Il papa della fine del mondo. E la Chiesa degli opposti fatalismi: catastrofisti e normalisti

…oggi c’è in molti cattolici la paura, tutta nuova, che non sia più tempo di resistere, che le cose siano cambiate talmente tanto che stavolta la Chiesa non ce la farà: questo sarebbe il segno della Fine del Mondo, un mondo che non può più andare avanti così. E allora ci sono due trend, disturbanti, in atto. L’un contro l’altro armati, e paradossalmente simili. Fatalisti. Tra chi sinceramente vuole essere fedele, due modelli diversi, che potremmo definire: A. normalista, che insiste a negare che si debba muoversi per fare qualcosa, se non pregare; B. catastrofista, che vede anticristi dappertutto.

Questo mio articolo è stato pubblicato su Papalepapale.

 

Papa Francesco

Francisco

C’è una malattia che affligge i cattolici di questi tempi. Si chiama fatalismo. Aspettate però a dire “non mi riguarda”.

Quello che accade dentro la Chiesa è specchio dei problemi che incontriamo nel mondo, anticipa il futuro di tutti.

Anticipa. Infatti l’uomo della strada, la cosiddetta maggioranza silenziosa, va avanti per inerzia, e se cattolico andrà a rimorchio mettendo disordinatamente assieme

1. memoria: la sua voglia di conservare una vaga identità, emozionale, fatta soprattutto di ricordi religiosi dell’infanzia, con

2. percezione: idee che vanno in tutt’altra direzione, che gli hanno messo in testa i media laici.

Un pastrocchio mentale, che nella pratica diventa assecondare passivamente il cambiamento, ma facendo attrito. A gioco lungo, il popolo bue va dove previsto che vada. (In qualche raro caso il politico conservatore, che vuole prendere i voti di queste masse, si fa sfuggire la rivelazione che il suo compito consiste nel rallentare un cambiamento che considera inevitabile.)

Mentre i più dunque dormono, i fermenti che si riscontrano nelle minoranze più attive ci dicono della crisi in arrivo. La Chiesa essendo in pratica l’unica entità ancora indipendente, con un suo pensiero originale, ma pesantemente infiltrata, è chiaro che diventa il terreno principale di scontro, il teatro da tenere d’occhio.

 

Questa volta i cattolici sono convinti di non farcela

 

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Nella Chiesa Cattolica come nella società si cambia, eccome, secondo i tempi. Finora la Chiesa ha dimostrato però di essere capace di essere nel mondo ma non del mondo.

Di assecondare e promuovere il vero progresso (università, scienza, ospedali, libertà religiosa…), ma non farsi stritolare dalle mode e ideologie di volta in volta sulla cresta dell’onda (eugenismo, razzismo, comunismo, fascismo, rivoluzione sessuale…), dai falsi progressi.

Fermo restando che i più popolari e famosi sono, sul momento, oggi come in passato, quei cattolici che si vendono al nemico. Per poi essere giustamente dimenticati. (Si ricordano invece i santi; qualcuno già famoso ma bersagliato dalle critiche; pochissimi comunque ammirati anche in vita; i più, silenziosi e sconosciuti operai del bene.)

In fondo secondo il sottoscritto il segreto principale dell’anomalia cattolica sta nella disciplina. Quando il metro è quello dei secoli, e lo scopo di trasmettere il Vangelo senza aggiungere e togliere, serve molto di più il pretino ottuso che non osa, piuttosto che il creativo che crede di poter inventare una Chiesa nuova, secondo sue teorie e intellettualismi.

Ma oggi c’è in molti cattolici la paura, tutta nuova, che non sia più tempo di resistere, che le cose siano cambiate talmente tanto che stavolta la Chiesa non ce la farà: questo sarebbe il segno della Fine del Mondo, un mondo che non può più andare avanti così, col livello di corruzione raggiunto. Per altri, al contrario, la Chiesa Cattolica deve adeguarsi, normalizzarsi. Tante cose non vanno bene, ma i problemi stanno là dove dicono New York Times, La Repubblica, il teologo indipendente… una volta fatta vescovo una lesbica sposata che racconta di aver abortito, saremmo fuori dalle secche del Medioevo. E come no!

Per i primi non c’è freno al diabolico “Progresso”, ma è segno della fine. Per i secondi non c’è freno al Progresso, e bisogna adeguarsi.

Pessimisti oppure ottimisti, non si pensa a cambiare il corso delle cose, ma a mettersi dal lato giusto, cavalcando gioiosamente l’onda di piena oppure al contrario facendosi travolgere a piè fermo, come dignitosi perdenti.

Formichine, spettatori.

Per quanto riguarda i pessimisti, si corre il rischio di fare come i Testimoni di Geova, che ad ogni nuovo disastro, guerra, corruzione, perversione che viene alla luce, si rallegrano, perché più male c’è, più vicina sarebbe la fine di questo mondo come lo conosciamo. E’ una tentazione diabolica.

 

Dopo aver predicato tutto ora ti insegnano il Nulla

 

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Forse mai come nella nostra epoca c’è stata, sottotraccia, la percezione dell’inesorabilità degli eventi. Uno, su sette miliardi, ti senti schiacciato, minuscolo ingranaggio.

Troppo successo delle “Teorie del Tutto” rivoluzionarie. Colla loro ricetta infallibile da applicare alla società. Man mano tramontate, ma che hanno lasciato uno stuolo di esperti che ti spiegano come va, deve andare, non può che andare il mondo. Sbugiardati sulla scientificità della loro dialettica storica dell’altroieri, hanno man mano cambiato idea continuando ad avere ragione… procedendo per sottrazione, ormai non è rimasto nulla delle ideologie dell’Uomo. E allora ti insegnano il Nulla.

Un nichilismo che, lungi dal lasciare liberi, costringe! Perché è la base di una opera di distruzione di fede, morale, famiglia, corpi sociali: tutto ciò che è organizzato, ordinato e contrasta con il clima decadente. Non è forse il Demonio invidioso del bene?

C’è poi la consapevolezza che le masse sono prevedibili, la statistica e la propaganda sono specializzate, efficaci, inesorabili.

Tra UE e sentenze attiviste di giudici internazionali, siamo agli antipodi dell’Atene di Pericle, dove avresti potuto incontrare idealmente tutti gli attori nell’agorà. E magari sputargli in faccia.

I cambiamenti ti calano dall’alto, come una condanna, non si sa neanche bene chi li abbia originati. Basta guardare alla compattezza – come cani di Pavlov a cui abbiano fatto suonare la campanella – con cui i media e politici di tutto l’Occidente si sono improvvisamente allineati alla campagna per introdurre matrimoni omosessuali e lotta al fantasma dell’omofobia come essenziali diritti dell’umanità, quando due anni fa praticamente nessuno di loro ne aveva sentito parlare…
Che i cambiamenti rivoluzionari siano visti come la cosa più naturale di questo mondo, oppure vengano fantasiosamente ascritti a qualche diabolico piano di dominio (spesso, con poca fantasia, ai soliti massoni)… tanto che ci fai?

 

Più di tutto manca la disciplina. Nella Chiesa

 

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La Chiesa Cattolica è in una posizione interessante proprio perché si è sempre distinta nell’andare per conto proprio. Per resistere all’omologazione, pur con sbandamenti al suo interno; oggetto di pressione particolare perché non si piega.
Come si reagisce in questo frangente nella Chiesa?

E’ allora interessante e decisivo capire che scelte fanno, che idee diffondono gli influencer (come si dice oggi in gergo da pubblicitari), le persone che hanno connessioni, riescono a guidare o hanno un ruolo. Un tempo sarebbe bastato guardare al vertice. Oggi troppe voci si sommano, e anche i laici hanno un peso. C’è confusione, con demolitori che usano sapientemente l’apparato e il diritto canonico che pure sarebbe loro alieno, e invece tradizionalisti che contestano apertamente i pastori a cui dovrebbero essere i primi a dichiarare obbedienza.

Manca, più di tutto, la disciplina. Quanti cattivi maestri sono stati costretti a rendere conto di aver portato i fratelli, magari una parrocchia o una diocesi a loro affidata, o i loro studenti, o i fedeli lettori, sulla strada sbagliata?

E ci sono due trend, per me disturbanti, in atto. L’un contro l’altro armati, e paradossalmente simili. Fatalisti.

Quindici anni fa, quando dicevo che ci troviamo in una civiltà ormai decadente, mi capitava di essere guardato come un povero cretino, che non sapeva apprezzare la modernità; oggi sono guardato come un povero cretino che insiste a sottolineare l’ovvio. Mi sono perso il momento della transizione, in cui l’assurdo è diventato ovvio. Ma se la sono persa un po’ tutti. Gradualmente si cambia idea senza accorgersene, senza una analisi critica.

Ma la diagnosi è sempre quella. Anche se quelli che prima negavano, ora ne negano le cause.

Ora, nel mondo cattolico certamente troviamo molti “progressisti” che magari accomunano Giovanni Paolo II e Benedetto XVI in un giudizio negativo, che si fanno portatori della solita stantia agenda di riforme, donne-prete, apertura a contraccezione e divorzio, relativizzazione dei dogmi eccetera. Mi stufo, scusate, se ne parla troppo, diamoli per fatti. Senza ignorarne il peso, beninteso.

 

Normalisti e catastrofisti

 

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Ma poi abbiamo, tra chi sinceramente vuole essere fedele, due modelli diversi, che potremmo definire
A. normalista, che insiste a negare che si debba muoversi per fare qualcosa, se non pregare; e
B. catastrofista, che vede anticristi dappertutto.

Ecco, qui l’analisi è più interessante perché si va nel meno ovvio.

Un tempo, quando il cielo sembrava sereno, i primi potevano vivere tranquilli, rinfacciando ai secondi le loro fisime fatte di teorie di complotto e profezie improbabili di santedonne ancora non riconosciute dalla Chiesa Ufficiale. Ed erano pure relativamente pochi.

Oggi si vedono i nuvoloni neri all’orizzonte, ma la novità è che nel loro riconoscere confusamente la situazione compromessa, quella di una crisi concomitante della Chiesa e della società, una crisi poi in ultima analisi di natura morale, i due gruppi sono contemporaneamente uniti dal fatalismo, e divisi sull’interpretazione dell’atteggiamento da tenere.

Che tempi, signora mia!

La tentazione di aspettare la fine del mondo è davvero comoda. Ti esenta non solo dal cercare una soluzione, ma persino dal cercare di capire cosa sta succedendo; lo schema “va tutto in malora” è semplicissimo e rassicura proprio laddove ci sarebbe più da disperare.Magari non scoprendosi troppo, non osando fino in fondo, ma ci cascano anche i migliori. Anche fior di scrittori.

E invece, mi sento di gridare, dobbiamo essere più consapevoli, salvare, certo, il Tesoro che abbiamo ricevuto, e cominciare a costruire per il dopo-crisi. Che significa anche, avere risposte alle domande del tempo presente, soprattutto non fuggire.

Luca 21, 8-9: «Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: “Sono io” e: “Il tempo è prossimo”; non seguiteli. Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate. Devono infatti accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine»

Ci sono svariati piani a cui leggere una profezia. Le stesse parole si possono applicare ad epoche e situazioni differenti. Abbiamo avuto ed avremo molte crisi mondiali, ciascuna in qualche modo simile alla fine. Il nostro compito è non smettere di tirare la carretta.

 

2012, l’apocalisse. Alle spalle

 

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Nel filmaccione apocalittico del 2009 intitolato “2012” di Roland Emmerich, una catastrofe spettacolare colpisce il pianeta, sconvolgendo i continenti. Sembra quasi che il tema del film sia simboleggiare, anche oltre la finzione cinematografica, il far ripartire la storia da zero, liberandosi della popolazione in eccesso, salvando una piccola élite che ricominci la storia. Come novelli Noè usando paio di arche, grandi imbarcazioni supertecnologiche.

E non può non colpire la fine, quasi fin troppo dignitosa, che viene data alla Chiesa: tutti riuniti in Piazza San Pietro a pregare e aspettare l’onda distruttrice (pure un similBerlusconi, che non saprei dire se da cretino o da eroe, sceglie di non salvarsi assieme agli altri capi di stato).

Bel momento, certo, ammirevole. Quasi un ricevere l’onore delle armi… ma poi l’umanità, pure decimata, si salva… e allora che fine del mondo è? Ti sei solo convenientemente levato di torno, rinunciando a vivere e a lottare, nella tua fisima millenaristica.
E in fondo un piano immaginato da molti è proprio questo: la nuova Era dell’Acquario, in cui gli uomini si liberano del fardello storico delle religioni. Meglio se da sole fanno gran parte del lavoro, rinunciando ad affrontare la modernità (pare che una scena tagliata di 2012 vedesse anche la Kaaba della Mecca travolta dallo tsunami… ma si sa, certe sensibilità è meglio non toccarle…).

La Fede mi dice che questo tipo di utopie ateistiche non può funzionare; la ragione, che se si realizzasse una totale scristianizzazione, oltretutto il genere umano non riuscirebbe più ad andare avanti; epperò questo non è un buon motivo per pensare che non sia nostro dovere lottare (ciascuno!) anche contro le realizzazioni parziali di questo sradicamento; prima di tutto nel non cedere terreno, non ritirarsi da settori della società, non diventare, come vedo certi, ostili alla scienza moderna…

 

Il piccolo universo dei tradizionalisti. I catastrofisti

 

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Ognuno certamente fa storia a sé, ma è interessante osservare come si ritrovino alcuni tratti tipici, a completare il personaggio del catastrofista che lamenta i tempi infelici. Nel tirare i remi in barca, si maltratta la tradizione intellettuale finissima di secoli di teologi e scienziati cattolici (che erano, loro, sempre all’avanguardia), rigettando come fastidiosa qualche realtà scientifica che rende difficile lo schema interpretativo: come fossimo una setta protestante qualunque, che non vuole essere sale del mondo ed avere senso anche tra qualche secolo. Vedere ad esempio il buon Antonio Socci qui

Pur di solito giornalista lucidissimo e che sa tenersi lontano dalle tentazioni di autoghettizzazione trad, in questo caso critica una cosa che non ha capito, solo perché all’apparenza sembrerebbe contrapporre la scienza moderna (che lui reinterpreta come scientismo abusivo) e la fede.

E’ con sgomento che ho assistito ad un risorgere di un creazionismo che qualche anno fa sarebbe stato appannaggio solo di gruppi evangelici americani. Ci si richiude a riccio così.

A priori non sarebbe necessario collegare un atteggiamento ingenuamente antiscientifico sull’evoluzione della specie, con le paure apocalittiche per i tempi grami che ci tocca vivere (così come, del resto, non si capisce perché un vegano debba essere immancabilmente per i matrimoni gay e “la Scuola Pubblica!”)… eppure c’è uno schema che si ripete, ci si contagia.

C’è il capitolo ben noto della difesa della cosiddetta “messa di sempre”. Non del tutto a torto, ma chi di fronte a tanti scempi liturgici vede la situazione come fosse irrecuperabile, corre a rifugiarsi tra le sottane di qualche prete all’antica. Rischiando uno sterile isolamento, nel formalismo che non sa più dare ma solo conservare. Ma di questo sulle pagine di Papalepapale se ne parla già abbastanza.

Sto, certo, descrivendo i tratti di una galassia di tipi diversissimi; portata facilmente a dividersi in gruppetti sempre più piccoli e distanti, a cercare purezza cogliendo ogni occasione di saltare al collo del primo che dimostrerebbe di essersi corrotto pure lui.

Quindi molti non si riconosceranno e vorrebbero fare dei distinguo. Pazienza.

E’ molto grave che alcuni, in nome del pessimismo, seminino confusione, allontanino dall’unità, mettano in dubbio l’autorità e legittimità del Papa, vogliano rifarsi una Chiesa a proprio gusto. In definitiva cadono nello stesso tipo di errore dei rivoluzionari che stanno su posizioni opposte.

C’è infine una ampia fetta di fedeli che si fa portatore sano, che prende questa febbre in forma lieve, in un angolo della mente, con pericolosi dubbi accennati con sorriso sardonico. Tentazione diabolica.

Pochi giorni prima dell’ultimo Conclave mi sono trovato a discutere con uno sconosciuto che affermava, sulla base di non so quale profezia proveniente dal Brasile, che il Papa ancora da eleggere sarebbe stato un antipapa, non più legittimo. Poi come fai a non farti venire il fegato grosso così…

E’ una pornografia della storia e delle lacrime.

 

Sei forse contro il Papa? Eh? Eh?! Confessa! T’ho sgamato! I normalisti

 

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Abbiamo detto dei catastrofisti. Ma i normalisti? Questo è un fenomeno ancor più curioso, ma non meno inquietante.

Parliamo di persone che oggi riconoscono l’attualità di una crisi dentro la Chiesa, anche se magari ne ammettono solo gli aspetti più evidenti. Ma la loro ricetta è spesso quella, per chi non ha ruoli ben precisi nella gerarchia ecclesiastica, di non fare null’altro che pregare. Sei laico? Non toccare argomenti delicati, le tue parole possono mettere in cattiva luce la Chiesa che tanto amiamo; soprattutto non criticare! Guai a dare scandalo. Chi sa, provvederà. A te tocca il compito di fare la pecorella docile.

Il che, francamente è sconcertante: un laico dovrebbe usare i propri talenti solo per il lavoro che fa per guadagnarsi da vivere, occupandosi di cose caduche, ma guai ad impegnarsi intellettualmente e farsi sentire invece su ciò che conta di più, sulle grandi questioni di fede, di problemi nella Chiesa, sulle quali magari avrebbe contributi da dare. Se vuole partecipare, c’è sempre qualche comitato parrocchiale pronto ad accoglierlo perché partecipi alla stesura di documenti ritenuti innocui, dal sapore di polistirolo espanso.

E’ un mistero per me spiegare come mai sono apparsi su Facebook parecchi, di solito con profili fake, a fare i cani da guardia dell’ortodossia: per loro un fedele dovrebbe astenersi dal commentare le intempestive uscite della sala stampa vaticana, o il pasticcio della intervista a Papa Francesco ricostruita a piacimento da Scalfari, prima pubblicata e poi ritirata dal sito del Vaticano… come se a non dirci nulla di sconveniente tra di noi, il problema sparisse, e non ci fosse un mondo ostile di media anticattolici là fuori che ne trae vantaggio, contro cui, invece dico, dovremmo cautelarci.

Che poi è lo stesso schema secondo cui, a furia di “non dire” in nome del buon nome (?), scopri che quel tale prete che andava in tv da anni, è coinvolto in qualche scandalo.. e ti domandi: “Ma nessuno si è fatto venire dei dubbi, vedendolo andare in giro con auto sportive fin dagli anni 70?”.

Forse non avrebbe dato meno scandalo una denuncia fatta per tempo, in cui chi sa fa uscire le cose alla luce del sole, e chi vede comportamenti sospetti fa accertamenti, invece di sperare che tutto rimanesse cristallizzato nel dubbio, per poi ottenere un bel bubbone che scoppia sulle pagine dei giornali laici, che ci inzuppano il biscotto?”

No, non paga questo zittire le critiche interne, i dubbi, le richieste di “rendere conto” lanciate da laici. Perché aliena tanta gente volenterosa, sincera, e poi ti espone ad uno scandalo ben più grosso all’esterno, quando le cose si sono incancrenite e tu sei pure stato complice col silenzio.

Non deve forse valere lo stesso “giusto denunciare” per gli errori evidenti in tema di laissez faire pastorale (che pure, invece che scandali, nei media laici generano elogi)? Non dà forse scandalo anche il prete modernista che bestemmia e ha falce e martello al collo… oppure le messe da picnic austriache, il cardinale che rilascia una intervista in funzione antiromana eccetera eccetera?

Certo, spesso la lamentela del “bravo cattolico” finisce per scivolare nella categoria catastrofista di cui ho parlato sopra, mancando di carità, mancando di capire quanto è difficile, ad esempio, per un vescovo, intervenire con autorità contro i vari Don Gallo (pace all’anima sua)… Chi guida si rende conto più di noi che optare per vere sanzioni disciplinari sui ribelli modernisti, ti produce una mesata di urla e strepiti laici contro la mancanza di libertà nella Chiesa. Allontana drammaticamente tanti. Ma a non intervenire, il problema si metastatizza, e sarai sempre più con le mani legate, e sempre più accusato di mezzi dittatoriali ad ogni pur timido abbozzo di reazione di fronte agli abusi più evidenti.
Non è più il tempo di lasciar stare. Anche qui è un problema di comunicazione. Va attaccato, prima di tutto da parte di noi laici, il sistema mediatico che ti lega le mani, che deforma il racconto della realtà.

 

La nuova Chiesa del “silenzio”: i Normalizzatori

 

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Oggi i normalizzatori sono diplomatici all’eccesso. Verso l’esterno, s’intende.

Il Papa non può giustamente dire cose sconvenienti sull’Islam, per ruolo (vedi caso Benedetto XVI Ratisbona, dove è bastato toccare verità scomode per avere reazioni violente). E allora signori, ordine di scuderia: dell’Islam non si parla mai male, per nessuna ragione! Fino a non capirne nemmeno noi.

Così come, dato che certi scempi architettonici sono stati approvati dalla competente autorità ecclesiastica, va bene così. La liturgia? Si può migliorare ma non sta a noi dirlo.

La comunione in mano, la messa verso il popolo? Sono state decise, quindi non si può tornare indietro, ma neanche criticare. E chi siamo noi, liturgisti coll’orecchio del Santo Padre?

C’è il tema dei commissariamenti e provvedimenti disciplinari su ordini religiosi più o meno ortodossi… ma per carità, non apriamo qui questo triste capitolo.

Mi colpisce però la logica ferrea che vado a illustrare. Il dovere di lasciare stare perché non ci compete: il Papa nomina un cardinale che a sua volta sceglie un Commissario Apostolico (ogni riferimento a fatti e persone reali…) che compie atti impopolari.

Se a questo punto si critica, apriti cielo! Non vuoi obbedire al Papa! Sei forse un sedevacantista, una serpe in seno che semina divisione nella Chiesa, un criptolefebvriano?

Con un ragionamento sottinteso sconcertante: in qualche modo l’infallibilità papale, o almeno il dovere di obbedienza senza riserve, si trasmetterebbe, per proprietà transitiva, anche alle singole decisioni di un inviato di un collaboratore del Papa… (!)

Come se la consapevolezza che certi si ribellano con troppa facilità, fosse motivo per esagerare nella direzione opposta.

Per non parlare della pena che fa sentire chi ti dice: “Hai criticato un Servo di Dio sostenendo che non dovrebbe essere fatto santo, dunque sei in peccato grave!”
Anche qui c’è una catena pericolosa: siccome si è istituito un processo diocesano sulla persona di cui io normalista sono un fervente ammiratore, è scontato che avrà esito positivo (e chi può mai pensare che vi siano conflittualità ed errori? Via, via, è e deve essere sempre un gioioso cammino trionfale! Se parte il processo, si sa già che arriva.) Non si discute, è scontato che venga dichiarato Venerabile, poi beatificato, poi canonizzato.

Visto che nella canonizzazione dovrebbe (il sottoscritto non sa e non vuole entrare nella diatriba sulla certezza di questo aspetto) essere impegnata l’infallibilità papale, di conseguenza bisogna, per obbedienza, trattare i candidati come fossero santi; in particolare, non dicendo cose che ostacolerebbero il giudizio finale positivo.
Sembra incredibile, ma c’è chi ragiona così.

Altra applicazione del criterio di normalizzazione, il divieto di criticare le personalità mediatiche che sono anche nella Chiesa: senza fare nomi Enzo Bianchi: siccome ha successo per i media ostili alla Chiesa, ha successo. Anche nella Chiesa. E quindi non si tocca. Una approvazione ecclesiastica locale, per sua natura provvisoria, nel suo caso diventa pegno di inviolabilità.
E che, ti vuoi mettere contro i vescovi? Se dice cose eterodosse, che ne sai? Non sta a te giudicare. Chi sei tu per giudicare ciò che è vero e falso, giusto e sbagliato? E castriamoci. Se poi Monsignor Antonio Livi critica in maniera circostanziata, ineccepibile ed ortodossa, avendone oltretutto pieno titolo, la star Enzo Bianchi, allora il normalista direttore di Avvenire attacca con violenza verbale inaudita il povero Livi, reo di non essere altrettanto popolare e di aver disturbato l’unanimismo buonista.

Perché il grosso problema dei signori “va tutto bene” è che finiscono per sostenere i rivoluzionari e demolitori.

 

I nuovi commissari del Partito-Chiesa. I passivi soldatini del papa

 

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Alcuni cattolici normalisti con lo spirito del bambino capoclasse fanno giudizi alle intenzioni, osservo un loro incalzare l’interlocutore perché in qualche modo si tradisca. Manco fosse carità cristiana gongolare quando uno cade.

C’è una voglia di cortocircuitare, un troncare i discorsi con un frettoloso ricorso all’argomento di autorità… e allora il pensiero corre ai Laogai, ai campi di rieducazione maoisti: se sei accusato di sbagliata ecclesiologia, nel momento in cui non ci stai, ti fai le ragioni, contrattacchi, ecco che sei un ribelle, confermando l’accusa.

Non può venire niente di buono da un movimento del genere, che si presta come utile idiota a omaggiare il vaticanista ostile e l’ultimo pastrocchio artistico “ecumenico”, ma vuole bacchettare i fedeli troppo “tradizionalisti” (quando non addirittura semplicemente ortodossi) al primo sospetto di disallineamento. L’autocensura preventiva uccide la vitalità intellettuale e sociale. Ti inaridisci.
E là fuori c’è un mondo, ostile, che va avanti. Al momento c’è molta carne al fuoco, i media laici hanno altro da pensare, e ti lasciano cuocere nel tuo brodo.
Ma aspettiamocelo, nel futuro. Non solo le beffe per i cattolici millenaristi, che nella nostra epoca aspettavano la Fine del Mondo che poi non è venuta, che non credevano alla scienza, ostili ai “progressi” sociali. Ma dure arringhe contro un cattolicesimo come lo hanno del resto sempre raccontato, di persone prive di coscienza individuale e libertà, costrette a chinare il capo e dire di sì.

La presunta buona, pronta ortodossia di oggi (obbedienza perinde ac cadaver, come dovere universale), è un ghiotto spunto di demonizzazione della natura della Chiesa, domani.

Lasciate fare, dice il normalista, pregate e state zitti. Col ricatto morale di venire a vedere il tuo bluff di finto bravo cattolico: ma tu che critichi tanto, sei assiduo e fervente nella preghiera? Se non è così (e quando mai puoi avere la faccia tosta di dirlo, pure fosse vero), vergognati e pensa piuttosto a migliorare te stesso. Come se difendere l’evidenza, usare la ragione con amore per la Chiesa, fosse una cosa alternativa al pregare.

(Beninteso, il sottoscritto ha davvero tanto da imparare e fare opera di autoconversione in questo campo.)

Il normalista è fatalista perché pensa che, essendoci lo Spirito Santo, voler parlare, intervenire, sia quasi una dimostrazione di mancanza di fede. Bisogna aspettare, le cose se Dio vuole si aggiusteranno, tanto noi comuni mortali non possiamo cambiare il mondo, siamo servi inutili. Comodo. Come tutte le perversioni, parte da una verità e ne fa la caricatura.

Cool down dude! Ripartire dalla Fede, senza scorciatoie.

John Henry Newman:

«Certamente se sarò costretto a coinvolgere la religione in un brindisi al termine di un pranzo, brinderò al papa – se vi farà piacere -, ma prima alla coscienza, e poi al papa»

Qui c’è un grande et-et cattolico: obbedienza, ma con discernimento; seguire la coscienza, ma rettamente informata; seguire il magistero papale e dei Concili, ma non solo quel che ne traspare nei media sull’attualità: seguirlo tutto, da San Pietro ad oggi.

Abbiamo sempre avuto chi sceglie e taglia via un pezzo, per seguire la propria coscienza secondo un presunto progresso (rivoluzionari) o per reagire inseguendo una mitica tradizione. Oggi ci sono anche quelli che vogliono zittire la coscienza, per diventare passivi soldatini del Papa. Anche questa è eresia.

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