media) non si potrebbe muovere alcuna obiezione per principio, non avendo titoli equivalenti, spesso finisce per non voler guardare oltre il proprio naso. Si discute della plausbilità di una traduzione? Allora l’argomento è la lingua e la critica testuale, e al massimo si va un poco oltre, al contesto culturale tipico. Spezzetti alcune frasi e le vivisezioni, dimenticandoti di ciò che muove la gente nel profondo, del contesto storico, dei vincoli precisi dati dall’essere una pretesa rivelazione divina.

No, non possiamo stare al mondo senza porci i problemi.

Dobbiamo tentare di farci un’idea della verità, pescando a piene mani nella saggezza e poggiando su di una conoscenza più solida possibile.

Infatti, se non facciamo così e deleghiamo, ci saranno degli eruditi, pieni di conoscenza ma solitamente non di saggezza, che avranno il potere di definire la nostra realtà. E abuseranno di quel potere. E andranno dietro alle mode ideologiche: non saranno garanti di nulla, se non della propria gelosa rispettabilità.

 

Riassumendo:

questo Tommaso, dapprima incredulo, si trova davanti il suo maestro che dimostra di aver vinto la morte, di essere padrone della vita. È colpitissimo, risponde di getto con un’esclamazione. Lo chiama Signore e Dio, accostando, così rafforzandoli, due termini riferibili alla Divinità; eppure crede in un Dio geloso, rigidamente inquadrato nel monoteismo.

Fa così parte delle prime manifestazioni di una nuova fede, che per le radici che ha NON PUÒ prendere alla leggera una affermazione sulla divinità, eppure per Gesù l’afferma!
E da lì prosegue, per secoli, una comunità unita dal credere ad una serie di dogmi, di concetti difficili, che non nascono da una filosofia, ma dal cercare di dare un senso ad un insieme di avvenimenti difficili altrimenti da decifrare. Che ad esempio puntano sia a descrivere Gesù come un uomo, che ad affermarne la natura divina. Sia affiancandolo al Padre, che continuando ad affermare l’unicità di Dio.
Qeusta storia è complicata perché, a sentire noi Cristiani, si scopre che la natura di Dio è in sé complicata!
E dunque, per costringerci ad adattare il nostro pensiero ad una realtà sfuggente, evitando accuratamente di lasciarsi inquadrare nei nostri pensieri e nelle nostre aspettative sbagliate, il Cristo non poteva che presentarsi in questo modo: facendo arrivare poco a poco il messaggio, creando un complicato gioco di contrappesi. Inizialmente impedendo ai suoi di diffondere troppo presto la notizia che lui era il Cristo, il Messia atteso, ad esempio. È un gioco sottile perché gli è necessario impedire ogni deformazione: chi cadrebbe nel politeismo e nelle superstizioni, chi non riuscirebbe a distinguerlo dal Padre; chi lo prenderebbe per un puro e semplice uomo, chi per una apparizione divina, la cui umanità era solo apparente. E così via.
Anche per questo Gesù spiazza i suoi così spesso: li deve pian piano educare a vedere le cose per come sono, invece che per come se le immaginano. Cambiare mentalità, anche dal punto di vista cognitivo. Solo così diventano col tempo capaci di cercare una spiegazione di quello che hanno visto e ricevuto, invece di proiettare una propria visione filosofica su di lui.
Ed ecco dunque le eresie, presenti quasi fin da subito: chi invece partiva da suoi preconcetti, non accettava la realtà testimoniale ma voleva piegarla all’ideologia, arrivava ad affermare un Gesù diverso, addomesticabile per la propria causa.

 

Testimoniare la fede in un mondo islamizzato

Si dirà: ma perché perdere tempo ad insistere sulla divinità di Cristo? Non è un fatto pacifico, largamente accettato tranne che da frange estreme relativamente poco numerose? Sì, va bene, ci sono gruppi come i Testimoni di Geova ed i Mormoni, più una pletora di smitizzatori e di “cristiani a modo proprio”, ma non hanno tutto questo peso, sono minoranze… Il mondo protestante crede alla divinità di Cristo, e considera “fuori” quelli che non lo fanno.
Eppure, pensateci: il gruppo religioso più numeroso ed in crescita è quello dei Musulmani, che appunto a questa visione incongrua e insostenibile, di un Gesù profeta clamorosamente frainteso, credono con granitica certezza, a cui non è permesso dissentire.

Per quanto il confronto con l’Islam nel prossimo futuro si giochi su altro (demografia, volontà di imporsi, forza in tutti i sensi, giochi di potere…) certamente ha e avrà un peso la predicazione; la ingenua e supponente testimonianza islamica, la dawa, da una parte; e la complessa e profonda apologetica cristiana, dall’altra.
Sulla carta non c’è partita.
Ma quanti dei nostri cristiani per sentito dire, superficiali e vagamente legati alle proprie radici per abitudine, sapranno o vorranno difendere la “loro” fede?
Non è così facile tener testa al collega o vicino musulmano che per metterti in difficoltà usa una di quelle argomentazioni preconfezionate:

Mostrami un passaggio nella Bibbia dove Gesù dice “Io sono Dio, adoratemi!”

Un paio di citazioni ben piazzate, e milioni di cristiani vedranno la loro fede messa in crisi. Buona parte troveranno qui uno spunto per abbandonarla!
E sarà anche colpa di noi, tutti, che avremo passato decenni a perderci tra omelie “state buoni se potete” e preghiere dei fedeli tipo: “Per i nostri governanti, perché sappiano adoperarsi per il bene comune promulgando leggi che promuovano la pace, la concordia e la giustizia sociale, ascoltaci o Signore!”
No, il servizio più utile, oggi, alla fede, sarebbe quello di chiedere ai preti di formarsi meglio e di diventare dei formatori permanenti: dare ai parrocchiani anche le basi di conoscenza, perlomeno un’infarinatura. Che non cadano come salami, a bocca aperta, alla prima domanda difficile!
Dobbiamo prepararci.

Saper spiegare che non ha senso porre condizioni al testo dei Vangeli in base a preconcetti ingenui: Gesù non ha detto direttamente “Sono io Dio, adoratemi” perché avrebbe incoraggiato una serie di incomprensioni, oltre a far precipitare la situazione prematuramente, senza avere il tempo di preparare il terreno. Sarebbe stata una virata verso un paganesimo, agli occhi dei più, staccandosi dalla radice fondamentale ebraica.
Avrebbe reso quasi impossibile vedere in lui anche un essere umano.
L’ho detto prima: è un gioco di sottigliezze. Quella domanda su Gesù che “avrebbe dovuto” buttare lì una frase “inequivocabile” per farsi immediatamente adorare, come viene preteso dagli islamici, equivale ad uno studente che chieda: “Insomma, la Natura mi deve dare un segnale chiaro, un fotone è un’onda? Oppure un fotone è una particella?” (Su questo parallelismo ci tornerò in futuro.)

Ma al musulmano bisogna farlo ben capire: il NT è pervaso di riferimenti, più o meno visibili, almeno ad un primo sguardo, alla divinità di Cristo. Nelle parole usate, nelle prerogative di Gesù. E qualche volta la testimonianza viene da altri, ed è ancora più di peso per questo motivo. E questo episodio di San Tommaso è uno di quelli.

 

 

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