Donald di fronte a Francesco
Ci sono due soggetti generatori di notizie fresche su cui originariamente mi volevo focalizzare in questo blog: la Presidenza degli Stati uniti e il Vaticano. A momenti del Papa non ne ho parlato, mentre al contrario sembra che non faccio che scrivere di Trump, come fossi fissato. Vedete, non è solo che Trump porta aria fresca, sviluppi positivi, mentre la Chiesa Cattolica vive una stagione più che deprimente, vicina al suo punto più basso.
Queste due realtà si muovono in maniera molto differente. Mentre i vescovi “progressisti” si danno da fare per distruggere la Chiesa dall’interno, spingendo per riforme basate su idee di 50 anni fa, in più reagendo agli eventi in maniera passiva e prevedibile, continuamente manipolati o battuti da chi è più furbo di loro, l’amministrazione Trump invece è partita in quarta, spiazzando parecchi nella sua sfida coraggiosa al Sistema. Creando una discontinuità, una rottura ma feconda.
Non si potrebbe presentare un contrasto più netto: Papa Francesco, lo dico con cuore affranto, è un caso da manuale sul modo più controproducente di comandare, creando divisione; Trump invece studiatevelo: fornisce ottimi esempi di cosa significhi una leadership efficace. Nonostante giornali e TV facciano di tutto per convincervi dell’esatto contrario.
High energy
Trump ha messo molta carne al fuoco già nella sua prima settimana da presidente. Ordini esecutivi, dichiarazioni, nomine, incontri con capi di stato (Italia giustamente non pervenuta vistane l’irrilevanza), assunzioni e licenziamenti… Gli avversari di fronte a questo fiume di novità hanno cominciato una campagna contro questa Presidenza basata sulla ripetizione di un mantra: la parola caos. I sostenitori parlano invece di disruption, ovvero di discontinuità, rottura positiva.
Il fido CTH intelligentemente nota riguardo ai media ostili:
L’orologio di Trump avanza tanto velocemente che non fanno in tempo a mettere in moto la loro tattica classica basata, sul coordinare una critica a senso unico. Il Presidente è una persona sola, eppure li ha circondati.
Lo stile Trump: schivare i colpi.
I giornalisti infatti agiscono in branco: gli attacchi concordati massimizzano la forza del gruppo; ma questo tipo di azione ha bisogno di tempo per riuscire ad avere un impatto. Muoversi più velocemente è una tattica efficacissima per neutralizzare questo tipo di predatore.
In un articolo recente ho messo in evidenza alcune somiglianze tra Donald Trump e Barack Obama; eccone un’altra.
Nell’Era dell’Informazione, dell’eccesso di dati, non paga limitare la propria esposizione. Al contrario, funziona bene il sommergere gli avversari con nuovo materiale a cui sono chiamati a reagire. Le notizie compromettenti non si riesce a tenerle segrete, quindi vengono coperte col buttarle in un mucchio enorme di notizie su altri argomenti, oppure false, mezze false o irrilevanti; sono sotto gli occhi di tutti, ma così non si notano più.
Obama è riuscito a saltare da uno scandalo all’altro e restare indenne perché la mole della disinformazione e delle falsità da discutere era tale che non si riusciva ad affrontarle. Diventava anzi facile dichiarare che una certa tematica era “old news”, ovvero storia vecchia, sorpassata, su cui potevano insistere solo i fissati. E si passava alla polemica successiva.
Trump invece sovraccarica i critici coll’attività frenetica; questi non possono fare gli scandalizzati per una decisione specifica e battere su questo tasto per settimane, imprimendo a fuoco un giudizio di condanna nella testa del pubblico, perché nel frattempo la gente ne avrà viste succedere troppe e diverse, avrà spostato la sua poca attenzione su altro.
Ma non preoccupatevi: i media tra un po’ ci prenderanno la mano e sapranno dire la loro. Il prezzo da pagare: la comunicazione politica e gli eventi legati al Presidente saranno sempre più scollegati dal ciclo delle notizie che vi presenteranno come importanti. Trump e la CNN finiranno per parlare l’uno dell’altra, ma a distanza.
Lo stile Trump: un esecutivo dinamico, che si adatta in corsa.
In un breve articolo che consiglio a chi mastica la lingua di Shakespeare Hemingway, Scott Adams ci spiega come ci sia del metodo in questo stile operativo apparentemente confusionario e imprevedibile, in realtà eccezionalmente produttivo:
Se vi trovate di fronte un editorialista che descrive queste prime mosse di Trump usando la parola “caos”, sappiate che probabilmente si tratta di persona priva di esperienza imprenditoriale. Nel mondo delle aziende startup, la velocità ha sostituito l’intelligenza per tutte le situazioni in cui è possibile una verifica rapida dei risultati.
Le aziende vincenti, che hanno successo perché rompono gli schemi (ovvero le uniche che veramente riescono a costruirlo, il successo), si basano sul prendersi dei rischi, testare nuove idee e cambiare strada rapidamente, buttando via molto e tenendo solo il buono. Le grandi aziende affermate funzionano invece come delle burocrazie: per questo diventano lente e prevedibili, prima o poi scivolano in basso.
Trump sta portando la mentalità imprenditoriale in politica. Cosa che, nonostante le promesse, non si può dire che Berlusconi sia mai stato capace di fare.
Non è possibile battere i nemici o pretendere di mettere le redini ad un mondo sempre più complesso attraverso una minuziosa pianificazione preventiva. Bisogna invece essere saggi, adattabili. Proiettare sì un senso di sicurezza ma a partire da piani solo provvisori, essere pronti a combattere come a cambiare direzione.
Eppure i più, quando si tratta di politica, si fanno certi che un buon candidato (o un buon partito) si riconosca dal proporre un dettagliatissimo piano, il mitico Programma Elettorale®, e dal dedicarsi con pervicacia a metterlo in pratica nei successivi .
C’è da rendersi conto che parliamo di una mentalità completamente diversa. Hanno fatto le pulci ad ogni parola detta da Trump durante la campagna elettorale, aspettandosi da lui prevedibilità e coerenza. Non capiscono. Trump ha (più o meno) difeso l’idea che la famosa multinazionale degli aborti Planned Parenthood fornisca servizi ben oltre il semplice aborto; ha anche detto più volte che voleva costruire un muro invalicabile al confine tra USA e Messico. Ora, come presidente, sta ancora lavorando con fermezza sul progetto del muro, ma al contrario ha subito tolto i finanziamenti a Planned Parenthood. E’ una scelta prevedibile. Ha un senso. I suoi elettori lo capiscono. Sono i giornalisti che non ci arrivano.
Essere un buon manager d’alto livello, che costruisce, richiede delle capacità completamente differenti da quelle che si possono acquisire in anni ed anni di carriera legislativa, dove si discute per settimane sul contenuto di un paragrafo e nessuno si smuove dalle proprie convinzioni.
Idealmente in politica tutti dovrebbero essere prevedibili nelle loro decisioni (rendere conto agli elettori), agire al rallentatore (eh, le procedure…), inoltre legati da una serie di vincoli precedenti, parole d’ordine dettate dall’ideologia ed interessi economici vari… In questo modo ciascuno viene neutralizzato da tutti gli altri: il risultato, la combinazione di queste reciproche ingessature, sarà quindi insapore, stupido; precisamente il tipo di compromesso che si otterrebbe sostituendo i parlamentari con delle pedine.
Non ci meravigliamo allora poi quando qualcuno che ha forza, determinazione e pelo sullo stomaco, per esempio qualche potenza non proprio democratica, gioca con questi politici come con le marionette.
Ecco perché ci voleva un cambio di passo. Questa è l’opportunità che molti Americani hanno scorto in Trump.
Immigrazione, blocco ingressi da 7 nazioni ritenute pericolose, eccetera.
La campagna elettorale di Trump aveva il suo cavallo di battaglia nella lotta all’immigrazione clandestina e al terrorismo islamico, inclusi i rischi di infiltrazione di terroristi tra le file di nuovi arrivati sul suolo americano.
Trump sta facendo quello che aveva promesso. Le proteste sono anch’esse consequenziali, prevedibili in un gioco delle parti.
Ho un suggerimento per chiunque voglia commentare questi sviluppi e quelli successivi: non innamoratevi della vostra retorica, pro o contro, che riguardi immigrazione, visti, elenchi di paesi, procedure di indagine eccetera. I dettagli tecnici cambiano e continueranno a cambiare, smentendo le semplificazioni.
Altrimenti perché si chiamerebbe esecutivo, se non reagisse, non mandasse segnali, non affrontasse la situazione in maniera aperta?
Ciò che conta invece: i principi di fondo.
E’ in corso uno scontro tra 1. una cultura autodistruttiva, che vive di ricatti morali e definisce “giusto” il garantire diritti umani immaginari a chiunque esprima un bisogno, senza tener conto delle conseguenze o della fattibilità, e 2. la volontà di agire con buonsenso per salvaguardare il futuro di un paese (cosa che deve includere il controllo dei confini e il decidere chi può entrare).
Purtroppo, come possiamo osservare ormai giornalmente leggendo i titoli strillati ed allucinati di Avvenire, molti uomini di Chiesa in posizione di potere hanno deciso di sposare una mentalità artefatta e decadente, che potremmo esprimere nel motto “Dobbiamo arrenderci e favorire il tramonto della nostra civiltà, perché in questo modo ci dimostreremo buoni ed accoglienti.” Da qui il dovere di dare un appoggio incondizionato a qualunque migrazione incontrollata, e da qui gli attacchi in apertura di prima pagina contro Trump, con uno stile degno dell’Unità dei tempi d’oro.
Nel descrivere queste sparate di Avvenire la bravissima Benedetta Frigerio parla di “astio tanto irrazionale da falsificare la realtà”.
Vincere facile: la nomina del giudice per la Corte Suprema
Devo dire che sono ancora perplesso riguardo alle reali chances per Trump quanto all’economia: rovesciare il corso degli eventi, fermare la crisi in arrivo e costruire un’America più ricca (problema molto difficile). Ma mi fa ridere che in tanti negli USA si siano preoccupati della capacità (o volontà) di Trump di nominare un degno candidato per la Corte Suprema degli Stati Uniti. Questo sì che è un problema facile! (Vedete qui per un chiarimento su facile/difficile).
La Corte Suprema -per chi non lo sapesse- è il più alto organo giudiziario, che valuta la costituzionalità delle leggi ed ha un potere enorme, dato che non è appellabile e può modificare il panorama culturale e giuridico della nazione, e di riflesso anche del resto del mondo occidentale. Si veda ad esempio la recente decisione di estendere il matrimonio alle coppie dello stesso sesso, deciso ad arbitrio dai 9 giudici a vita (4 contro, 5 a favore) e diventato un duro punto fermo.
Trump sa giudicare le persone. I suoi consiglieri avevano tutto il tempo di scegliere.
Ed ecco dunque il giudice selezionato: pare proprio un bel colpo.
Neil Gorsuch è più che qualificato e stimato. Giuridicamente è un originalista, cioè guarda alla Costituzione Americana come ad un documento da interpretare cercando di rispecchiarne il contenuto originale. Per questo è un rimpiazzo naturale per il defunto Antonin Scalia, mente finissima e integerrima, vanto degli Italoamericani; l’unico giudice che io abbia mai ammirato (in vita), anch’egli originalista.
Ma non dovrebbero forse ragionare così tutti i giudici? Oggi i più si pongono invece al di sopra della legge, inserendo surrettiziamente le loro opinioni personali nelle sentenze, nelle leggi e addirittura nelle costituzioni. Gli basta semplicemente adoperare qualche sofisma linguistico, per fingere che i loro provvedimenti fossero già contenuti implicitamente nel testo da loro “interpretato”.
Per capirci: uno dei casi più famosi decisi dalla Corte Suprema è stato quello che ha preso origine dalla causa legale denominata Roe v. Wade. Attraverso la sentenza della Corte del 1973, l’aborto è stato reso legale negli USA. Questa decisione ha fatto scuola e ha facilitato un processo-domino, di diffusione dell’aborto nel mondo per contagio ed imitazione. Ebbene, quei 9 giudici avevano deciso arbitrariamente che a loro modo di vedere (scartabellando precedenti legali…) un feto non sarebbe una persona, inoltre derivarono il diritto ad uccidere un figlio dal diritto alla privacy… No, dico, la privacy!
Il potere giudiziario deve verificare ed applicare, non creare ed ispirare.
Ma sentiamo come la mette Gorsuch stesso:
[…] Nel nostro ordinamento è il Congresso e non le Corti che scrive le leggi.
Il ruolo dei giudici sta nell’applicare, non nell’alterare il lavoro dei Rappresentanti eletti.
Un giudice a cui piacciono tutte le sentenze che emette è molto probabilmente un cattivo giudice.
Non solo Gorsuch sembra una buona scelta; qui CTH spiega brillantemente come, grazie ad un sapiente manovrare del Team Trump, gli avversari Democratici saranno praticamente costretti a fare buon viso a cattivo gioco ed approvare ufficialmente abbastanza alla svelta la nomina di questo giudice, nonostante le proteste della base.
Rimettersi sul binario
Durante il regno di Trump probabilmente verranno nominati altri 2 giudici, per sostituire una Democratica ed un Repubblicano (che però spesso “tradisce” e vota coi Democratici), entrambi troppo anziani e che desiderano ritirarsi (autopensionarsi). Questo significa che il prossimo futuro potrà vedere una schiacciante maggioranza R nei giudici, e quindi decisioni a lungo termine (Gorsuch ad esempio è ancora giovane) determinate da Trump e dalla sua volontà di farsi riconoscere ed ammirare come autentico conservatore. E chi l’avrebbe detto!
Ironia della storia. La sinistra ha fatto di tutto per conquistare potere mediatico, politico, burocratico. Per poi abusarne, prima di tutto proprio nella Corte Suprema, che in sè, vista da fuori, concentra effettivamente troppo potere. Ma ora proprio questo sistema sbilanciato gli si ritorce contro!
Avrebbero potuto tenere un profilo un pochino più basso, aspettando pazientemente di completare il lavoro di indottrinamento di scuole ed università; aspettando che i vecchi testardi Repubblicani morissero di vecchiaia, per essere sostituiti da immigrati freschi e pronti da plasmare, fedeli nel voto in cambio di una promessa di aiuti e sovvenzioni.
Ce la stavano facendo, ma hanno esagerato, superando i limiti della decenza, causando la reazione: Trump è stato eletto… e così l’America non li seguirà più nei loro .
Il cosiddetto Trump Train (treno di Trump, espressione colloquiale per indicare la forza dirompente del nuovo movimento) sta partendo tra grandi sbuffi di vapore. Ma se guardate fuori dal finestrino, potrebbe sembrare di vedere che è la stazione invece che pian piano scivola all’indietro. La granitica, inamovibile stazione dell’utopia mondialista. Il passato.