Pseudo-Omelie Di Un Laico -6- Sabato Santo

Peccato la Settimana Santa sia così meravigliosamente densa di contenuti, e i più, impegnati in altre faccende, non assistano mai alle celebrazioni.

VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTA (ANNO A)

Billboard that reads: "What are you waiting for?"

La messa del Sabato Santo non mi è mai piaciuta. Per carità, lungi da me voler sapere come dovrebbe dipanarsi un calendario liturgico, e stavolta dico davvero. Però… Permettetemi di esprimere una sensazione, da ignorante. Ricordo soprattutto il tempo in cui, ragazzino, appartenevo già alla classe dei lettori. La scelta delle letture della Veglia Pasquale ti spiazzava.

Ora, passi che alla sera del sabato, che dopotutto sarebbe ancora un giorno penitenziale, di attesa della risurrezione, si corra già a celebrare la Pasqua: la Chiesa in qualche modo ha fretta di arrivare al dunque.

Ma si propone una serie di letture che vorrebbe essere una sorta di carrellata riassuntiva, un “come eravamo” del Vecchio Testamento, buona nell’intenzione per dare il senso di un essere introdotti alla nuova fede per i catecumeni (nuovi battezzati adulti, rara visione oggi).

Abbiamo l’evento nuovo, straordinario, in sé inconcepibile: il reietto morto in croce che si rivela signore della vita e della morte e torna a mostrarsi, glorioso, nel suo corpo risorto. La freschezza di questo annuncio viene sommersa in un fiume di parole, per una cerimonia che al bambino appare davvero interminabile.
Il parroco ci diceva sempre che la vera celebrazione della Pasqua era quella. Si raccomandava di partecipare a quella.

E così il Sabato cruciale ci ritroviamo a contemplare una storia diversa, che ha l’impronta del gusto degli antichi Ebrei per la ripetizione enfatica, e nessuna remora a gloriarsi di eventi cruenti, come segno di una benedizione divina.
Ricordo l’imbarazzo con cui io, lettore forse sedicenne, propinavo ai parrocchiani

Il Signore è un guerriero,
Signore è il suo nome.
I carri del faraone e il suo esercito
li ha scagliati nel mare;
i suoi combattenti scelti
furono sommersi nel Mar Rosso.

pensando “ma veramente io ero venuto per la Pasqua”…

Ed è solo un esempio: si parte letteralmente da Adamo ed Eva, si passa per un insistito sottolineare questa storia degli Egiziani morti sulla riva del mare. Per chi sceglie l’intero programma di letture, incluse quelle facoltative, siamo a 9 letture, di cui 7 dall’Antico Testamento e una dal Vangelo. La gente non mantiene alto il livello di attenzione.

Per chi vada sempre a messa, perlomeno nella Settimana Santa, e soprattutto per il punto di vista soggettivo dei preti, il quadro è davvero molto bello e completo: alle Palme e al Venerdì hai il Passio, due volte per il peso che merita. Al Giovedì l’Ultima Cena, che merita il suo spazio. Il Vangelo della Resurrezione due volte, alla vigilia e alla mattina di Pasqua; e nella prima occasione, per completezza, puoi ammirare dipanarsi davanti ai tuoi occhi tutta una storia preparatoria, che porta il segno della profezia e dei parallelismi simbolici tutti da apprezzare.

Ma per il fedele disimpegnato, alle Palme succede tutto: il gadget benedetto, un pezzo di processione, il racconto fondamentale della Passione…
Poi si salta direttamente alla Pasqua: o al Sabato Santo, dove però ci si stanca, e l’attenzione si perde in una serie di temi e racconti che sembrano stimolarlo a provare distacco per questo mondo religioso, così lontano per toni e sensibilità. Oppure alla Domenica, dove però in molte parrocchie, per aver enfatizzato il Sabato come “vera festa di Pasqua”, la messa è abbastanza poco frequentata, si svolge tutto in tono minore, e incontra un pubblico di cattolici all’acqua di rose come lui…
E allora come stupirsi della parrocchiana, quasi proverbiale dalle mie parti, che una volta si vantò della propria orgogliosa appartenenza alla Chiesa Cattolica dicendo: “Ah, io ci tengo eh: a Natale alla Messa di Mezzanotte, e alle Palme, io non manco mai!”
Ecco, per questo ho parlato di pubblico. Gente da due messe l’anno, istintivamente vede “la Pasqua” nelle Palme.

 

Diciamocelo, è meglio non esagerare nelle critiche e tenerci la liturgia così com’è.

Realisticamente, non potremo mai creare una liturgia a prova di distratti. Ed è giusto, in fondo, che ci siano parti più impegnative. Senza quella carrellata di letture la Pasqua sarebbe presentata in maniera incompleta.

Forse occorrerebbe solamente chiarire un punto: la festa liturgica di Pasqua, per tutti, sia la Domenica. Chi non può avrà comunque una bella alternativa nella Veglia del Sabato. Per chi invece ha modo, i parroci dovrebbero insistere: cercate di partecipare alle 4 celebrazioni, dal Giovedì alla Domenica, perché in questo modo potete assaporare la Pasqua nella sua pienezza; o perlomeno, di partecipare a quelle che riuscite.

C’è una grande ricchezza tutta da esplorare, nel modo in cui la venuta del Salvatore, del Messia annunciato, si intreccia con una storia, viene prefigurata, profetizzata, simboleggiata da Abramo che è pronto a sacrificare Isacco, da Mosè che porta il popolo di Dio verso la liberazione dalla schiavitù, infine contrapposta alla caduta di Adamo.
Il fatto che questi eventi anticipatori ci suonino così distanti ed alieni è funzione di una precisa necessità, anch’essa da apprezzare: una profezia vera deve realizzarsi sì, ma in maniera differente da quella prevista, altrimenti si potrebbe pensare che non ci fosse nulla di speciale nella profezia stessa. Discorso complesso che dovrò affrontare in futuro.

In realtà forse il vero imbarazzo nasce dal registro veterotestamentario, che parla del Signore degli Eserciti, non ha remore a gloriarsi di una storia piena di sangue e guerre. Ma anche questo fa parte dello schema da scoprire piano piano: nella nostra lontananza imbarazzata da quegli eventi troviamo sia un ammonimento per non rimanere chiusi nel nostro pacifismo imbelle, che non si sporca le mani, sia un’occasione di capire che Dio agisce attraverso tutta la storia, anche negli angoli più bui. E, di nuovo, la distanza che vediamo tra Gesù che porge l’altra guancia e il suo popolo orgoglioso è funzionale ad impedire agli smitizzatori di avere ragione: se la storia del Messia l’avessero inventata, non sarebbe quella che conosciamo, ma una diversa, di un condottiero magari.

Il Gesù che vorremmo incontrare, quello che aspettiamo ogni anno di celebrare risorto, non è il tipo di Messia che si attendevano, perché è proprio così che deve essere: fuori da ogni nostra aspettativa. Vero anche nel non darcela vinta, nel venirci incontro ma scombinando i nostri piani; guidandoci verso il nostro vero bene, invece di esaudire desideri.

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