Marce pro e contro: ancora bugie

“Donne” e New York Times contro Trump

Un passo indietro prima di vedere altri casi, in Italia e non.
Recentemente ho scritto sulle dimensioni relative del pubblico durante le cerimonie di insediamento presidenziale a Washington DC, fornendo le mie stime (analisi indipendenti di questo livello non se ne trovano da nessun’altra parte) rispetto ad O(bama) e T(rump) nelle ultime 3 celebrazioni:

O 2009: 500;   O 2013: 350;   T 2017: 300 (migliaia di persone)

 

mentre secondo i grandi media avremmo dovuto credere a queste cifre infondate:

O 2009: 1800;   O 2013: 1000;   T 2017: 250 od un numero imprecisato, di poche centinaia di migliaia

 

Poi TV e giornali hanno creato una contrapposizione tra il pubblico per Trump e la manifestazione successiva contro di lui, l’autoproclamatasi Women’s March (marcia delle donne) tenutasi due giorni dopo.
Per quella marcia, mia stima (molto) grossolana: da 400 a 500mila persone, basate sulle foto e sulle superfici coinvolte; molto problematica perché non ci sono viste dall’alto, abbiamo troppe diverse location da coprire, e la gente che si sposta complica le cose.

Tra i più senza vergogna troviamo il New York Times. Considerato il quotidiano più autorevole del pianeta (figuratevi gli altri, viene da dire), in un paio di articoli, citando un esperto, arrivò a dire che:

• alla Women’s March c’erano circa 470.000 persone (in linea con la mia sensazione)
• all’insediamento di Trump c’erano solo 160.000 people (decisamente al di sotto di qualunque ricostruzione ragionevole), mentre nel 2009 per Obama si torna ai soliti 1.800.000 (ridicolo).

• Per Trump hanno usato l’affluenza di picco quando invece non era al picco, in più disegnando le aree popolate in maniera grossolana, ignorando le presenze oltre la zona del Mall, sottostimando la densità nella zona dove si entrava col biglietto. E anche così non so come hanno fatto a scendere a tal punto nella stima.

Quando si dice due pesi e due misure!

 

I grandi media hanno fatto un gran parlare dei milioni di donne radunate in quell’occasione contro il miliardario presidente, per fissare bene nella testa degli spettatori che c’era un grande movimento dietro, dalla parte “giusta”, forte e determinato. Ma è ovvio che la rabbia riesca a far mobilitare un numero notevole di persone, più di una normale celebrazione; questo non significa affatto essere rappresentativi dell’elettorato, né tantomeno avere argomenti convincenti.

Sull’onda dell’entusiasmo inaspettato per questa marcia nata un po’ fuori dai giri soliti, si è cercato di creare un secondo evento di richiamo agganciandolo alla celebrazione internazionale della Festa della Donna dell’8 marzo. Ma in questo secondo caso, per un velleitario “sciopero mondiale delle donne”, pur con parecchi raduni molto rumorosi in giro per il mondo, non hanno fatto i grandi numeri. La piazza è capricciosa.
L’unica cosa su cui si può contare sempre sono le sceneggiate di cattivo gusto o i richiami (più o meno indiretti) alla violenza e alla prevaricazione. Ma del resto sappiamo l’origine etimologica della parola isteria, giusto?

 

 

“Donne” contro Vita

 

Qualcuno ha contrapposto la suddetta protesta con un’altro corteo tenutosi a Washington DC: la March For Life (Marcia Per la Vita), evento tenutosi solo 6 giorni dopo.

E’ una tradizione ormai consolidata nel mondo: cittadini, soprattutto Cristiani, che si mobilitano per far sentire la loro voce contro l’aborto, in tante città, anno dopo anno.
Per esempio la prossima Marcia per la Vita a Roma si terrà il 20 maggio. A quella -sempre a Roma- del 2016 avevano partecipato tra gli altri il Cardinale Raymond Leo Burke, Mons. Athanasius Schneider e Mons. Luigi Negri. Disgraziatamente si finisce per essere sempre un po’ gli stessi. A riprova che oggi nella Chiesa pochi hanno il coraggio di esporsi.

 

Nel caso di Washington, c’era una spinta in più per il fatto che il Vicepresidente Mike Pence è stato aggiunto all’ultimo minuto tra gli speaker chiamati a parlare dal palco; lo stesso Trump poi ha dato il suo appoggio alla Marcia! E’ un segno straordinario: le Marce Per la Vita, organizzate con stoica pazienza edizione dopo edizione, ottengono ben poca visibilità fuori dai circoli ristretti in cui vengono confinate dalla cultura dominante. Il Presidente USA che ti elogia è qualcosa di impensabile fino a poco tempo fa.

Ma questi contributi eccezionali tardivi non devono aver influito sulla partecipazione. Dopo aver esaminato un video del corteo, direi a braccio che il totale dovrebbe situarsi attorno alle 50.000 persone. I media e gli organizzatori per una volta hanno evitato di lanciarsi in valutazioni sulle presenze. Saggiamente.

Per dire, l’edizione 2016 -sempre a Washington- era stata guardata con commiserazione dal New York Times che aveva scritto che avevano partecipato “centinaia” di persone; all’epoca il sito web LifeSite aveva buttato lì un 40mila.
Il numero reale dei convenuti doveva in quel caso essere tra i 10 e i 15.000. Ma c’è una ragione precisa: un tempo inclemente causa neve (era prevista una bufera di proporzioni storiche, la maggioranza ha rinunciato).
Vedete dunque lo schema consolidato: il giornalone autorevole che fa di tutto per minimizzare il successo di una manifestazione della parte avversa; gli organizzatori gonfiano il dato sparando alto, un po’ a sensazione, proprio come farebbero i loro avversari politici al posto loro, ma con la differenza sostanziale di non essere appoggiati e coperti dai giornalisti nella loro piccola bugia-esagerazione.

Certo, uno potrebbe chiedersi: come mai nel caso di Washington 2017, quelli che marciano contro l’aborto sono tra 1/8 ed 1/10 di quelli che marciano contro Trump?

In America oggi si gioca pesantemente a condizionare la popolazione, dipingendo Trump come un dittatore pericolosissimo: dentro questa allucinazione, sentirsi parte di una grande sollevazione popolare è una sensazione esaltante.
Immaginate invece il grado di impegno richiesto a chi si batte per la difesa dei non nati, che si fa centinaia di chilometri per partecipare ad una marcia che verrà snobbata da quasi tutti i giornali, senza alcuna aspettativa realistica di riuscire ad influenzare l’opinione pubblica (o le leggi sull’aborto) nel futuro prossimo. Direi anzi che è ammirevole e per niente scontato che tante persone, per lo più molto giovani, scelgano di andare controcorrente per quella che a viste umane sembrerebbe una causa persa.

 

La massa raramente esprime saggezza. Come dissi una volta, si chiamano folle perché folle è il loro comportamento.
E dopotutto, una folla fece crocifiggere Gesù e liberare Barabba.

 

Vediamo lo spirito, il contenuto, oltre i numeri. I due tipi di movimento sono paragonabili? Osservate questo video americano. Anche se non capite le parole, il contrasto già nello stile è evidentissimo.

Nella rabbia con cui la cantante Madonna urla che ha questo simpatico pensiero di far saltare in aria la Casa Bianca si apre un mondo…

 

La Marcia delle Donne contro la civiltà

 

E uno si domanda: chi ha organizzato quell’evento? Che posizioni politiche stanno dietro la Marcia? Pur essendo genericamente parte di movimenti di sinistra, liberal secondo la definizione a stelle e strisce, c’è un po’ di tutto. Soggetti come Rasmea Yousef Odeh, già condannata per terrorismo islamico (andrà nuovamente a processo per aver nascosto questo particolare alle autorità dell’Immigrazione quando è entrata negli USA); Angela Davis, una professoressa che si professa stalinista, impegnata da anni nel sostegno alla gang di neri razzisti nota come Black Panthers; un’altra professoressa, Tithi Bhattacharya, che invece è maoista. Non so se mi spiego. Sono loro la civiltà, contro il dittatore…

Oh, certo, molti altri organizzatori saranno semplicemente femministe arrabbiate/ideologi e/o celebrità che non vorrebbero davvero imporre il Comunismo o la Sharia Islamica sul loro Paese, ma allora uno si chiede: perché non prendono le distanze dagli estremisti?

Minigonne a Kabul nel 1972, donne velate a Washington DC nel 2017

Questo è il mondo di Linda Sarsour (in fondo a sinistra): combattere così “in nome delle donne” contro il Presidente…

Veniamo alla organizzatrice di cui si è più parlato, Linda Sarsour. Una attivista con ottime entrature, Musulmana, che ha ricevuto un premio dalla Casa Bianca di Obama: nominata “Champion for Change”, ovvero paladina del cambiamento.
La Sarsour è stata attaccata da parecchi siti di destra per un bel po’ di buone ragioni. Ad esempio in una foto, condivisa con orgoglio, fa il gesto di riconoscimento dell’ISIS. Molti dei suoi tweet sono a dir poco discutibili, arrivando ad attaccare in maniera scurrile Brigitte Gabriel e Ayaan Hirsi Ali, due donne che rischiano la vita per aver osato dire no all’Islam radicale.
La Sarsour semplicemente vuole la Sharia imposta come legge per gli Stati Uniti. Per cercare di allettare ingenuamente i suoi concittadini, per abituarli all’idea, ha lanciato delle dichiarazioni di rara stupidità, incluso l’elogio delle leggi dell’Arabia Saudita, che vieta alle donne di guidare un’auto ma garantisce 10 settimane di maternità pagata (cioè la metà rispetto all’Italia, ma qualcosa di più di alcuni stati USA, perlomeno secondo certi contratti di lavoro… molto più importante che avere il permesso di guidare ed essere autonome, no? Senza contare che alcune “elargizioni” in stile europeo sono coperte dai proventi del petrolio, non dalla meravigliosa società islamica…). Ha anche lanciato l’idea: siccome la legge islamica non permette il prestito ad interessi, con l’arrivo della Sharia i pagamenti dei vostri interessi saranno azzerati, anche sulle carte di credito (molti Americani sono indebitati fino al collo. Allo stato attuale il mondo ha un problema di deflazione ed interessi troppo bassi, immaginiamo quanto sarebbe fattibile per l’economia promettere soldi facili a gente dalle mani bucate…)

 

Neanche a dirlo, il solito Snopes è intervenuto per minimizzare. O tentare: di fronte alle accuse precise, ha riportato quel che lei stessa ha detto per difendersi. Ad esempio nega legami con l’organizzazione terrorista Hamas, ma rimane legata ai suoi parenti imprigionati per atti di terrorismo. E ovviamente è anche lei contro Israele.

Ma certo, ammette: vuole la Sharia negli USA; però aggiunge che verrebbe applicata solo per i Musulmani, quindi gli altri possono stare tranquilli. Peccato che questo sia semplicemente falso, la Sharia si intende in vigore proprio quando si impone sui non-Musulmani, certificandone e regolandone l’inferiorità legale.

 

Questa è la Sinistra. Dare forza a chi vuole “il cambiamento” per inseguire una vana illusione, in realtà creando problemi enormi che colpiranno soprattutto quelle minoranze svantaggiate che si vorrebbe aiutare. Ma non fate caso a certe verità scomode, guardate invece che begli assembramenti di folla, a cantare gli slogan giusti!

 

Per l’evento già detto dell’8 marzo, mentre ad esempio da noi a Milano alcune paladine della autentica liberazione della donna si tiravano su le gonne per mostrare a tutti i loro argomenti, la copertissima Linda Sarsour, insieme ad altre, si facevano arrestare per una manifestazione non autorizzata davanti al Trump International Hotel, a New York.
Espedienti senza senso.

 

In Italia: la Sinistra contro la Famiglia

 

In Italia c’è di bello che tendiamo a non prendere le cose troppo sul serio. Se per queste manifestazioni americane le polemiche sulle affluenze erano accese perché si parlava davvero di notizie false o presunte tali, invece da noi il gioco è sempre scoperto, a fare finta di credere alla stima fornita dalla propria parte politica. O, come si dice proverbialmente, “1 milione per gli organizzatori, 40mila secondo la Questura.” Classico. E anche così alcuni hanno più faccia tosta di altri.

 

Nel 2008 il Partito Democratico tenne una manifestazione a Roma al Circo Massimo. Affermarono di aver radunato ben 2 milioni e mezzo di persone! La mia stima: erano forse 80-100.000, e certamente non molte di più.

 

Manifestazione CGIL. Roma, Circo Massimo, 2009

Quanto a gonfiare le cifre gli Italiani non li batte nessuno. Ma alla CGIL nessuno fa le pulci come al Popolo della Famiglia. Va detto che in questa foto non si vede una parte del Circo Massimo.

Nel 2009 fu il turno della CGIL, stessa location. Direi che dovevano esserci sulle 80.000 persone, forse meno. E qui gli organizzatori spararono alto: 2,7 milioni di partecipanti! Apprezzare prego il pelo sullo stomaco: non solo una cifra astronomica in confronto alle presenze reali, ma anche apparentemente precisa, come fosse una misura. Soprattutto, incidentalmente più alta di quella del Partito Democratico dell’anno prima! Quel poco che basta, solo 200mila presenze in più… (parecchio meschina come mossa, considerando la parentela politica).

 

Ma certamente anche manifestazioni della destra si sono macchiate dello stesso peccatuccio, di esagerare senza ritegno. E mi spiace dirlo, lo stesso è accaduto per gruppi cattolici e pro-life. Ma -chi l’avrebbe detto- in questi casi i media si sono improvvisamente ritrovati la spina dorsale e hanno attaccato duramente le affermazioni non credibili!

Nel 2015 varie associazioni, più che altro cattoliche, organizzarono un “Family Day” a Piazza San Giovanni, sempre a Roma, per difendere il significato “tradizionale” del matrimonio. Venne rilanciata una cifra impossibile, 1 milione di presenti. Dalle foto direi che erano più di 150.000 ma senz’altro meno di 200.000. Diciamo 170.000. E questa cifra probabilmente era già inferiore a quella del 2007, in occasione del primo Family Day; ma non sono riuscito a trovare una foto decente: il web, ahimè, dimentica velocemente.

Nel 2016 c’è stato l’ultimo Family Day in ordine di tempo, stavolta al Circo Massimo; le foto e i video tendono a mostrare solo viste parziali. Sembra proprio che i media si siano presi delle libertà con le immagini, scattate dal peggiore angolo possibile o troppo presto.

Posso dare una stima molto grezza, tra i 100.000 e i 150.000 presenti. Si parlò ancora una volta di “1 milione” di persone, cifra bella tonda ormai quasi canonica, ma dal palco addirittura nel momento di massimo afflusso qualcuno, credo Massimo Gandolfini, sparò un: “Siamo 2 milioni!”
Apriti Cielo, è il caso di dire: parecchie testate lanciarono i propri giornalisti in un fact-checking furioso contro questa boutade che non doveva passare. Improvvisamente tutti si scoprirono esperti di crowd counting, cioè di stima delle dimensioni della folla.

Non è necessario rammentarvi, o lettori, come questo fosse un momento cruciale della storia d’Italia, dato che alla fine la legge sulle cosiddette “unioni civili” venne approvata (e del resto avevano troppa forza in parlamento per non riuscirvi), cambiando la definizione stessa del matrimonio, anche se non ancora formalmente (per il momento non si usa la parola matrimonio, come se la sola parola contasse qualcosa).

Ma ricordiamo anche che gruppi militanti di sinistra e sigle LGBT varie organizzarono contestualmente al Family Day una manifestazione opposta, di contrasto, chiamata #svegliatitalia e tenutasi, a sentir loro, in 100 piazze italiane.
Ovviamente il racconto mediatico ha seguito il copione preferito: una frangia di estremisti ultracattolici a Roma, coraggiose avanguardie del Progresso in tutto il Paese. Questi ultimi -manco a dirlo- orgogliosamente dichiararono di aver mobilitato 1 milione di dimostranti!

Dalla maggior parte delle piazze in realtà non arrivò praticamente alcun dato o immagine per i servizi di giornali e TG nazionali; si faceva numero con microrealtà che ci si sarebbe vergognati di mostrare. In varie location i presenti erano meno di 10, in parecchie comunque si riunirono qualche decina di persone, tante arrivavano a qualche centinaio e solo alcune poterono vantare un afflusso decente, di qualche migliaio (in particolare Milano, Bologna, Torino e Roma). Per dire, di due città storicamente rosse e quindi potenzialmente in grado di fare numeri importanti: a Pisa, oltretutto città universitaria, c’erano giusto una trentina di persone; nella mia Genova, dove avevano scelto una piazza piccola (e mai vuota di suo) perché sembrasse più piena, saranno stati sui 300.
Insomma, il totale per tutte queste piazze messe assieme doveva aggirarsi grossomodo sui 50.000.

Per  capire bene il contrasto tra queste due realtà.
Il comitato “Difendiamo i nostri figli” radunò persone che tipicamente dovettero cambiarsi i piani del weekend e fare centinaia di chilometri per giungere a Roma. I sostenitori del diritto di cambiare il senso del matrimonio dovevano semplicemente scegliere una piazza della loro città e perderci un paio d’ore al massimo.

Da un lato c’era una proposta vincente col vento in poppa, che faceva sentire fieri e moralmente superiori, ricevendo appoggio ed elogi da ogni dove.

Dall’altro lato, derisi e rimproverati dall’intero panorama mediatico, una base di Cattolici ormai da tempo lasciati a sé stessi, senza una vera presenza politica da decenni (infatti i non-Cattolici del Family Day, inclusi altri Cristiani, Ebrei ed atei, non potevano rappresentare grossi numeri). Soprattutto, i manifestanti pro-famiglia erano stati ignorati dal Papa stesso, abbandonati od apertamente ostacolati dai loro vescovi, mentre quasi tutte le più importanti associazioni cattoliche snobbarono l’evento o lo criticarono, magari in maniera velata, attraverso qualche voce non ufficiale.

E nonostante tutto questo, la manifestazione per la famiglia radunò il doppio se non il triplo di quanti invece spingevano per la novità assoluta del diritto umano di dare un valore sociale speciale ad un’invenzione, un patto/contratto/relazione tra adulti consenzienti.

 

Ma per i giornalisti la partecipazione popolare delle due manifestazioni in qualche modo venne a controbilanciarsi ed annullarsi, lasciando spazio solo all’insistenza con cui i soli organizzatori del Family Day venivano svergognati per aver gonfiato il dato del numero dei partecipanti; nel frattempo si poteva aggiungere che questi svergognati pretendevano di negare i sacrosanti diritti di qualcun altro.

 

A posteriori davvero si può dire che lanciare il tradizionale proclama italico sulle presenze, con numeri esagerati, fu un grosso errore: disgraziatamente chi non sta a sinistra è chiamato a standard di comportamento molto superiori.

Anche per questo mi ero appassionato al caso della cerimonia di insediamento di Trump: molte analogie nel trattamento ricevuto. Serpi che ti massacrano per una ingenuità.

 

Altra manifestazione Pro-Famiglia, il caso storico del Manif Pour Tous in Francia

 

La “Manif Pour Tous” (manifestazione per tutti), tenutasi a Parigi al Champ de Mars il 13 gennaio 2013 è stata una delle più imponenti, non solo per la Francia.
E anche lì ci fu una polemica notevole tra organizzatori ed autorità riguardo all’affluenza. Oltretutto essendo una marcia molto lunga, proveniente da tre direzioni differenti, non è facile contare. Quelli del Manif sostenevano di aver radunato 800.000 persone; la polizia fornì una stima molto precisa di 340.000 partecipanti.

Anche in questo caso si trattava di una protesta a favore della famiglia in quanto tale, contro l’idea che un matrimonio possa essere ridefinito arbitrariamente per includere persone dello stesso sesso, negando di conseguenza i diritti dei bambini. E anche in quel caso la ferrea alleanza Governo+media la ebbe vinta: non c’era opposizione che potesse fermare la legge e la volontà rivoluzionaria.

Quell’evento simboleggiò bene uno scontro duro tra una porzione significativa della società francese ed un governo talmente ostinato nello schiacciare il dissenso e censurare per distruggere i valori tradizionali, che durante i giorni più caldi della disputa divenne molto facile venire arrestati e sbattuti in galera per un nonnulla; ricordiamo quel tale che si fece la notte al fresco semplicemente per aver passeggiato in città indossando una maglietta con su il logo del Manif Pour Tous, ovvero una immagine generica stilizzata di una famiglia, padre-madre-figlio-figlia.

Non dobbiamo sottovalutare l’importanza della Francia. E’ pur sempre la patria della Rivoluzione. E potrebbe rappresentare un laboratorio sociopolitico, preannunciandoci il futuro. Oltralpe la sinistra è diventata particolarmente attiva nel non tollerare voci fuori dal coro. Oggi nella terra dello slogan velleitario “Liberté, Egalité, Fraternité” si può finire in carcere semplicemente per aver postato un articolo contro l’aborto su internet!

Tornando ai numeri.
La mia analisi superficiale, rivedendo anche più volte tutta la sequenza del corteo più numeroso: probabilmente le autorità ci hanno preso, nonostante le ovvie contrapposizioni politiche e quindi l’interesse a minimizzare. Direi che probabilmente non parteciparono più di 400.000 persone.
Aggiungiamo che, se in questa occasione sono stati abbastanza rigorosi, probabilmente si mostra meno zelo contabile quando la manifestazione è gradita. Nel caso della “Marche Republicaine” (=Marcia della Repubblica, una manifestazione di reazione al massacro di Charlie Hebdo del 2015) le cifre sparate, i milioni di convenuti, vennero lasciati stare senza discuterne.

Caso recente: il raduno dei sostenitori di François Fillon del 5 Marzo. Hanno riportato una (per me sorprendente) presenza di “più di 200.000 persone” per l’evento, e direi che ci hanno preso: evidentemente per il fatto di essere di destra non si vuole gonfiare la cifra, ma per il fatto di essere della destra tradizionale alternativa alla populista Marine Le Pen, conviene non sottostimare il sostegno di Fillon, che “serve”…

 

Conclusione: le folle non si contano, si pesano.

 

Washington, Lincoln Memorial, la folla durante il discorso di Martin Luther King "I have a dream"

Una folla sorprendentemente ridotta di fronte a Martin Luther King durante lo storico discorso “I Have a Dream” . Bob Gomel/LIFE Magazine

Come abbiamo visto, c’è un fondo di verità nel modo in cui i media riportano le presenze a comizi ed eventi di piazza. Ma i numeri alla fine vengono pesati in base a considerazioni ideologiche.

A sinistra si può tranquillamente gonfiare, dato che si sta giocando sul racconto secondo cui loro ovviamente rappresentano il popolo.
Partiti Conservatori, o peggio gruppi Cristiani, o peggio Cattolici, non vengono trattati con altrettanta indulgenza, anzi sono gli unici che a volte vedono i loro numeri sottostimati significativamente.

Poi ci sono i casi anomali: il successo della Women’s March contro Trump capitò in maniera così inaspettata, forse per il fatto di essere organizzata da gruppi minori, che i media furono presi in contropiede e nemmeno provarono a gonfiare i dati presentati, che per una volta riflettono la realtà degli eventi.

Mentre mi preparavo per studiare questo argomento mi sono imbattuto in un caso da manuale, il dato ufficialmente pompato in occasione del famosissimo discorso “I have a dream” tenuto da Martin Luther King Jr. nel 1963. Il contenuto di quel discorso che segnò un’epoca era sostanzialmente simboleggiato dalla frase: “Io ho un sogno: che un giorno tutti gli Americani saranno giudicati per il loro carattere, per le loro qualità, e non per il colore della loro pelle!”
Secondo siti web come Vox, almeno 250.000 persone si radunarono in quell’occasione.
Siamo sempre a Washington DC, ma dalla parte opposta rispetto ai casi studiati nell’articolo precedente; potete vedere nella foto qui riportata che la gran parte dello spazio davanti al Lincoln Memorial è occupata da una folla modesta, con ampi buchi; ci vedrei non più 25.000 persone semmai. Ci sono gli alberi, ma in base ad altre immagini non dovevano esserci moltissime persone sotto; anche se usassimo una stima generosa di 50.000, siamo lontani dai 250mila.
Il fatto è che quel discorso è stato così ammirevole e carico di conseguenze per la storia d’America, che ti dispiace per il pubblico un po’ scarso, inferiore a quello di tanti comizi giustamente dimenticati.
La cosa non mi ha sorpreso del tutto, dato che non tutti gli eventi storici vengono compresi come tali mentre si svolgono; ricordo di aver letto che il giorno dopo i giornali bucarono la notizia, ignorando il discorso di MLK che non meritò titoli in prima pagina.

E così capiamo il ragionamento dietro la cifra di 250K: un tentativo di correggere la storia, assegnando a Martin Luther King un pubblico degno per l’occasione, quello che avrebbe dovuto avere. Per una volta posso simpatizzare con lo spirito di questi progressisti moderni. Ma non approvo comunque la scelta di falsificare i racconti.
C’è in fondo una abitudine a ragionare come uno sceneggiatore di Hollywood: ci sta cioè il tenere il discorso davanti a 18 persone ed un gatto randagio, ma riuscire lo stesso a cambiare il mondo  (gli Americani adorano le storie con l’outsider che riesce a trionfare); ci sta ancor di più il trionfo davanti ad 1 milione di persone. Ma 30.000 è un numero che non ispira la retorica, non è né carne né pesce.

E’ proprio così che la storia ci dà delle lezioni. Lezioni che non impareremmo mai se i cronisti e gli storici potessero sempre modificare il dato per meglio servire la loro ideologia. Anche quando è per una giusta causa, non ci dobbiamo stare.

Lasciate che il pubblico se ne faccia una ragione che il razzista Ku Klux Klan riuscì probabilmente almeno in un’occasione nel 1923 a radunare più persone di quanto non fece Martin Luther King col suo discorso epocale del 1963, anche se di poco. Forse così impareranno a non farsi condizionare nel giudizio dalle condizioni temporanee, le mode e gli umori della folla che possono dare sostegno maggiore -in piazza- a cause che non lo meritano affatto.
Ma ovviamente rivelare questo tipo di verità non piace a chi sulle illusioni ottiche e condizionamenti della massa ci campa.

 

 

 

A margine…

Prima del mezzo fiasco dell’8 Marzo, il 4 Marzo alcuni gruppi spontanei avevano organizzato una “March 4 Trump” (marcia per Trump, il nome gioca sulla data) in molte città americane; saggiamente non hanno sbandierato presenze perché non erano coinvolti numeri grandissimi. Ma va detto che oggi, specialmente in casi come questi, molti rinunciano a priori a partecipare, specialmente le famiglie con bambini, prevedendo guai.
E puntualmente alcuni dell’estrema sinistra hanno attaccato i cortei; alcuni dei sostenitori di Trump disgraziatamente non sono da meno e si erano preparati alla battaglia attesa (un tizio è diventato una celebrità su Twitter et similia prima di essere arrestato, grazie al suo abbigliamento da rissa, comprendente maschera antigas e scudo tondo scintillante con su una bandiera americana).
Con questo abbiamo l’occasione di ricordare che la violenza non è un’eccezione nè un effetto collaterale, ma uno dei fondamenti di una politica che vuole contare troppo sulla voce delle piazze.

 

Se vogliamo che prevalgano saggezza e razionalità, dobbiamo smetterla coll’esaltare il valore delle manifestazioni pubbliche.
Ricordiamo infatti i livelli di violenza e vandalismo tipici (e tollerati!) quando ci sono di mezzo gli estremisti di sinistra: le gang afroamericane, i nostri centri sociali e compagnia bella. Abbiamo esempi recenti dalle scene di guerriglia urbana tanto in America per la vittoria di Trump o per un semplice discorso di Milo Yiannopoulos alla Berkeley University, come da noi per l’arrivo di Salvini a Napoli.
La massa è pericolosa. I giornalisti devono smetterla di lisciarsi gli organizzatori (o fiancheggiatori, come nel caso del Sindaco di Napoli) che scientemente cercano di rendere confuso il confine tra la criminalità e il dar voce ad una protesta motivata da rivendicazioni sociali.

 

 

Appendice – il Peru contro la Teoria del Gender

Già che c’ero ho osservato il caso del Perù dove il sabato 4 Marzo c’è stata una marcia, organizzata in parecchie città da un gruppo chiamato “Con mis hijos no te metas” (più o meno: “non toccate i nostri figli”) che protesta contro programmi scolastici basati sulla ideologia del gender, sfumando o cancellando la differenza tra i sessi e generando confusione. Quella che ho esaminato non era la prima protesta e non sarà l’ultima.
Certo, mi è capitato sottomano questo esempio ma in giro per il mondo se ne potrebbero trovare molti altri: gruppi consistenti di persone comuni che si espongono per difendere la saggezza basilare su cui è fondata la loro società, contro gli esperimenti sociali di élites politiche che non riescono a fermare. E vanno anche in piazza, spesso snobbati.

In questo caso del 4 Marzo in Peru ci sarebbero parecchie foto da esaminare ed è difficile fare una stima (neanche ci provo), ma il totale pubblicizzato di 1,5 milioni di persone appare, ancora una volta, gonfiatissimo. Ed è un peccato, perché in questi casi si può sempre smentire il dato e mettere così in cattiva luce una battaglia degna di attenzione.

Questo genere di coinvolgimento dal basso, autentico, andrebbe riconosciuto, nel suo rappresentare la maggioranza -solitamente- silenziosa, milioni di persone che non hanno la mentalità del manifestante di piazza. Solo la percezione di un pericolo imminente, in casi straordinari, può mettere in moto una reazione; e anche così, riuscendo a coinvolgerne direttamente solo una parte.
Protestano in nome di un’intera cultura, contro il potere. Non si può pretendere di riprogrammare un’intera generazione di bambini, per ridefinire la loro identità sessuata. Meritano qualcosa di meglio.

 

Aggiornamento – dopo la Marcia Per la Vita di Roma, la Marcia Per i Migranti di Milano (20 Maggio)

Manifestanti a Milano a favore delle migrazioni

Anche qui: potete pensare davvero che queste siano 100000 persone? (Fonte: ANSA)

Sabato scorso si sono tenute due manifestazioni differenti, una a Roma contro l’aborto, l’altra a Milano per sostenere l’immigrazione incontrollata (con la solita foglia di fico dell’antirazzismo).

La Marcia Per la Vita è stata ignorata il più possibile dai media: troppe forze sono determinate a ridurre questo tipo di posizioni all’insignificanza. Addirittura è suonato parecchio forzato l’accenno di saluto del Papa ai marciatori giunti in Piazza San Pietro per ottenerne la benedizione: ormai questo tipo di battaglie sono considerate con fastidio anche in tanti circoli cattolici. Ahimé. Figuratevi come devono mostrarsi comprensivi ed amichevoli i “laici”.
Ecco.

L’altra marcia invece nasceva come fenomeno da prima pagina del telegiornale, pensato per ricevere grandi elogi ed apprezzamenti: aperta, progressista, multiculturale…
Parecchi politici e personaggi seminoti che amano figurare (immancabili in queste circostanze) hanno fatto la comparsata.

 

Alla Marcia Per la Vita si è detto che hanno partecipato genericamente in migliaia. Non ho trovato una foto decente, che prendesse abbastanza dall’alto l’insieme. A spanne potrei dire che potrebbero essere stati sui 5’000 (che non è così male, considerando le condizioni di isolamento che si sono create, come detto). Ovviamente a seguire giornali e telegiornali l’evento non è avvenuto.

Alla Marcia Antirazzista gli organizzatori hanno vantato 100’000 presenze. Ma come potete vedere dalla foto sopra, siamo di nuovo nel campo delle esagerazioni assurde.
Ho fatto un conteggio di massima basandomi anche su di una sottosezione di cui avevo un ingrandimento (2000 persone circa). Porrei dunque il totale attorno alle 10’000 unità. Certamente meno di 15’000.
Epperciò hanno gonfiato la loro stima di 10 volte per ovvie ragioni di spendibilità politica.

Ma quello che fa rabbia è altro: tutte le grandi testate italiane, folgorate da questa epifania di solidarietà, antirazzismo ed apertura, hanno riportato paro paro la cifra senza commenti, senza neanche suggerire l’ombra di un sospetto sul dato reale.
Vendere frottole al pubblico. Da parte degli stessi giornalisti che solo un anno fa si erano invece improvvisamente scoperti esperti di crowd counting per smontare le cifre sulle presenze proposte dagli organizzatori del Family Day!
Figli e figliastri.

Oltretutto: gran parte (forse 2/3?) dei participanti non erano Italiani.
Ve l’hanno spacciata come una manifestazione di sostegno popolare all’accogliere sempre più “rifugiati”.
Ma a parte il sindaco di Milano, il suo seguito e qualche altra personalità politica, più i soliti dei Centri Sociali e colorata compagnia, e mettiamoci anche un po’ di gente che sull’accoglienza ci campa… per il resto si è trattato di un corteo di immigrati a favore dell’ottenere ancora di più per sé, a spese degli Italiani.
Che detta così sembra più l’avanguardia di un’invasione…

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