Pseudo-Omelie Di Un Laico -4- Giovedì Santo

Vediamo se riesco nella doppia impresa (per me) di riuscire a pubblicare 4 articoli per la Settimana Santa, e di essere conciso.

GIOVEDI SANTO – CENA DEL SIGNORE

reinterpreting the painting Last Supper by Leonardo Da Vinci

Ho scelto come illustrazione una rielaborazione dell’Ultima Cena di Leonardo; bruttarella perché, nel modernizzare e cercare di creare un ponte originale verso l’astratto, toglie sia il valore artistico che quello didascalico.

Tra i temi di oggi, mi riservo per un’altra occasione l’istituzione dell’Eucarestia. Troppo importante per liquidarlo in poche battute.

C’è questo episodio della lavanda dei piedi che è particolarmente moderno, anzi alla moda, e che ruba un po’ la scena a tutto il resto, oltretutto considerando lo spazio che occupa nella lettura odierna, dal Vangelo secondo Giovanni.

 

Il messaggio che evapora

Prendete una verità pur profonda ma difficile da cogliere. Fatela emergere; dopo le prime difficoltà e resistenze, contribuirà a cambiare il modo di pensare e il mondo, in meglio. Ma con il tempo diventerà l’ombra di sé stessa: stancamente ripetuta da credenti che hanno perso contatto con la freschezza della scoperta, e la considerano una banalità trita.
In ultimo si trasforma, diventa un’altra cosa; simile sì, ma neanche più vera! Il Diavolo è la scimmia di Dio, si dice. Una verità impazzita è un male.
I tralci staccati dalla vite: si seccano (Gv 15,4). Le verità di fede trasformate in spunti per rivendicazioni sociali: errori grossolani.

Ecco il gesto di Gesù, rivestito di una regalità divina, ed allo stesso tempo pronto all’estrema donazione di sé attraverso una morte atroce e umiliante, che ora si appresta a lavare i piedi impolverati degli Apostoli. Suscitando ancora una volta stupore, quasi sdegno (anche se la reazione di Pietro ha del comico, un giorno ci ritornerò su). Come, proprio tu ti comporti come il più umile dei servi?
Ecco l’impronta dell’assurdo cristiano, ancora una volta. Il rovesciare le aspettative, elevare ciò che è piccolo, scendendo in basso a tendergli la mano; fuggire le ingannevoli glorie umane, farsi fratello ed anzi servo degli altri.
Incredibile che siamo riusciti a far sembrare banale tutto questo!

 

Il Giovedì visto dagli altri

Oggi cosa rimane? Se ci pensate, per i più queste celebrazioni rimangono invisibili, lontane. L’unica eco che giunge al grande pubblico, il segno più forte, sono i commenti giornalistici alla lavanda dei piedi del Giovedì Santo nella messa celebrata dal papa (o da un suo delegato se l’età avanzata non lo permette).
In coda ai telegiornali, l’ultimo residuo visibile per un telespettatore distratto: oggi il papa ha lavato i piedi a…

Un rito che soppesa con il bilancino i destinatari del privilegio, scelti per massimizzare l’impatto mediatico: metti un musulmano, un senza fissa dimora, un disabile, un ateo, un omosessuale… chissà quante altre categorie speciali verranno incluse la prossima volta nel gesto. I loro piedi lavati dal papa: il segno che meritano il posto d’onore, come un atto dovuto. Questa è l’idea che va per la maggiore oggi. Sottotraccia, ma passa.

E come il papa, magari solo a beneficio della piccola eco dei giornali locali, anche molti vescovi s’ingegnano di inscenare un rito politically correct. Dove i migranti, i carcerati, le minoranze, chi rifiuta la morale cristiana, chi neanche è cristiano, diventano le vittime/i buoni da coprire di onori.
Esempio: oggi l’arcivescovo di Napoli celebra la messa in un campo rom. Il papa torna in un carcere minorile. L’arcivescovo di Manila laverà i piedi ad un gruppo eterogeneo, dove giornalisticamente spiccano i rappresentanti di comunità indigene, lavoratori, mondo LGBT.

L’umiliazione di lavare i piedi ad un estraneo, pur ridotta a simbolo, diventa un gesto scontato: un riconoscere a denti stretti che il papa, e a maggior ragione i suoi, dovrebbero vergognarsi di ciò che sono e rinunciare ai propri privilegi.

Da parte di Gesù era una provocazione a cambiare vita, perché per quelli che aveva davanti, lui era il Messia, il Maestro amato, venerato, adorato infine. Gli Apostoli perciò erano in grave imbarazzo.
Ma il clero oggi non ha più il rispetto del popolo, perciò a fare così manda un segnale di segno diametralmente opposto!
Dal Salvatore si impara l’umiltà, attraverso l’esempio. Dai preti remissivi, che sposano gli stereotipi moderni su potere dal basso, identity politics e colpe collettive, si impara l’arroganza nei loro confronti e la lotta permanente tra gruppi sociali.

 

Superficiali

La lavanda dei piedi piace -all’esterno- un po’ come all’insipiente cattolico sinistramente globalizzato piace il segno di pace durante la messa, che ho sentito discutere da classici cattopiddini come fosse un punto centrale del rito e non un’aggiunta di importanza secondaria. Nella messa si rende presente ancora una volta in maniera incruenta il sacrificio di Cristo nell’Eucarestia? Macché, la messa è prima di tutto l’occasione per venirsi incontro, un’assemblea in cui ci guardiamo negli occhi e ci diciamo “Pace!” Non è forse bello così? La nostra festa non deve finire e non finirà. Perché la festa siamo noi. Eccetera. Giusto?
Analogamente: ci sono tanti segni, tanti contenuti complessi stratificati nella liturgia di oggi? Macché, è tutto molto semplice. Il punto è che la Chiesa questo deve fare, e del resto ha sempre fatto: aiutare, lavare i piedi, fare quelle che i vecchi bigotti chiamavano opere di misericordia corporale. E già che c’è, fare ammenda per le proprie colpe, demolire la gerarchia. O ché, questi preti e vescovi davvero credono di cavarsela con così poco, un gesto una volta all’anno, pro forma, e poi tornare a gestire unilateralmente il loro sistema di potere patriarcale? Giù dal piedistallo devono scendere, questo è solo l’inizio.

Ecco, non c’è niente di più moderno: ritrovare negli occhi dello spettatore un rito che simboleggia il ridurre la Chiesa ad una agenzia di assistenti sociali.
“Chinatevi a dare una mano concretamente, è questo il nostro orizzonte!”

 

Il prossimo!

Gesù non si è sognato di fare la lavanda dei piedi a qualche passante. Ha scelto gli Apostoli perché la carità parte da chi ti è più vicino.

Volete una lavanda dei piedi fatta bene? Il papa si mostri servo di alcuni vescovi, al massimo può inserire nel gruppo dei preti. E il vescovo lavi i piedi esclusivamente ai preti. Perché l’amore cristiano non è un facile gesto estemporaneo verso lontani che non incontreremo più, al contrario ci impegna a migliorare i rapporti con quelli con cui ci rapportiamo normalmente. C’è un ordine nelle cose.
E Dio solo sa… anzi, molti sanno, quanto il clero da anni abbia bisogno di non essere solo bistrattato dai superiori, in specie dal papa. Di ricevere un segno di affetto. Di non essere criticato per la propria fedeltà alla tradizione.

E se è vero che la logica del gesto di servizio ed auto-umiliazione è trasferibile a tutti i livelli, e potrebbe essere messa in scena persino dal prete per i semplici fedeli, o addirittura verso persone estranee alla comunità, ogni azione ha un valore in ciò che comunica; quando potrebbe essere fraintesa, è tuo dovere non farla!
Quindi lavare i piedi a chi non crede no, perché non lo stai aiutando a capire che per te è in errore ed hai un Vangelo da fargli conoscere; lavare i piedi al musulmano assolutamente no, perché (se segue con attenzione la sua religione) lo interpreterebbe come un atto dovuto di sottomissione all’Islam; lavare i piedi a chi vive una condizione contraria alla morale cristiana davvero no, perché deve capire che gli si chiede una conversione, che è l’esatto contrario del cristianesimo svilito, terapeutico, insipido che ti dice semplicemente che devi essere accettato per come sei.
Anche lavare i piedi ad un rappresentante di una categoria neutra, non moralmente discutibile e comunque cattolico, tutto sommato non va bene: sposta l’accento dalla persona all’appartenenza ad un gruppo. Essere cristiani significa guardare alla persona concreta, nella sua unicità. In chiesa non sei nero, bianco, indio o birulò. Sei tu, basta. Se ti tratto come rappresentante di una realtà sociale creo barriere, politicizzazione e conformismi.

 

Insomma, visto che oggi si celebra anche l’istituzione del sacerdozio….

Ecco un consiglio non richiesto che tanto non verrà letto: il prete torni a fare il prete: incarni il sacro, invece di dissacrare per farsi uno di noi. Un compagno.

E a maggior ragione il vescovo e il papa. Accettino gli oneri che il loro ufficio comporta, incluso un distacco, una separazione che non permettono di fare tutte le cose che fanno gli altri, né di fare i piacioni con iniziative politicamente alla moda. Imparino a pensare che lavare i piedi ad un laico è un’iniziativa troppo audace, imprudente. Che non sono loro che dirigono lo show.

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