ONO, approccio furbo alla stampa 3D

Cos’è ONO

Ci sono idee talmente buone che vorresti averle avute tu.

L’azienda startup ONO sta lanciando un sistema di stampa 3D per telefonini, capace di produrre oggetti solidi a partire da uno schema scaricato da internet o disegnato dall’utente.

L’idea è quella di usare un comune smartphone come hardware principale: ha la potenza di calcolo, le connessioni, la versatilità per ospitare il software che gestisce il tutto, e soprattutto uno schermo ad alta risoluzione. Lo schermo è la chiave perché emettendo man mano luce secondo uno schema (basato sulle sezioni dell’oggetto che si vuole ottenere) può far solidificare, strato dopo strato, le speciali resine plastiche liquide fotosensibili.

L’elettronica di ONO quindi è molto semplificata, praticamente deve solo coordinarsi col software del telefonino e spostare verticalmente il piano su cui viene fissato l’oggetto in fase di realizzazione.

In questo modo il costo è contenutissimo: venderanno il kit a 99$, disponibile già da Aprile. Le prime consegne simboliche sono avvenute ad un Tech Show a New York, durante la presentazione di lancio il 23 Marzo scorso.

Forse tutto è più chiaro se guardate il video qui sotto (nella campagna iniziale si chiamava ancora OLO).

ONO è un’idea geniale perché lavora sul principio della semplificazione.

Porta la stampa 3D ad essere praticamente accessibile a tutti. Le stampanti tridimensionali siamo abituati a pensarle come apparecchi professionali voluminosi e costosissimi, oppure come aggeggi dall’aspetto provvisorio e traballante, riservati a qualche smanettone hobbista.

Oggi invece una stampante 3D diventa un accessorio del telefonino!

 

Chi è ONO

I fondatori di OLO, oggi diventata ONO

Pietro Gabriele e Filippo Moroni, i creatori

Apprezzo la capacità che hanno dimostrato i fondatori di ONO di pensiero laterale: provare a porsi i problemi in una maniera completamente diversa da quella abituale.

Avevano fatto altre esperienze, l’uno come imprenditore, l’altro nella prototipazione 3D. Hanno saputo proporsi bene, conducendo una campagna vincente su Kickstarter: volevano raccogliere almeno 80mila dollari, ne hanno ottenuti quasi 3 milioni.

Per chi non lo sapesse, Kickstarter è una piattaforma di autofinanziamento online con cui un creativo propone al pubblico un progetto e chiede denaro secondo uno schema a quote fisse, dando in cambio ai finanziatori una “ricompensa” adeguata alla quota versata (ad esempio una versione limited edition del prodotto finale, accessori, magliette firmate…).

 

Va detto che la bozza di questo mio articolo risale ad agosto scorso, ho continuato a rimandarlo perché i tempi di consegna slittavano: seguire un progetto del genere ti aiuta a capire le difficoltà che passano da una bella idea alla sua realizzazione al suo lancio sul mercato.

Presentato al pubblico ad una fiera ad Ottobre 2015, poi su Kickstarter un anno fa, ha incontrato varie difficoltà (le prime consegne avrebbero dovuto essere a settembre scorso). Tra l’altro ha anche dovuto cambiare il nome, da OLO ad ONO (il primo nome richiama meglio l’olografia, ma per mantenerlo avrebbero dovuto affrontare una battaglia legale). Fare è difficile, commentare non costa nulla. Onore agli sviluppatori, partiti dal basso senza una grande azienda alle spalle.

Ero già colpito dalla trovata in sé, poi ho scoperto che sono due italiani, e un po’ di campanilismo ci vuole…

Stanno portando l’idea al successo negli Stati Uniti, anzi sottolineando che si avvalgono di produzioni rigorosamente a stelle e strisce, per dare un senso di qualità e solidità… e qui l’Italiano che c’è in me ancora una volta è nel suo: visto?!?! Se vuole arrivare a dei risultati importanti, un nostro connazionale fa meglio ad emigrare! (Seguono italiche autofustigazioni, diamole per fatte.)

 

Prospettive

 

A proposito di successo. Quale fortuna potrà avere questa invenzione?

Da una parte l’idea è buona, economica, e là fuori c’è letteralmente il mondo; non è certo necessario entrare in ogni casa per avere un ritorno più che positivo.

Con la varietà di resine proposte si presta ad usi molto vari: dal timbro flessibile, al modello in plastica dura verniciabile, alla base cerosa da usare per stampo per oreficeria… sempre però limitati dalle dimensioni dello schermo di un grosso telefonino (12.7 x 7.6 x 5 centimetri). Anche la precisione è abbastanza buona, grazie ai display ad alta definizione moderni.

Dall’altra, un limite si potrebbe riscontrare nel fatto che il sistema è abbastanza lento: se è vero che un po’ tutti abbiamo un telefonino, chi è disposto a lasciarlo inutilizzato per qualche ora, in attesa della stampa? Praticamente, a meno di un uso semiprofessionale per cui comprarsi uno smartphone apposito (ma allora passi direttamente a comprarti una stampante vera), l’utente medio farebbe partire il processo la sera prima di addormentarsi. Non ideale ma ci si può convivere.

Se poi consideriamo la futura versione tablet di questo sistema, di dimensioni molto più grandi, le possibilità si espandono (diventerà sempre più comune avere un tablet in più per casa, che non ci farebbe problemi tenere impegnato qualche ora mentre facciamo altro).

 

Il paradosso di Koothrappali-Wolowitz

 

Il problema più grosso che invece intravedo non è solo per ONO ma per tutte le stampanti 3D, e ho deciso di chiamarlo “Paradosso di Koothrappali-Wolowitz”.
(Piccolo spoiler alert) 6a stagione di The Big Bang Theory: nel 14esimo episodio, L’Inversione Cooper-Kripke, il duo Koothrappali e Wolowitz acquista una costosa stampante 3D, con la quale realizzano un fischietto e due o tre miniature di loro stessi e di Bernadette. Si sentono al contempo eccitatissimi per le infinite possibilità, di realizzare qualunque modello tridimensionale desiderino, ma spiazzati perché, a fronte di una grossa spesa e con la smania di fare chissà che, non riescono a farsi venire in mente una applicazione, qualcosa che valga la pena stampare.
Ecco il paradosso: sogni la libertà di creare qualunque oggetto 3D la tua fantasia o i tuoi bisogni possano suggerire, ma all’atto pratico non sai che fartene e l’interesse scema rapidamente.

 

Del resto anche le stampanti tradizionali, dopo un periodo di boom in cui sembrava necessario poter stampare documenti in tutte le case, sono state relegate in un angolo. Stiamo smaterializzando sempre di più, le giovani generazioni poi vivono con la valigia e viaggiano leggere. Stanno sostituendo gli atomi con i bit, non c’è tutto questo bisogno di produrre tanti oggettini in più.
C’è poi una sorta di maledizione del 3D, che (dico da appassionato della prima ora di occhiali e sistemi 3D per videogiochi) fatica sempre a catturare il grande pubblico, passato il fuoco di paglia iniziale.

 

Conclusione

esempi di oggetti creati con ONO 3D printingBene, nonostante tutto credo che ONO, pur rimanendo una curiosità per pochi come detto, riuscirà a ritagliarsi un bel successo nella sua nicchia, per avvicinare alla prototipazione chiunque desideri provare.

Scommetto che alcuni degli usi più creativi sbucheranno fuori dai posti più impensati, magari la periferia di cittadine africane, dove artigiani intraprendenti si inventeranno microbusiness basati sul vendere piccole parti di ricambio in plastica per oggetti di uso quotidiano.

 

 

Buon lancio…

 

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