Pseudo-Omelie Di Un Laico -9- Discepoli qualunque, Emmaus

La credibilità dei Vangeli, dicevo in alcune puntate precedenti.

III DOMENICA DI PASQUA (ANNO A)

 

Jesus walking to Emmaus

L’episodio dei discepoli che vanno ad Emmaus, conosciutissimo e commentatissimo… Neanche a dirlo, gli studiosi moderni -in genere- lo trattano come palesemente falso ed inventato. Eppure, ancora una volta non ha lo stile dell’invenzione, almeno per due particolari che già vengono in mente a me, nel mio piccolo.

1. Ritorna il tema di non riconoscere Gesù, almeno al primo impatto (ma qui la cosa si fa davvero lunga, ce ne mettono!).

E quindi si fa strada facilmente il dubbio sullo scambio di persona: questi invasati ad un certo punto vedono, o ricordano di aver visto, quel che desideravano. Incontrano un bravo rabbi per la strada, e dopo dicono: era lui!
Ma questa storia ci dice della sincerità di chi racconta l’episodio, e del rigore di chi, estensore del testo, non può che riportare la testimonianza com’è, senza omettere particolari imbarazzanti!

Prevengo l’obiezione: “ma in realtà il non riconoscerlo sùbito ha funzioni simboliche, narrative, eccetera”… Bubbole! Ci sono molti modi di comunicare ed ottenere un effetto desiderato nei lettori, non è necessario passare per un particolare che insospettisce come quello: se c’è, vuol dire che chi racconta è motivato a dire la verità. E scusate se è poco!

Qualcuno propone Tobia 5,4, dove Tobia incontra l’angelo Raffaele e non lo riconosce, come un modello narrativo su cui sarebbe stato modellato questo episodio. Analogamente  in Genesi 18 Abramo e Sara vengono visitati da Dio nella forma di tre messaggeri, che appaiono come uomini e poi sono chiamati angeli, ma inizialmente Abramo li prende per semplici forestieri in cerca di accoglienza.
Mi domando davvero chi creda che abbia un senso inventare una storia del genere, con protagonista Gesù risorto, solo per ricalcare uno schema, in cui qualcuno che proviene da un mondo soprannaturale non è immediatamente riconosciuto.
Non si inventa per così poco. La tradizione cristiana vive su di un piano completamente diverso. Utilizzare percorsi narrativi che ricordano la mitologia non ha senso quando vuoi testimoniare di una verità concreta di fronte ad una parte avversa particolarmente ostile.
A meno che la situazione dell’identità velata, che un po’ si ripete, non abbia una ragione intrinseca, che non nasce semplicemente da uno schema narrativo.

2. Questo è forse l’episodio più importante degli incontri del Signore Risorto, per come viene riportato (Gesù passa davvero molto tempo con loro, tra la camminata e la cena); o almeno uno dei più significativi e descritti in dettaglio.
E non coinvolge gli Apostoli ma dei semplici discepoli (anche se uno dei due è nominato, Cleopa, e forse è un parente di Gesù, e l’altro potrebbe addirittura essere una donna, la moglie, sorella della Madonna; anche questo è stato ipotizzato ed è ragionevole).

Consideriamo il Vangelo: un messaggio mandato ad una comunità diventata presto vasta e diffusa in località lontane. Perdonate se non ricordo la fonte, ma c’è un dato che mi serve per dare un’idea di ordini di grandezza, visto che parliamo del mondo antico, molto poco connesso dal nostro punto di vista… Ebbene, lessi che un manoscritto magari ritenuto importante avrebbe potuto essere distribuito, dopo aver redatto le copie necessarie, nel giro di una settimana o poco più alle comunità di tutte le più grandi città portuali del Mediterraneo… Potenza dei collegamenti via nave. Per questo Paolo, per fare un esempio, manda lettere a svariate comunità cittadine. Una vivace vita culturale, oggi diremmo internazionale, con un continuativo scambio di messaggi.
Non parliamo di una comunità chiusa, dove il solo nominare Cleopa evoca ricordi personali di tutti. L’uditore tipico vedeva qui annunciati due perfetti sconosciuti, presentati come destinatari di un privilegio unico.

Se non ci fossero altre ragioni, di rigore nel riportare le testimonianze considerate più significative e meglio attestate, perché scegliere protagonisti secondari?
Importante notare che qui a scrivere è Luca: non un testimone diretto o uno che parla a nome di un Apostolo, ma un cronista, per come ha scelto di porsi nella compilazione del suo Vangelo fin dall’incipit.

 

Luca il cronista.

Lc 1, 1-3, infatti:

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza…

Uno che tiene alla notizia prima che ai protagonisti. Segue un percorso suo, trova ciò che lo convince di più.
Non ha guardato in faccia a nessuno e ha dato più peso al racconto più solido secondo lui, come collocazione, attendibilità delle fonti, contenuti.

Credo che questo punto sia decisivo, per comprendere il contrasto tra la ragionevolezza di un Vangelo che convince interi popoli e il punto di vista distaccato-sofisticato degli studiosi di oggi.
Luca certamente userà un suo stile letterario, e poi riordinerà il materiale, nella sequenza cronologica, per seguire un suo percorso narrativo, ad esempio comprimendo l’azione nel tempo e nello spazio. Ma vogliamo almeno ammettere che si tratta di un autore ben preciso, con una sua intenzionalità chiaramente orientata all’onestà intellettuale? Che si prende delle libertà ma non è per questo uno che inventa?!? Quando ci dice che ha fatto ricerche accurate su ogni circostanza, e pone l’enfasi sui testimoni oculari, lo volete ammettere o no che non ci sta subdolamente ingannando, ma sta davvero dicendo che gli interessa andare a fondo alle questioni e chiarire ogni circostanza?
Poi non ci riesce, va bene. La sequenza delle apparizioni dopo la Risurrezione, contando tutte le fonti del NT, è confusa e difficile da riconciliare. Ma come ebbi già occasione di scrivere, è un buon segno: se scrivi storie inventate, tutto quadra. Se raccogli testimonianze, c’è sempre qualcosa che non quadra.

Proprio il criterio dell’imbarazzo, dei contenuti che non dovrebbero esserci se uno avesse tenuto di più al messaggio che alla verità (come in questo caso il mancato riconoscimento di Gesù da parte dei discepoli), ci dice fin dove possa arrivare la presunta “manipolazione” da parte degli autori sacri. Il testo può essere sì, aggiustato per seguire uno stile narrativo e di predicazione, per enfatizzare alcuni aspetti tacendone altri, e non sempre utilizzando criteri che accetteremmo noi, oggi (ma del resto anche i giornalisti di oggi si prendono libertà impensabili e manipolano i contenuti!)…
Ma non inventando di sana pianta. Mai con l’intenzione di ingannare, di non rendere correttamente testimonianza ad un Dio che vede tutto e al cui cospetto presto ti presenterai (magari morendo prematuramente come martire).
Chi scrive non è, fino a prova contraria, nella posizione di pensare “qui ci starebbe bene un miracolo, ce lo metto”.

 

Osare criticare i critici

Andando a vedere le argomentazioni di vari studiosi contro la storicità del testo di oggi si trova un po’ di tutto.
C’è chi pensa di aver identificato una parte dei versetti come provenienti da una fonte, da una tradizione precedente andata perduta; poi c’è chi al contrario dice che l’intero racconto ha l’impronta dello stile di Luca, anche nella scelta delle parole, e dunque è una narrazione tutta sua, di cui ha il controllo del testo e può inventare ciò che vuole…

Davvero parole in libertà, con cui si potrebbe negare la storicità di qualunque documento.

 

Poi si suggerisce un parallelismo con Atti 8, 28-39, dove l’Apostolo Filippo viene inviato da Dio, attraverso un angelo, su di una strada deserta dove troverà un eunuco etiope che se ne torna da Gerusalemme; così Filippo avrà l’occasione di spiegargli un passo di Isaia che preannunciava Gesù, e da lì convertirlo e battezzarlo. Fanno un pezzo di strada assieme, lo converte, e poi lo Spirito rapisce Filippo: lo fa sparire.
Ecco, si dice: lo stesso schema letterario. L’incontro per strada, il personaggio guida che ha l’occasione di spiegare la Scrittura, la conversione del suo interlocutore, la sparizione miracolosa del personaggio guida.
Del resto quello di Paolo sulla via di Damasco, non è forse un altro incontro/apparizione per la strada?
Momento, perché non è così che si ragiona.
Abbiamo la tematica dell’incontro sulla via, vero.
Ma allo scettico medio, quanto piace invece il racconto di Gesù che entra in una stanza a porte chiuse, per incontrare gli Apostoli? Credono che sia un’invenzione oppure no? Neanche a dirlo.
Allora, per motivi diversi ma apparentemente seri, si considera inattendibile tanto l’apparizione in casa che quella in strada. Ma quindi dove caspita avrebbe dovuto apparire, di grazia? Dite piuttosto che non volete credere che potesse apparire, perché non credete.
E mi ribatterebbero: ma qui non c’è solo l’elemento dell’apparire in strada, sono tutta una serie di particolari che si ripetono…
Momento, perché se togliamo il luogo, che è banale, e gli elementi che al contrario non si ripetono, che rimane?
-Il fatto che discutessero di Scritture camminando per la via;
-la presenza di chi porta la Rivelazione e di chi la riceve;
-se proprio vogliamo, il momento culminante è un sacramento: in un caso l’Eucarestia, nell’altro il Battesimo;
-chi rivela, l’interprete come lo chiamano, o come ho detto io il personaggio-guida, poi improvvisamente scompare alla vista.

Ma parliamo di un gruppo, quello del rabbì Gesù, che era coinvolto nella predicazione itinerante; specialmente dopo la crocifissione, quando essere visti nelle sinagoghe poteva essere poco igienico, saranno stati quasi tutto il tempo o in una casa, o per la strada, a spostarsi verso un nuovo luogo dove risiedere per un po’.
Lunghi spostamenti a piedi, del resto anche per il resto della popolazione. Abituati a muoversi se possibile in piccole carovane, per evitare i briganti. Non credete che avranno parlato, e tanto? E spesso di cose di religione, visti i tempi di attesa messianica (e se parlavi di politica, parlavi di religione)?
Quindi che nei nostri racconti paralleli di Luca venga presentato il caso di una conversione o disvelamento all’interno di questo scenario, con tanto di interpretazione delle Scritture, non ci dice nulla di speciale!
Sono anzi storie banali in questo. Concediamo invece che, dovendo raccontare storie simili con il proprio stile, Luca possa aver accentuato questa somiglianza.
Ad esempio nel caso dell’eunuco, Filippo sembra riportare una circostanza ben precisa vissuta, con la citazione di un passaggio decisivo di Isaia, anche se la discussione sarà stata più lunga e avrà toccato altri punti. Invece nel caso di Gesù ad Emmaus si presenta in maniera frettolosa e semplicistica una sorta di mega-riassunto con cui il Cristo spiegherebbe ai due discepoli, una volta per tutte, tutti i riferimenti a lui inseriti nell’AT, da Mosé in poi (!)… Più realistico immaginare abbiano ricevuto solo alcune spiegazioni, e poi nel racconto di Luca si proietti uno schema trionfalmente completo, che desse, almeno in prospettiva, da lontano, la soddisfazione di una completezza, di avere tutto finalmente chiaro, come sperava qualunque neofita della fede, confuso da tanti aspetti controintuitivi del Vangelo, e da un parlare duro di Gesù…
Ma va bene, capite la differenza che passa qui? Si riconosca che Luca porta il discorso alle estreme conseguenze, semplificando, ma non per questo un lettore orgogliosamente avveduto deve ritenere inattendibile l’idea che Gesù, incontrando i suoi, possa fornire delle spiegazioni!

Va bene, nello schema la presenza di un sacramento è invece un elemento non banale, che ha un valore ben oltre il piano narrativo (peraltro mettendo in difficoltà chi immagina i sacramenti come una invenzione di molto posteriore). Ma perché dovrebbe non essere avvenuto?
Non c’è niente di straordinario nel fatto che nel NT ci siano racconti di conversione! E la conversione di chi è fuori dalla ekklesia comporta il Battesimo; quel passo in più i discepoli ad Emmaus lo fanno invece attraverso l’Eucarestia. Perché questi fatti del tutto ordinari e consequenziali dovrebbero non essere avvenuti, ed essere solo frutto di una scelta duramente arbitraria, di inventare storie per inseguire un cliché narrativo?
Davvero spiace dover contestare chi ha i mezzi ed i titoli, come se si pretendesse, da ignoranti, di insegnare ai professori. Ma fino a prova contraria io qui vedrei solo preconcetti.

Infine, nel parallelismo tra Emmaus e l’incontro con l’Etiope, rimane da spiegare l’elemento soprannaturale; che però, nell’ordine delle cose, semmai sarebbe immaginabile come una aggiunta, un elemento “copiato”, nel caso di Filippo, e non viceversa. Che Gesù Cristo scompaia dopo un’apparizione è, a posteriori, scontato. Al massimo potremmo dubitare, e anch’io non so cosa pensare, sul caso di Filippo “rapito”. Ma da qui a dichiarare con sicumera che questo e quello non sono storici…
Filippo potrebbe benissimo aver avuto un’ispirazione, un pensiero: recarsi in un certo posto in un certo momento, così facendo un incontro; avrà magari a posteriori interpretato quel moto interiore come il suggerimento discreto di un angelo, perché no? Più semplice da credere rispetto ad una vera e propria apparizione, o rispetto ad una ipotetica scelta di Luca di aggiungere il richiamo all’angelo così, come un’espressione letteraria; comunque possibili tutte e tre, ma tutto ciò comunque non mette in discussione la sostanza dei racconti!
Filippo “rapito”, o forse no? Ammettiamolo senza difficoltà. Va bene. Ma perché per forza no? Davvero può sembrare, al critico moderno, che un’apparizione di Cristo non sia vera, solo perché in altra occasione anche ad un Apostolo viene attribuito l’essere stato oggetto di un miracolo?
A me sembra che qui faccia gioco più che altro l’allergia dell’accademico moderno al soprannaturale in sé. Che, anche laddove sul piano personale, delle convinzioni religiose del singolo studioso, non sia escluso in assoluto, viene trattato come materia pericolosa, come fosse una barra di materiale radioattivo. Prendere le distanze, convincendosi di arrivare così a risultati “scientifici”, condivisibili da studiosi credenti e non…
E non funziona davvero così!

 

Altre obiezioni sono ancora più telefonate, tipo: ma se erano discepoli, come mai, alla notizia del sepolcro vuoto del loro Maestro, se ne sono tornati frettolosamente ad Emmaus, invece di restare ad investigare a Gerusalemme?
Questo tipo di obiezioni mi fa veramente venire il latte alle ginocchia.
Ma come pretendete, a distanza di più di 1950 anni, di poter giudicare gli spostamenti di un determinato giorno di un paio di persone di cui non sapete nulla?
Oltretutto partendo dal dubbio, vero, sulla effettiva collocazione temporale dell’episodio.

Erano troppo affranti, privi di fede nell’avvenuta resurrezione, di cui avevano già sentito parlare? E con questo?
È possibile; gli esseri umani hanno molti conflitti interiori, e lo stato d’animo riportato di terza mano non renderà giustizia di quel che li muoveva. Non si possono applicare schemini logici alle loro reazioni, oltretutto riportate da altri, per cercare di invalidarle. Così come non sappiamo quali fattori li muovessero a spostarsi (per esempio esigenze lavorative o di famiglia) a prescindere da una notizia confusa alla quale tendevano a non voler credere. È ridicolo.

L’esegeta tende a pretendere di poter giudicare e giungere a conclusioni su materie e materiali dei quali si sa poco più di nulla. In questo modo ottiene mezze certezze abbastanza granitiche, che poggiano su piedini di carta sottilissimi.

 

Ma alla fine io tornerei al punto fondamentale, che è il cuore dell’uomo. Lo studioso spesso sottolinea come la mentalità degli uomini del tempo fosse radicalmente diversa dalla nostra, e quindi tendessero a credere con facilità e faciloneria a racconti raffazzonati o fantastici. Ed ovviamente chi raccontava rincorreva stilemi e risposte preconfezionate, non cercava di narrare i fatti come avvenuti.
C’è del vero in questo, ma dobbiamo ringraziare ancora una volta gli avversari di Paolo nell’Agorà, che sghignazzavano all’annuncio del Vangelo.
La gente ha sempre avuto un approccio diverso alle storie, quando si trattava di dei mitologici. Prendendoli con beneficio d’inventario, non credendoci veramente, non fino in fondo.
La novità di Cristo era appunto il “no, ma queste cose le diciamo davvero” ed è per questo che generava reazioni forti, violente o entusiaste.
Nessuno muoveva un dito per i sacrifici a Zeus, ma in tanti sono disposti a tutto di fronte alla novità cristiana. Perché, anche magari passando attraverso qualche ingenuità e schema letterario semplificato, richiedeva altra serietà, ed amore per la verità.

Testi difficili e dubbi, sì. Ma che rispecchiano una preoccupazione inedita: ricercare la verità con accuratezza.

Altro che primitiva comunità creativa, di gente che inventa storie per dare fisicità ad un evento immaginato, ad una invisibile resurrezione solo “sentita nel cuore”!
Riprendiamoci i Vangeli!

 

L’ultimo tassello

Inizialmente avevo concluso l’articolo qui. E se volete potete farlo, chiudere e passare ad altro.

Tuttavia potremmo per completezza analizzare la testimonianza in sé, e ciò richiede un po’ di fatica.

Ok, dirà qualcuno: diciamo che mi hai quasi convinto; diamo per buono che questi testimoni fossero sinceri, e che chi ha raccolto le storie abbia voluto mantenerle intatte, applicando solo interventi redazionali di contorno.
Ma non possono comunque aver visto tutt’altro? Non è forse l’incontro in sé ad essere dubbio, pur se raccontato con sincerità? Vedono uno che non sembra lui. Poi sparisce, e solo allora si dicono: era lui!
Certo possono essere stati suggestionati dal clima di quei giorni. Non sanno quel che hanno visto veramente.

Ecco perché mi piace sempre parlare di gioco ad incastro. C’è una catena di conseguenze non banali dall’aver assunto una posizione, più o meno ragionevole, sulla veridicità.
Il profilo di questo pezzo di puzzle è complesso, a quanto pare ha un uso differente se incastrato nel verso del contenuto o nel verso della credibilità della fonte.

Se per caso avete familiarità con i complottisti dell’undici settembre, saprete che ad ogni testimonianza credibile sugli eventi e ad ogni riscontro scientifico-ingegneristico può corrispondere una serie di obiezioni tra le più fantasiose, contraddittorie e scollegate tra loro. Argomento ben diverso e tutt’altro il livello di serietà della critica qui, ma il problema rimane: chi a tutti i costi non vuole credere alla “versione ufficiale” non ha bisogno di cercare una ricostruzione alternativa; gli basta affastellare il numero più alto possibile di argomentazioni contro, pur se magari deboli in sé o magari impossibili da riconciliare tra loro.

In questo caso, ad esempio, abbiamo due problemi che quasi si contrastano a vicenda: se A. fosse un viandante bravo a discutere di teologia, non si spiegherebbe il suo scomparire alla loro vista.
Se B. fosse una visione di Gesù, una proiezione solo frutto della fantasia, che poi scompare e si torna alla realtà, perché tanti particolari, come il non riconoscerlo?

Non so se riesco a rendere bene questa sottigliezza: dal punto di vista interno, del testimone, i due punti deboli del racconto non vanno bene insieme, puntano in direzioni diverse. Invece dal punto di vista esterno, della persona scettica da tentare di convincere, i problemi sono due e si rafforzano a vicenda, perché evidenziano due modi in cui tutta la storia potrebbe essere stata solo una suggestione. E l’interlocutore non cerca altro, per avere occasioni di dire no.
Ecco l’incastro: A e B assieme si espongono troppo alla critica scettica, quindi testimoniano una credibilità, di chi riporta fedelmente anche ciò che espone ai dubbi ed ostacola la predicazione. Ma una volta compreso questo, non minano la credibilità, anzi.
Se Gesù scompare improvvisamente, diventa improponibile l’interpretazione basata sullo scambio di persona. L’ambientazione è precisa e non permette equivoci: non esce dalla loro vista mentre si trovano in mezzo alla folla. Sono due persone che hanno un ospite al chiuso, a cena, a casa propria. Due testimoni che ormai consideriamo credibili, che corrono a Gerusalemme a testimoniare: è sparito! Non ci si convince così facilmente di aver visto Gesù in un estraneo, specialmente aggiungendo una sparizione miracolosa mai avvenuta.
E non dimentichiamo che questo racconto sembra selezionato, per quanto detto prima sulla natura dei protagonisti, per criteri a noi non noti ma che probabilmente coinvolgono la loro attendibilità come testimoni.

Resta il caso alternativo: l’allucinazione. Allora sì: può sparire facilmente. Ma qui avremmo un racconto di un’allucinazione che dura ore; un lungo cammino, una cena… Va bene, non sono uomini moderni, non sono razionalisti. Ma non sono neanche la proiezione del pregiudizio opposto, di chi crede all’epoca la gente corresse dietro alle favole. Sono sempre esseri umani.
Non ci si getta così facilmente, anima e corpo, su di una storia immaginata. E le allucinazioni non sono un evento così facile da incontrare, ma allo stesso tempo complesso e articolato, e soprattutto condiviso tra più persone (!).
Allora per mantenere la linea di critica dovremmo inventarci un film molto complicato, in cui per esempio questo Cleopa ha visioni, crede di vedere; nella visione non riconosce Gesù, cosa strana. Inoltre ha un controllo molto stretto sull’altro discepolo, diciamo fosse la moglie: la convince, manipolandola psicologicamente, a credere o fingere di aver visto le stesse cose che dice lui.
E qui viene il difficile: dovrebbero portare una simile testimonianza alla comunità e passare per persone serie, credibili, non sospette. Nonostante un doppio profilo mentale patologico. Mantenendo nel tempo la credibilità, tanto da emergere, come testimonianza, su molte altre.
Scontato tutto ciò per lo scettico che disprezza i credenti e li considera privi di spirito critico, non così per chi sa riconoscere la complessità della relazioni all’interno di un gruppo.

Oppure rimane l’altro film: la testimonianza dei due magari inizialmente parlava solo di un “riconoscere” Gesù nel viandante incontrato; a posteriori qualcuno, probabilmente Luca, aggiunge il particolare della improvvisa sparizione di Gesù. L’insieme diventa così incidentalmente più credibile e difficile da decifrare.
Presuppone però che 1. il primo racconto, privo di elementi soprannaturali di fatto, avesse guadagnato in credibilità senza grossi motivi per farlo. Interrogati, potevano solo dire di aver creduto di riconoscere Gesù, a posteriori, in un tale a cui non hanno neanche chiesto chi era (!), nei cui lineamenti del viso NON avevano visto il Maestro, e che si è congedato da loro normalmente!
E che 2. una versione della loro storia inconcludente, in cui si taceva su come lo sconosciuto se ne fosse andato, fosse stata ripresa da Luca aggiungendo con leggerezza il particolare decisivo della sparizione miracolosa.

Certo, possibile. Ma è un bel polpettone fantasioso. Una serie di eventi possibili, messi in fila uno dietro l’altro per soddisfare la condizione: spiegare quel che ci è giunto, in maniera necessariamente alternativa. Senza prove.
Storie se ne possono inventare tante.

 

Un minimo di senso della misura…

Un conto è riconoscere la difficoltà di una ricostruzione, e il dubbio è sempre presente per il credente cristiano: che è serio, non credulone. E per il Dio Nascosto in cui crediamo, che non si impone con prove irresistibili, ma lascia spazio alla nostra libertà.
Altro è, magari dall’alto di una autorevolezza fatta sostanzialmente dal darsi di gomito tra colleghi-compari della casta degli esperti, dichiarare certe interpretazioni smitizzanti certamente serie e credibili, disegnando un quadro in cui l’unica versione della storia da guardare con compatimento sarebbe quella dei credenti.

 

Se devo lasciare con una conclusione, direi che la cosa più importante da rilevare sia questa: nel mio piccolo posso aver chiesto troppo dai miei sillogismi, e mancare di considerare molti particolari noti agli addetti ai lavori.
Ma ricordate che non sto cercando di affermare una mia verità, una mia versione, pretesa superiore, dei fatti.
Sto solo difendendo la versione che andava bene a chi riceveva le testimonianze, da ricostruzioni a posteriori che appaiono troppo pesantemente piegate sullo scetticismo per partito preso.
Non dico di sapere che non hanno ragione. Solo, è evidente che questi esperti pretendono di sapere troppo.

Almeno, lasciatemi riportare la palla al centro: va bene il dubbio, non la certezza demolitrice.

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