Pseudo-Omelie Di Un Laico -3- Le Palme

Nel terzo appuntamento mi prendo la libertà di entrare un momento nel vivo della Settimane Santa che va ad iniziare, per uscirne subito.

DOMENICA DELLE PALME: PASSIONE DEL SIGNORE – ANNO A

Johannes Paulus II

Voglio soffermarmi oggi solo sulla lettura introduttiva di questa giornata, lasciando ad altre occasioni l’immensa mole di spunti che fornisce il racconto della Passione.

 

Il popolo acclama Gesù come un grande profeta; entra in Gerusalemme, nientemeno, con la gente che gli prepara la strada stendendo per terra le fronde degli alberi (da qui il nostro usare palme ed ulivi per la ricorrenza). Molti anzi stendono i propri mantelli: un’accoglienza esagerata, degna di un re. Pensiamo alla strada di terra battuta, impolverata oppure infangata, il gesto di agevolare il più possibile l’ospite illustre insozzando il proprio prezioso mantello per farlo passare…

Curioso nel testo il “dialogo” tra la città, che si chiede chi sia questo Gesù, e la folla, che risponde chiamandolo profeta, cioè uomo che porta la parola di Dio.

Le mie misere capacità non mi permettono di analizzare questo gioco di rimandi. Collettivamente, per come appare nel racconto, la folla, questa entità informe e multiforme, è tutta per Gesù. Dopo qualche giorno invece, urlerà a gran voce di liberare Barabba, e di crocifiggere proprio questo Gesù che ora acclama.
Il contrasto non potrebbe essere più netto.

L’approccio scettico può facilmente eliminare il problema e smontare tutto, in un crescendo:

-erano folle diverse (la città rappresenta la vera folla di Gerusalemme, quest’altra folla è di gente che arriva da fuori, prevalentemente discepoli, magari organizzatisi per fare un’entrata come si deve, per impressionare);

-il contrasto c’è, ma gli eventi dell’entrata trionfale e della crocifissione sono magari distanti tra loro, e sono stati presentati assieme perché faceva gioco alla predicazione;

-l’intero episodio delle Palme sarebbe inventato;

-uno può affermare che un po’ tutto all’interno di questi racconti evangelici sarebbe inventato.

 

Eppure già la prima possibilità prospettata, quella di un evento più circoscritto, che coinvolgeva una folla di seguaci, è talmente verosimile che non si capisce il perché di una ostilità pregiudiziale di molti alla verità storica dell’entrata trionfale in Gerusalemme. Gesù manda due discepoli a procurarsi le cavalcature, puledro e asina. La scena, che saremmo tentati di leggere come un racconto fantastico, dove Gesù predice gli eventi e la gente accondiscende senza fare domande, in realtà si spiega molto meglio pensando ad un evento organizzato in precedenza.
Ma nel clima facilmente infiammabile del tempo, con tutta l’attesa messianica che c’era, sarebbe veramente da ingenui ritenere che nella folla del racconto ci fossero solo i discepoli di Gesù.

La gente è volubile, emotiva, influenzabile. Il contrasto di cui parlavo sopra è “bello” perché ci dice qualcosa della natura umana. Anche la vicinanza alla Passione, nel racconto, corrisponde a quel che ci aspettiamo da un evento reale: difficile pensare che un rabbì comunque molto seguito, che secondo le voci sembrava identificarsi con qualcosa più che un profeta, avrebbe ottenuto una grande visibilità tra il popolo e poi tutto sarebbe scemato, con le autorità vigili ma inattive, per poi ritornare in un secondo tempo, a freddo, ad arrestarlo. Molto più credibile il racconto così com’è: la situazione, con un bagno di popolarità nell’approssimarsi della Pasqua Ebraica, sembrava precipitare dal punto di vista dei Sommi Sacerdoti: andava fermato.

E quindi torniamo al punto di partenza, tutto sommato davvero credibile: la folla prima osanna Gesù, e dopo poco lo fa crocifiggere.
Credibile soprattutto perché ci parla di umanità, ci parla di come siamo. Siamo noi, tutti noi, gli stupidi che fanno una cosa e poi il suo contrario, nella foga di ottenere l’approvazione del vicino. Manipolabili, chi non lo è?

Ma a me interessava sottolineare il valore archetipo di questo contrasto Palme/Passione, perché ci dice molto di più, in filigrana. La storia è fatta dagli uomini, e per questo ne riflette le miserie. Non deve stupire dunque, che si trovino abbondanti esempi storici che seguono proprio questo schema, Palme/Passione. Trionfo/Crollo.
Anche se solo Gesù Cristo poi risorge.

Ricordo che parlai di questo schema ad un incontro di un gruppo di ragazzi della Parrocchia nel 2012. Citai la pseudo-profezia attribuita a San Malachia, che assegnerebbe ad ogni papa futuro un motto, dando così modo ai più intraprendenti di cercare di dare un senso a quelle poche parole enigmatiche, da far corrispondere con le figure dei papi via via succedutisi. Ed ecco che dunque Giovanni Paolo II, identificato (se la profezia fosse vera, e non lo credo) con il motto “De Labore Solis”, sarebbe stato il terzultimo papa in assoluto.
Particolare importante: una profezia ampiamente nota influenza perlomeno l’agire di alcuni, anche senza essere di origine soprannaturale. Per questo mi aspetto che alla fine fallisca in qualche modo, ma non senza aver aiutato un certo schema ad affermarsi.

È stato fatto notare come il nostro amato papa polacco abbia fatto davvero la fatica di girare instancabilmente attorno al mondo come il sole, per illuminare col Vangelo ogni angolo della Terra: in effetti un impegno inedito, pensando a quanti papi mai si mossero da Roma.
Sobbalzai quando mi colse il pensiero: ma allora il Re di Francia? Il terzultimo re, Luigi XIV, fu appunto soprannominato il Re Sole, e rappresentò l’apice del prestigio e del potere per la sua monarchia. Terzultimo perché come tutti sanno Luigi XVI finì ghigliottinato.

Ora, a parte che ovviamente non mi aspetto alcuna brutta fine per papa Francesco, le somiglianze colpiscono.
Come ha fatto il popolano che ammirava da bordo strada il passaggio di questo profeta che entrava in città, ad urlare di crocifiggerlo non molti giorni dopo? (Sono istintivamente per scommettere che qualcuno fosse presente ad entrambi gli eventi.)
Com’è che nei libri di storia leggiamo di eserciti persiani potentissimi, e poi all’improvviso la Persia viene spazzata via?
Come ha fatto una monarchia così forte e ricca di onori e di possedimenti come quella di Luigi XIV, a crollare pochi anni dopo?
E che sta succedendo alla Chiesa Cattolica? Ci rendiamo conto del livello inaudito raggiunto dalla presente crisi?
Sembra già un tempo lontanissimo, quello in cui si poteva davvero, e con sincerità, difendere Papa Wojtyla dai detrattori, contando su di un rispetto diffuso, anche se a denti stretti (nei media laici!) per l’uomo, il suo ufficio, persino verso l’istituzione Chiesa, che per quanto osteggiata era vista come un avversario temibile e capace.
Quanta acqua è passata sotto ai ponti!
Oggi la Chiesa è sempre meno dileggiata perché ormai considerata sconfitta ed irrilevante, quindi nemmeno degna della considerazione di chi la disprezza: una perdita di tempo, meglio occuparsi di cose più importanti.
E per scendere ancora più in basso, ormai la demolizione è particolarmente spinta anche all’interno; le chiese sempre più vuote, tanti preti pavidi, irrilevanti o eretici, i vescovi scelti con criteri rovesciati, secondo le categorie della politica. Le voci e le forze sane, sempre più silenziate. Veramente stiamo entrando in una dura, e forse lunga, Passione. Nella quale non possiamo che osservare la nostra impotenza. Siamo servi inutili. La Risurrezione, quella solo Uno può darla; anche quella metaforica, della rinascita spirituale di un popolo.
Ma nel frattempo questa osservazione non può essere una scusa per lasciarsi andare, o per pensare ad altro. Ci vuole la consapevolezza dei tempi che stiamo affrontando, per combattere la buona battaglia.
Ricordo con affetto le parole del mio vecchio parroco, in vista di quell’incontro coi ragazzi (mi conosce, sa che posso dire cose sconvenienti): si raccomandò di non dare loro scandalo. E io invece lo scandalo volutamente lo diedi, parlando loro di una grande crisi nella Chiesa. Perché, a pensarci, se uno a 18 anni inizia a pensare che l’appartenere alla Chiesa Cattolica sarà una fatica ed un rischio, forse non getterà la spugna quando a 40 sarà per lui un’impresa trovare una chiesa aperta, e ancor più sapere se dentro si celebra un rito legittimamente cattolico.

Dobbiamo prepararci.
Guardiamo sempre con nostalgia e riconoscenza alla stagione di Lolek, del nostro santo Karol Wojtyla: una grande, lunga, processione delle Palme. Un’ultimo, grande bagno di folla, di ottimismo e di raduni oceanici. Di parole schiette, dirette, specchio di una dottrina solida ed insegnata con intelligenza.
Le Palme di Giovanni Paolo II devono essere le batterie a cui ricaricarci. Tornerà, il trionfo, un giorno. In forme completamente differenti. Lo crediamo.

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