Ecco perché ho scommesso su Trump. Nel 2015.

Donald Trump, il presidente che gli Americani si meritano

E noi Italiani stiamo a vedere, speranzosi…

Come ho scritto ieri, Donald Trump vincerà l’elezione a Presidente.

Anche questo articolo serve ad aiutarvi ad abituarvi all’idea.

“I put money where my mouth was”: ho dimostrato la mia convinzione rischiandoci dei soldi.

 

Ok, non sono un cittadino Americano e quindi non potevo votare per Donald Trump.
In mancanza di meglio, ho fatto una scommessa sulla sua vittoria!

Eravamo nel luglio 2015: 16 mesi fa. Ho cominciato a rendermi conto del fatto che Trump, un tale che conoscevo a malapena, aveva lanciato la sua campagna per le Presidenziali.
Fino a quel momento lo avevo considerato un elemento secondario di disturbo, una di quelle vacue star / tizio buffo e pieno di sè / imprenditore megalomane.
Gli ho visto rubare la scena alle Presidenziali 2012 con un attacco inutile contro Obama (gli chiese di rendere pubblici documenti tra cui il dannato certificato di nascita!). Le TV ovviamente abboccarono, facendogli pubblicità e secondo me creando un diversivo che faceva il gioco dei Democratici, distogliendo l’attenzione da problemi più seri. Fastidioso.

Torniamo al 2015. Dopo aver ascoltato il discorso con cui Trump annunciava la sua candidatura, mi sono quasi immediatamente accorto di una “evidenza”: questo diventerà il prossimo Presidente degli Stati Uniti!

Perciò in quei giorni cercavo in tutti i modi di trovare un sito dove avrei potuto scommettere sulla sua vittoria, dato che non molte agenzie ammettono scommesse sulla politica e quasi tutte non possono operare in Italia. Avevo quasi rinunciato.
Finalmente il 22 luglio, cercando di nuovo con poca convinzione, ho trovato il sito adatto. Ironia della sorte era un ex sponsor del Genoa, di cui sono tifoso. E non mi era venuto in mente di controllare, sprecando così un paio di settimane.
Davano la vittoria di Trump 51 a 1! Non appena ho cercato di piazzare la puntata hanno fatto scendere le quote portandole a 31 a 1. Mi è toccato prendermi la riduzione. Comunque non mi posso lamentare. 🙂

Nella prima metà di settembre io e mia moglie ci siamo goduti una magnifica vacanza sull’altra sponda dell’Atlantico, visitando la costa est degli Stati Uniti. Alla fine è come se Donald Trump ci avesse coperto tutte le spese, se (quando) incasserò la vincita della scommessa!

Da un lato mi vergogno: si parla di scommettere (e, peggio, farne pubblicità sul mio blog!) Fino a poco tempo fa non pensavo di espormi così.
Dall’altro lato in questo modo mette in evidenza la mia capacità di previsione, da contrapporre tutti questi grandi opinionisti che continuavano a dichiarare impossibile quello che man mano gli si parava davanti.

Sai che c’è? Faccio quello che si vanta. Dopo tutto l’orgoglio è uno dei miei peccati più eclatanti.

Potreste obiettare che sono molto imprudente a cantare vittoria prima delle elezioni, ma, di nuovo, è un rischio calcolato. Devo un po’ esagerare per sbattere in faccia ai sinistroidi il fatto che c’è gente che capisce cose che loro neanche si sognano.

A questo punto certamente non posso essere obiettivo riguardo alle chances di Donald: ci guadagno.
Però devo dirlo: è stata una lunga annata, in cui mi sono un sacco divertito a ridere dietro ai giornalisti che hanno continuato a non capire il fenomeno Trump. Insistevano a darlo per spacciato ad ogni suo presunto passo falso, e lui ne usciva fuori ancor più forte di prima. Ancora adesso non l’hanno capito del tutto, sebbene ora siano costretti ad ammettere la possibilità concreta che vinca.

 

Donald Trump sta giocando a un gioco completamente diverso

 

Davvero pensate che Trump non possa permettersi un parrucchiere degno di questo nome, o che non capisca che la gente trova i suoi capelli ridicoli? Ripigliatevi. Lui è un passo avanti. I suoi capelli gli servono, perché vi danno un falso senso di sicurezza, vi sentite superiori e lo sottovalutate. Se pensate che sia un buffone vi coglierà sempre di sorpresa.

La storia di questa campagna è davvero istruttiva, come una parabola con una morale: una successione di nemici che lo guardavano dall’alto in basso e che poi sono stati sconfitti uno a uno, senza neanche capire che treno gli era passato addosso.

 

In retrospettiva quella storia assurda del 2012 e del certificato di nascita di Obama era più che altro una prova generale, per testare quanta gente sarebbe riuscito a portare dalla sua parte, con un messaggio che parla alla pancia della gente ma non alla testa.
A quanto pare creava delle occasioni per far parlare di sé evitando gli spunti più ovvi: non poteva basare i suoi attacchi agli avversari sul loro difetto principale o sullo scandalo del momento, perché a quel punto altri opinionisti o politici avrebbero potuto partecipare alla discussione, e a quel punto lui sarebbe stato solo uno tra tanti.
Perciò, perché discutere le scelte fallimentari dell’amministrazione Obama quando aveva l’occasione di essere l’unica persona in vista interessata ancora al suo certificato di nascita? A quel punto il contenuto diventava un pretesto, un aggancio emotivo controverso per spostare il centro dell’attenzione su Trump stesso. Così la gente che stava dalla sua parte diventava automaticamente un gruppo di sostenitori personali, piuttosto che di persone indipendenti d’accordo con lui. Questo è puro Trump.

Uno dei migliori esempi per capire Teflon Don, come lo hanno chiamato, è stata quella volta in cui ha preso in giro i giornalisti delle tv americane con l’espediente che vado a raccontare.
Qualcuno fece trapelare la registrazione audio di una vecchia conversazione telefonica dove la riconoscibilissima voce di Trump faceva finta di essere il suo agente. Le tv abboccarono e ne fecero un gran parlare, per un’intera giornata l’argomento era il fatto che Trump fingeva di essere un’altra persona in una telefonata degli anni 90. Ma saltò fuori che l’intervistatrice si era persa il nastro, quindi l’unica fonte possibile per aver recapitato questa registrazione ai giornalisti doveva essere Trump stesso!
C’è da ammirare la furbizia. In quel caso ha ottenuto un sacco di visibilità gratis, giornalisti che lo attaccavano per qualcosa di insignificante del passato (danneggiando la loro reputazione), dandogli una scusa fantastica per replicare: “Ah, ma allora se volete occuparvi di vecchie malefatte, perché non raccontate un po’ degli scandali dei Clinton?” :-O
Bonus: in questo modo addirittura i fan non solo non si sono fatti problemi a sentirlo mentire mentre insisteva che quella voce non era la sua, ma addirittura se la sono goduta! Questo sì è un numero da circo: avere la gente che ti sostiene perché prendi in giro tutti e stai mentendo spudoratamente!

 

Certo, dato che parliamo di malefatte del passato, nel 2015 non avrei potuto prevedere tutte queste donne che lo hanno accusato di molestie sessuali proprio in un momento cruciale della campagna elettorale. Anche se tutti sapevano che le donne sono il tallone di Achille di Trump. Ma questo è argomento per un altro articolo.

Dopo che Trump è diventato l’uomo da battere ha cambiato passo, focalizzandosi nel dire le cose che la gente voleva sentir dire e soprattutto facendo l’esatto opposto di quello che normalmente fanno i Repubblicani: sfidare il sistema, sfidare le premesse sbagliate, attaccare il conduttore o moderatore presunto neutrale, impedendogli di chiuderlo nella posizione del perdente.
Il suo stile grezzo, sanguigno e sopra le righe è la tattica ideale per il mondo di oggi.

 

Trump è molto bravo a fare proprio questo: conquistare il pubblico.

Scott Adams, il famoso disegnatore di Dilbert e blogger controverso, ha pubblicato una lunga serie di articoli che trattano dell’arte della persuasione e di ciò che conquista la gente, applicandola al nostro eroe. Ha visto in Trump un Mago della Persuasione. Scott ha giustamente detto che Donald gioca a scacchi 3D mentre tutti gli altri vedono le cose in due dimensioni.

Predire chi sarebbe diventato Presidente prima di quasi chiunque altro! Beh, tecnicamente lui ha fatto la sua previsione della vittoria di Trump nell’agosto 2015, io l’ho fatta in luglio, quindi sono più avanti. Purtroppo ho scoperto queste sue brillanti elucubrazioni solo quest’estate. Mi dispiace anche soprattutto di non essermi deciso aprire il mio blog prima.

 

Donald Trump sta giocando il solito vecchio gioco

 

Trump è un politico. Ripetete con me: Trump è un politico. Non solo, ma uno smaliziato, di esperienza… Cosa (non così) sorprendente!
Ah certo, non gioca secondo le regole convenzionali. Ma questo semplicemente vi dimostra quanto è bravo a questo gioco.
 
Sappiamo bene che buona parte della sua attrattiva sta nel presentarsi come un outsider, arrabbiato contro i politici di Washington tanto quanto l’Americano medio, che vuole portare un po’ di buon senso nel governo della Nazione, con lo stile di un Newyorkese dai modi spicci e diretti.
Ma d’altra parte sa essere diplomatico, e ha saputo navigare a vista nelle acque pericolose del Partito Repubblicano, evitando scontri diretti fino al mese conclusivo. A volte è necessario un approccio più soft di quello che adotterebbe un suo sostenitore: sapere quando far finta di andare d’accordo con i nemici non dichiarati dai sorrisi di madreperla.

 
I politici sono bravi a fare una sola cosa: vincere le elezioni. Sono parecchio specializzati in questo.

“All talk, no action” ovvero “tutti chiacchiere e niente fatti” è uno dei più famosi slogan che Trump usa contro i politici in genere. Ma d’altra parte tutto quello che ha fatto da un anno e mezzo a questa parte è stato parlare. E parlare. E parlare. Come un vero politico. Questo sono le campagne presidenziali americane, ahimè.

Gli riesce davvero bene. Me ne sono accorto fin dal suo primo discorso, al lancio della campagna: il fatto che tenga dei comizi che non sembrano già scritti, dove salta di palo in frasca seguendo il flusso dei suoi pensieri, è anch’esso parte del suo segreto nel saper conquistare la gente. E’ lo stile di un grande raccontatore di barzellette.

E paradossalmente, il fatto che continui a ripetere più o meno sempre i soliti concetti e le solite frasi fatte, lo rende ancor più apprezzato, perché la gente s’assapora l’attesa del momento in cui potranno sentirsi raccontare di nuovo quella storia che era piaciuta tanto la volta prima.

Quando poi viene il momento di leggere un discorso più formale, preparato, ha anche l’occasione di mettere a buon frutto la sagacia dei suoi autori, cambiando di passo e dandosi un’aria più presidenziale, e quel punto la gente non ha nulla a ridire, anzi.

Al suo pubblico appare genuino: una persona con una capacità di padroneggiare a grandi linee, con un approccio concreto, i grandi temi della politica, così ricalcando l’atteggiamento del suo elettore che pensa  sempre di saperne abbastanza, anche se in realtà i dettagli sono molto fumosi e la realizzazione concreta è almeno dubbia.

 

Cosa ho visto in lui

 

I critici dicono che è un populista, che approfitta dell’ingenuità delle masse ignoranti.
La verità è che ha intravisto una grande opportunità, qualcosa che tra l’altro ben si attagliava alla sua visione di uomo d’affari, e ci si è buttato.
 
Mi ricordo di aver letto una cosa interessante, proveniente da uno dei suoi avversari mediatici (però non mi ricordo più chi fosse). Diceva che l’ispirazione per il cavallo di battaglia della sua campagna presidenziale, ovvero fermare l’immigrazione illegale e promettere la costruzione di un muro a dividere gli Stati Uniti dal Messico, Trump l’ha presa dal libro di Ann Coulter Adios America. Ma significativamente, secondo questo critico che ricostruiva il racconto dell’incontro tra la Coulter e Trump, a quest’ultimo non piaceva tanto l’idea di combattere l’immigrazione clandestina in sé; piuttosto era particolarmente interessato all’idea di milioni di americani motivatissimi a combattere questa battaglia, potenzialmente pronti a dare un sostegno formidabile a chi ne avesse abbracciato la causa. Capito? Non è sinceramente convinto. Ha semplicemente sfruttato un’idea molto popolare…

 

Come dissero la stessa Ann Coulter e Mark Steyn all’epoca, il modo più rapido di liberarsi di Trump sarebbe quello di appropriarsi della sua battaglia e farla propria.
Ma nessuno lo fece, perché l’idea di politica che va per la maggiore a Washington (e lo sappiamo bene, anche da noi in Europa e in Italia) è di fare la parte di quelli che rappresentano l’elettorato, imponendo invece dall’alto delle scelte politiche decise a priori, che non sarebbero mai approvate dalla maggioranza. E questo include l’abolizione di fatto dei confini.

Il punto è che Trump, come bravo businessman, ha individuato una notevolissima opportunità di mercato non sfruttata, una forte domanda per un prodotto (politiche ragionevoli che riflettessero il punto di vista della maggioranza, conservatori ma non solo conservatori) che nessuno stava vendendo. E lui ci si è messo e ha offerto proprio questo prodotto! Che cosa ci sarebbe di male?

Non si può definire un cinico calcolo di opportunismo! Specialmente quando cominci a coltivare l’idea e ti accorgi di quanto funzioni, come è accaduto per Trump, e quando osservi quanto le obiezioni dei tuoi oppositori siano stupide o mendaci, fatte nel tentativo di contrastare quest’ondata di buonsenso.

Un simile approccio fuori dagli schemi sembra fatto apposta per dare frutti straordinari proprio in un momento come questo, quando la critica feroce alle classi dirigenti è a livelli altissimi in tutto il mondo.
 
Questa è una delle ragioni principali del perché mi aspettavo l’inaspettato: l’outsider che sale in vetta.

 

Donald Trump ha la più pura delle motivazioni: il narcisismo.

I politici dicono che ciò che li spinge è l’amore per il loro paese e la voglia di vederlo crescere e prosperare. E qui Trump non fa eccezione.
Ma come potremmo stabilire invece la loro vera motivazione?

In passato molti avrebbero potuto dichiarare con fierezza di aver sposato una causa, un ideale: qualcosa che credevano fosse la chiave per risolvere tutti i problemi della società. Oggi le ideologie non hanno tutta questa popolarità almeno di fronte agli elettori, per cui sono -per così dire- lasciate in panchina.
Come conseguenza abbiamo dei comizi sempre più vuoti di contenuti, perché tutti i candidati parlano di un vago futuro migliore, riforme che non scontentino nessuno, proponendosi come più competenti, onesti e organizzati dei loro avversari.

Le ideologie comunque avvelenano ancora la mente di molti politici, spingendoli a fare scelte che peggiorano le cose.

I più poi non riescono a resistere al richiamo dei soldi: vengono comprati e vendono vantaggi. Questo non è bene.

Ma la motivazione più forte di tutte, che spesso non è neanche evidente agli stessi politici, è il fatto stesso di seguire la corrente.
 
Se sei un analista estremamente competente e intelligente, con straordinarie capacità dialettiche, carisma, coraggio, conoscenze profonde e pensiero laterale creativo, andando controcorrente il 90% delle volte verrai comunque distrutto e umiliato dal tuo avversario, perlomeno agli occhi di un pubblico asservito al racconto dei media. Se invece sei un mediocre senza idee originali, ma puoi fare una figura decente su di un palco e stai sempre molto attento a seguire la linea prevista, te la caverai benone, e i giornalisti ti copriranno le spalle.

L’ambizione è un tratto caratteristico dei politici, ma ci sono molti altri fattori in gioco. Avidità certo, l’ideologia come ho detto; più di tutto il conformismo e i vincoli a dover ricambiare i favori. In tutto questo l’ambizione non aggiunge nulla, anzi è solo un difetto in più.

L’ambizione di Donald Trump è qualcosa di differente. Non ha nessun bisogno di fare altri soldi. Quando arrivi sopra ad un certo livello, il denaro scompare dalle tue preoccupazioni, diventa un concetto astratto, fatto di numeri, posizioni, potere. È il richiamo del potere per lui è semplicemente la volontà di passare alla storia come un grande statista.

Voler lasciare il segno in un momento in cui si è creata un’opportunità splendida per salire fino in cima combattendo contro la corruzione della macchina statale e diventando finalmente la voce della gente, proponendo scelte politiche che diano un taglio alle idiozie politically correct: è l’occasione più grande e più fattibile di eleggere un politico vicino all’ideale!

Mi fanno pena gli sciocchi che hanno paura di questo pericoloso Trump che potrebbe un giorno causare un’altra Guerra Mondiale o lanciare attacchi nucleari. Se seguite il ragionamento che ho appena esposto, è il politico più lontano di tutti da un rischio del genere! Perché gli interessa solo essere amato e ammirato e passare il giudizio della storia!

 

Una convergenza ideale di situazioni

 

Hillary Clinton è chiaramente una candidata debole e piena di gravi difetti. Al punto che, sostengo, era chiaro fin dal principio che avrebbe dovuto perdere persino contro un paracarro, figuriamoci contro un avversario degno.

Se non siete d’accordo provate a pensare questo: quante persone conoscete che potete dire sinceramente che la sceglierebbero come presidente, avendo qualche altra scelta possibile?

Non piace a nessuno. E questo senza considerare gli ultimi scandali e le indagini in corso sulla corruzione. Era la peggior candidata possibile persino prima di iniziare.

Se escludete quelli che ci guadagnerebbero direttamente, personalmente dalla sua elezione, è disprezzata per varie ragioni da tutti, dall’estrema sinistra all’estrema destra.
Questo fatto abbastanza ovvio è un po’ mascherato dalla realtà di milioni di Americani che vedono in lei la rappresentante del Partito Democratico: voterebbero per chiunque si fosse trovato al suo posto. A posteriori cercano di razionalizzare questa “scelta”.

Quel che non potevo prevedere era quanti Democratici si sarebbero poi trovati a passare all’altra sponda o perlomeno votare contro il loro stesso partito.

Dimenticatevi per un momento lo scenario da tregenda che si creerebbe in una sua ipotetica presidenza; fatta per dividere, dare fiato a uno spirito antiamericano, fare politiche scellerate autolesionistiche.
Dopotutto un progressista convinto potrebbe dirvi: “avete detto cose del genere anche riguardo all’elezione di Obama. Eppure, vedete? Non ci è mica caduto il cielo sulla testa!” Beh, aspettate a cantare vittoria. La situazione è peggiorata in maniere che per ora non state percependo.

Il vero problema è il mettere in discussione il processo democratico stesso.

Se questa donna vincesse, darebbe una svolta decisiva alla Corte Suprema degli Stati Uniti: porrebbe una maggioranza a prova di bomba, fortemente ideologizzata, in una istituzione di potenti giudici a vita che non devono rispondere a nessuno delle loro decisioni; un potere micidiale.

Ma soprattutto ci sarebbe l’occasione per i Democratici di importare abbastanza stranieri (a quel punto in debito verso i loro benefattori e prevedibilmente portati a votare per il loro partito), da completamente ridefinire la demografia degli Stati Uniti e cancellare ogni minima speranza dei Repubblicani di arrivare mai al potere in futuro. Trasformate il Texas in uno stato spagnoleggiante a maggioranza Democratica, e si può pure chiudere il sipario.

Una nuova nozione senza confini, fatta di persone nuove, senza una base comune di valori o delle radici, tutti gestiti da una Superburocrazia centralizzata, che distribuisce benefit e legifera con puntigliosità sui più vari aspetti della vita della gente.
Troppi americani hanno capito che cosa è in gioco stavolta per permettere che l’elezione vada a Hillary, e gli Stati Uniti in malora.

E considerate che questo discorso vale persino senza neanche aver toccato il problema della corruzione del sottobosco attorno a Bill e Hillary Clinton.
 
 
Nonostante l’opposizione della solita carovana di intellettuali che si sentono tanto superiori, star di Hollywood e affini, Trump rappresenta una opportunità per cambiare il corso delle cose.
Protesteranno e urleranno cose del tipo “Che cosa avete fatto! Con Trump siamo rovinati!”. Diranno agli Americani, con gran foga e battute sarcastiche, che se la sono cercata. E che ora pagheranno il prezzo di aver eletto un simile pagliaccio ignorante.
 
L’Americano medio ha sentito di meritare questa opportunità.
 
Lo sapevo già dall’anno scorso: l’America non si lascerà vincere così, senza combattere.

 

Trump, quel che gli Americani si meritano. Cosa che mette d'accordo fans sfegatati e cinici nichilisti.

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