Il teatrino USA dello stop allo stop agli immigrati islamici

Per poter continuare a sostenere le loro argomentazioni illogiche
i progressisti devono far finta di non sapere cose.
David Mamet

 

Una vicenda che non ha avuto granché eco in Italia, ma è molto significativa per capire il contrasto in atto tra due visioni del mondo. E soprattutto il potere dei giudici che ragionano come attivisti politici e si impongono, sconfinando dal ruolo che sarebbe stato assegnato loro.
Donald Trump ha recentemente emesso due ordini esecutivi che proibivano l’ingresso negli USA da alcuni paesi islamici considerati pericolosi; in entrambi i casi i provvedimenti sono stati stoppati da sentenze di giudici distrettuali (cioè locali; quello più recente, delle Hawaii, prima di pronunciarsi era andato a cena con Obama, per dire). E questo nonostante il fatto che questo tipo di restrizioni faccia parte delle prerogative esplicite del Presidente, pensate per metterlo in condizione di proteggere la nazione.

US Flag, Trump and the suitcase

Illustrazione lic.CC0, di Cristian Ferronato

 

Spiegazione del teatrino legale (saltate pure)

 

Per bloccare l’ordine di Trump si è giocato sull’idea che il blocco sarebbe discriminatorio verso gli abitanti di quei paesi, anzi verso i Musulmani tutti.

In realtà una persona sana di mente sarebbe d’accordo che dovrebbe essere possibile per un Esecutivo fermare gli ingressi da zone calde, destabilizzate o in mano a regimi canaglia, dove tra le altre cose si inneggia alla distruzione dell’America. Si tratta cioè di una discriminazione ragionevole. Solo dopo aver soddisfatto dei criteri di protezione e sicurezza, si potrebbe allora cercare di garantire una parità di accesso per chi arriva come lavoratore, rifugiato, turista o altro, senza discriminazioni ingiuste.
Metti caso che un trucchetto da avvocati potesse impedire questo processo ordinato: allora sarebbe il sistema legale ad essere impazzito e insostenibile: eventualmente costretto, attraverso vincoli formali, a dare via libera a chi intende distruggerlo.
E’ vero: tanta gente con buone intenzioni, proveniente dagli stessi paesi, verrebbe a sua volta fermata da questi blocchi alla frontiera, senza averne colpa. Ma non si può fare diversamente. La vita non è giusta.

 

La difficoltà con cui si cerca di far valere questi principi elementari negli USA dovrebbe a maggior ragione far riflettere noi. Noi Europei malati di indecisione, colle frontiere gestite in maniera cervellotica.
Anche se la chiave di lettura “prevenzione del terrorismo” è chiaramente riduttiva. Il fenomeno è più profondo. Ma Trump ha identificato nella sicurezza la priorità da gestire per quanto riguarda l’immigrazione, e forse lui stesso crede a questa semplificazione (che in realtà è più un espediente pratico.)

 

Comunque sia, il teatro messo su dai media, per giustificare queste battaglie legali a bloccare il Presidente, si basa ancora una volta su interpretazioni arbitrarie.

  1. Trump ha più volte detto che voleva bloccare in qualche modo, magari temporaneamente fino a ristabilimento di un controllo, l’arrivo di stranieri Musulmani che avrebbero potuto rivelarsi “radical Islamists”, ovvero estremisti Islamici e quindi nemici giurati dell’America.
  2. Bloccare gli ingressi solo da alcune zone calde del Medio Oriente è stato comunque raccontato come un chiudere la porta “ai Musulmani”, per una forma di odioso pregiudizio.
  3. Una legge del 1965 prevede di non discriminare per l’emissione dei visti, ma tra i vari criteri non parla di religione. Però giudici ed attivisti hanno deciso per una estensione automatica arbitraria al caso religioso del dovere di non discriminare.
  4. La Costituzione degli Stati Uniti protegge la libertà di religione; è ovviamente un documento che vale per i cittadini americani, ma si è deciso che doveva definire una specie di diritto assoluto di tutti i cittadini del mondo, perlomeno di quelli che decidono di presentarsi sul suolo americano.

1 non avrebbe alcun peso giuridico, trattandosi di discorsi di un politico; 2 a maggior ragione estrapola da 1, ma di fronte alla legge contano le azioni e non l’interpretazione malevola delle intenzioni.
3 cerca di deformare il contenuto della legge per presa di posizione politica; 4 sarebbe il fulcro del discorso, ma non ha una base legale, perché non è pensabile pretendere di garantire i presunti diritti di tutti i cittadini del pianeta, sulla base di una legge statale, indipendentemente dalla fattibilità. Ma questo gli utopisti non lo vogliono capire per principio.

 

Il busillis

 

Quel che si sente dibattere in TV raramente ha senso, perché si gioca sul filo della finzione.

E noi Italiani, che sull’America se va bene riceviamo una versione per presunti deficienti dalle Giovannebotteri e dai Vittorizucconi, stiamo messi ancora peggio; a volte fanno arrivare l’eco di sciocchezze ad uso propagandistico locale a cui nessun giornalista crede, che dalla nostra parte dell’Oceano servono tanto quanto una barca nel Sahara; più spesso fanno passare un messaggio a senso unico sull’accoglienza, i populismi, i Trump i Salvini e le Le Pen… Rieducazione di massa a (s)ragionare secondo le categorie mentali prescritte. Perché il mondo, si dice, deve essere unito, senza confini, indifferente a tutto e pronto per questo a dare torto sempre agli stessi, quelli che ancora a qualche cosa ci tengono e vogliono difenderla dal caos.

 

Il dibattito, dicevo, vive di finzioni: spesso si preferisce discutere di questioni tecniche, di giurisdizione, perché così ognuno può restare sulle sue e non mettere davvero in gioco le proprie idee.
I Trumpiani poi fingono che l’Islam non c’entri, fermandosi a guardare il provvisorio, il fatto che ad oggi si parla solo di alcuni paesi islamici, e non i più popolosi; i Democratici invece ne fanno un discorso di odio, pregiudizi, islamofobia eccetera.
In altre parole, per le anime belle “i Musulmani” rappresenterebbero una enorme minoranza discriminata. Perciò se agisci per fermare i potenziali terroristi islamici, per forza stai proiettando il tuo odio contro l’intero gruppo, stai lanciando un attacco inaccettabile!

A quanto pare meritano una protezione speciale perché

A ) sono delle povere vittime

B ) sono molto pericolosi.

Ineccepibile, no?

 

 

Come ho scritto in precedenza, quando si parla di immigrazione l’Islam è l’unica cosa che conta, ma viene trattato come fosse precisamente l’unico aspetto a cui non dovremmo dare alcuna importanza.

Non puoi sacrificare il futuro del tuo paese sull’altare del principio astratto del “non discriminare in base alla religione”.

Le religioni rappresentano semplicemente delle visioni del mondo. Se per alcuni il senso dell’esistenza, lo scopo della propria vita, comprende il venire qui a sottometterti facendo a pezzi la tua società, è meglio che affronti il problema, invece di fare finta di non sapere.

Il fatto che l’idea di jihad faccia anche parte di una religione (e per questo sia potenzialmente tutelata) non può essere l’aspetto primario da considerare: una minaccia alla sopravvivenza di una società è qualcosa di più basilare del cercare di garantire la libertà di culto e di parola all’interno di quella stessa società.

Le scuole di pensiero islamico più autorevoli hanno tutte sviluppato un pensiero che punta al dominio; non si può nasconderlo.
Ovviamente non sto dicendo che tutti i Musulmani intendano muovere guerra all’Occidente. Il punto è che però molti lo fanno, e sono determinati, pronti, convinti dell’inevitabilità della loro vittoria. Combinazione esplosiva…
Specialmente se vi sentite aperti e moralmente superiori col dare loro sempre più spazio, perché bisogna coltivare l’ottusottimismo. Pensando che tanto, alla lunga, se ti mostri arrendevole cambieranno idea e si integreranno, abbandonando spontaneamente il desiderio di prevalere su di te.

 

Le idee hanno conseguenze. Come nella frase di David Mamet, i progressisti insistono ad ignorare ciò che vedono. Questo atteggiamento è stato descritto da Evan Sayet come “il culto dell’indiscriminatezza”.
Dover dimostrare apertura mentale e mancanza di pregiudizi, facendo finta che le differenze non contino nulla. Nella fila ai metal detector dell’aeroporto, una vecchietta sulla sedia a rotelle da Busto Arsizio, un brizzolato uomo d’affari olandese e un bambino di 5 anni di Boston devono essere controllati tanto quanto il 25enne dello Yemen vestito con l’abito tradizionale…

 

 

Il Trump-pensiero dietro i provvedimenti restrittivi: un’idea abbastanza saggia

 

Per capire perché Trump si muove in un certo modo bisogna osservare il tipo di vincoli contro cui deve scontrarsi, da parte di una società completamente impreparata ad affrontare una ideologia pericolosissima che rimane nascosta e protetta dall’essere parte di una religione.

L’obiettivo ha poco a che vedere con i problemi specifici di quei paesi del Medio Oriente da cui vuole fermare l’afflusso, anche se ci voleva un punto di partenza nella pratica, e si è trovato quello.
Penso il magnate-presidente miri a creare le condizioni per una evoluzione culturale. O se non è lui coscientemente a farlo, quel che mette in moto punta in questa direzione.
Capire che il pericolo rappresentato dall’ “Islam radicale” è grave e sempre attuale, quindi è necessario e doveroso eliminare dalla propria società gli elementi incompatibili col vivere civile.
Non si tratta di criminalizzare i Musulmani pacifici; ma come si evinceva ad esempio da vari discorsi tenuti da Trump dopo la strage di San Bernardino, il punto era che tanta gente normale nella comunità islamica aveva aiutato o coperto i due terroristi, o nel migliore dei casi aveva chiuso un occhio per far finta di non vedere, per non “tradirli”.

Siamo nelle prime fasi di un nuovo approccio. Un richiamo per tutti i Musulmani di buona volontà, a prendere le distanze in maniera netta e perentoria da quegli estremisti, e non solo dalla loro violenza ma anche dall’ideologia (ovvero: rifiutare la Sharia). Fino a rendere impossibile il confondere o mescolare i due gruppi; anzi, per fare sì che qualunque “fondamentalista” che alzasse la testa venisse subito denunciato come un nemico dai Musulmani stessi, invece di essere temuto e (più o meno segretamente) ammirato.

Questa iniziativa potrebbe rappresentare l’unico possibile approccio all’Islam: forzare i Musulmani a scegliere tra due diverse versioni della loro religione. Una che possa integrarsi in una società moderna; l’altra che si basa sul distruggere e sottomettere. Quest’ultima verrebbe bandita in quanto ideologia imperialistica. L’obiettivo finale sarebbe una comunità che filtra ed elimina autonomamente già dall’interno gli elementi violenti o prevaricatori.

E’ un bel tentativo, per ora parecchio campato in aria, ma perlomeno bisogna rendersi conto di quale sarebbe l’alternativa “a sinistra”. Ovvero insistere che il problema starebbe nell’islamofobia, e che occorrerebbe proseguire sulla linea attuale di “accoglienza” e finta “integrazione”: una società pronta a sottomettersi ai nuovi arrivati.

Gli Stati Uniti non si piegheranno. Sanno resistere. Sceglieranno il buonsenso piuttosto che l’utopia autodistruttiva. Eh, loro sì. Eppure è già un bel daffare cercare di far venire fuori un Islam “moderno” inedito, che coinvolga quella piccola minoranza di Musulmani Americani che del resto sono già tra i più occidentalizzati. Ma noi?

 

 

Tra l’altro Trump è in una botte di ferro, nonostante gli avversari cantino vittoria

 

Questo episodio degli stop agli stop agli ingressi è istruttivo perché dimostra il grande vantaggio che ottiene chi ha una strategia e intende approfittare delle debolezze del nemico, rispetto a chi procede a testa bassa sui binari dell’ideologia.

Molti nella sinistra americana sono fieri di aver fermato i piani islamofobi di Trump per ben due volte, sempre a mezzo giudice ideologizzato che blocca un decreto del Presidente.

E questo sarebbe un conflitto di potere mica da ridere, ma l’attivismo dei giudici non è argomento per questa volta.

Il fatto è che Trump può comunque proseguire coi suoi ordini esecutivi, sia riscrivendoli, sia per vie giudiziarie. Al limite può portare lo scontro su fino in cima, alla Corte Suprema, che presto sarà controllata dai Repubblicani, attraverso sue nomine. Quindi l’avrà vinta.

Ma anche ammettendo che riuscissero per qualche miracolo a stopparlo ed impedirgli di controllare gli ingressi di stranieri potenzialmente pericolosi: ebbene?

-Se per tutto il tempo in cui sarà presidente non ci saranno nuovi attentati, sarà un grosso successo, potrà dire di aver efficacemente protetto il suo paese.

-Se invece ci saranno atti terroristici, potrà dare la colpa ai Democratici e ai giudici che gli hanno impedito di mettere in atto il suo piano-sicurezza.

In ogni caso vince lui.

 

Con questo tipo di approccio furbo, e sempre grazie alla barriera naturale dell’oceano che li tiene lontani da un sacco di rogne, la materia diventa gestibile.

Da parte di un’America che ha ancora una sua gioventù, una capacità di dire ancora qualcosa.

 

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